Categorie
Dramma familiare Dramma romantico Drammatico Fantastico Federico Fellini Film Surreale

Giulietta degli spiriti – Il sussurro liberatorio

Giulietta degli spiriti (1965) è uno dei film più propriamente onirici della filmografia di Federico Fellini, che mise ancora una volta al centro della scena la moglie e musa Giulietta Masina.

A fronte di un budget – pur mai confermato – di 2 milioni di euro, ha incassato meno di 100 mila euro in tutto il mondo.

Di cosa parla Giulietta degli Spiriti?

Giulietta è una donna sola e nevrotica, intrappola in un matrimonio infelice. Eppure, la risposta ai suoi problemi potrebbe venire da una persona inaspettata…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Giulietta degli spiriti?

In generale, sì.

Non mi sbilancio nel consigliare questa pellicola in quanto siamo definitivamente entrati nella seconda fase della filmografia felliniana, scandita da impianti onirici e fantastici, pregni di simbolismi complessi e sfuggenti…

…che potreste comprensibilmente mal digerire.

Eppure, Giulietta degli spiriti è anche uno dei film più intimi e personali di Fellini, dove affronta nuovamente temi già portati in scena in (1983) ma cambiando prospettiva: non più l’uomo che tradisce (lui stesso) ma la donna tradita e la sua liberazione (sua moglie).

Prigione

Giulietta è in gabbia.

Proprio come per , la protagonista è introdotta di spalle, mentre istericamente cerca una sua identità, e ne getta via molte altre, all’interno di uno dei tanti tentativi di riprendere il controllo del suo matrimonio – e, per estensione, della sua vita – con la festa a sorpresa per il marito.

E invece è Giorgio infine a mostrarsi nella sua natura di personaggio invasivo e opprimente, che ribalta i piani di un incontro intimo e raccolto per far inondare la casa di una fiumana di diversi e grotteschi personaggi, dietro i quali si barrica per nascondere la sua infedeltà e il suo disinteresse per il proprio matrimonio.

Giulietta è così bloccata all’interno della trappola borghese per eccellenza: il matrimonio infelice, in parte già raccontato in Lo sceicco bianco (1956), e che qui viene nuovamente tratteggiato nei suoi silenzi e nei suoi detti per mantenere un’apparenza compatta e rispettabile.

Ma le radici di questa situazione sono ben più profonde…

Radici

I simboli dell’oppressione sono duplici.

La figura più squisitamente borghese è indubbiamente la madre, rappresentante in una certa misura il punto di arrivo ideale per Giulietta e per il suo matrimonio: incredibilmente elegante e altezzosa, non lasciandosi definire dalla sciocca infedeltà del marito, e che, per questo, si permette di giudicare costantemente la figlia.

E, non a caso, è anche la figura chiave che porta Giulietta ad affrontare piena di angoscia l’infedeltà del marito, all’interno di una dinamica che, più che un aiuto, sembra un’imposizione – e l’ambientazione così esplicitamente scolastica e cattolica non fa che incrementare la sensazione che Giulietta abbia bisogno di una lezione.

Non a caso, proprio in questo frangente prende piede l’altro incubo fondamentale della protagonista: l’educazione religiosa, che parte dagli investigatori con vesti clericali e arriva fino al momento fondamentale di definizione della protagonista, ovvero la recita in cui, fin da bambina, ha preso le vesti di una martire.

Una condizione che ben si riflette anche nel presente, in cui Giulietta subisce colpo su colpo le umiliazioni di Giorgio, restandogli sempre fedele e devota, financo silente anche davanti ai più evidenti comportamenti di infedeltà malcelata, infine costretta a vedere il tradimento in diretta.

Eppure, una via di fuga è possibile.

Sussurro

Parlando col mondo immateriale, in realtà Giulietta parla con sé stessa.

Le figure chiave in questo senso sono capovolte: la fuga materiale dalla prigione borghese è il ricordo del padre e del suo tradimento così sciocco e plateale, che si va però ad incastrare anche con la liberazione della figlia stessa dagli stretti lacci dell’educazione religiosa, rappresentati proprio dal suddetto spettacolo.

Infatti, nel contesto della recita scolastica così silenziosamente accettata dal resto del pubblico, la figura paterna è infine quella liberatoria, l’unica che vuole strappare la figlia da un futuro infelice e di sofferenza.

Una lezione che si trasmette anche nel presente, nell’ambigua figura di Susy, la vicina di casa e padrona della vita e di numerosi personaggi che compongono un quadro surreale, onirico e al limite del circense – da cui proprio la donna proviene.

Ma neanche lei è la liberazione.

Il personaggio di Sandra Milo è infatti racconto di un punto di arrivo che la protagonista non vuole davvero abbracciare – nonostante sarebbe la scelta più desiderabile – che ha la sua enfasi nel complesso e intrigante mondo degli spiriti che le continuano a sussurrare di seguirla e di fidarsi…

…mentre infine Giulietta segue solo se stessa: libera prima la stessa bambina dai lacci di un’educazione opprimente e poi evade la prigione borghese – il matrimonio – ma anche la casa degli spiriti e di una vita dissoluta, per scegliere, infine, solo per sé.