Tokyo Godfathers (2003) è una delle opere più celebrate della filmografia del compianto Satoshi Kon, un unicum nella sua produzione per il taglio più realistico ed ironico.
A fronte di un budget stimato di 2.4 milioni di dollari, incassò appena 847 mila dollari in tutto il mondo.
Di cosa parla Tokyo Godfathers?
Un improbabile terzetto di senzatetto trova un neonato abbandonato nell’immondizia e si mettono sulle tracce della madre…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Tokyo Godfathers?
Assolutamente sì.
Tokyo Godfathers rappresenta uno splendido incontro del lato più drammatico, financo tragico, della produzione di Satoshi Kon, con collegamenti non indifferenti a Perfect Blue (1997) e a Millennium Actress (2001) …
…e la sua anima invece più ironica, grazie anche allo splendido reparto animato, che porta in vita personaggi profondamente espressivi, con è facile empatizzare, in una sorta di sintesi ultima della sua arte.
Insomma, da non perdere.
Unione
Il terzetto di protagonisti è profondamente disunito…
…eppure profondamente unito.
Fin da subito i tre appaiono come litigiosi e in continuo contrasto, nascosti dietro ad una maschera di durezza e menefreghismo – essenziale nella difficile realtà della vita di strada, in cui spesso domina la filosofia del ognuno per sé.
Eppure, nei loro caratteri contrastanti, negli intenti diversi, nelle loro punzecchiature anche crudeli, che emergono ancora più prepotentemente per il ritrovamento del bambino, intravediamo una famiglia improvvisata, eppure profondamente unita.
I primi tocchi più drammatici si delineano in occasione dello scontro fra Miyuki e gli altri due senzatetto, che scelgono però di non scontrarsi con la ragazzina per paura delle ripercussioni da parte di Gin, che tiene a lei più di ogni altra cosa.
Una battuta apparentemente casuale, apparente topica, in realtà il prologo della tematica dominante dell’intera pellicola.
Ovvero, il punto di non ritorno.
Ritorno
Ognuno dei tre personaggi ha vissuto un momento di non ritorno.
Infatti, la scelta della precaria vita di strada è stata causata da un evento del passato in cui i protagonisti sentivano di aver ferito – fisicamente e metaforicamente – così profondamente i loro affetti, di aver rovinato a tal punto le loro vite, da non poter più tornare indietro.
Così Miyuki ha pugnalato il padre per un banale capriccio, Hana ha creato un tafferuglio imperdonabile al locale dove lavorava, e Gin ha scelto di abbandonare la sua famiglia quando ormai sentiva di essere una presenza solo ingombrante.
Una situazione che si è aggravata solamente nelle loro menti, tanto da renderli imperdonabili, ma che nella realtà si rivela molto più semplice e risolta: i peccati, anche i più tremendi, sono stati perdonati, gli affetti vorrebbero solo ricongiungersi…
Futuro
Per questo, i protagonisti vogliono che Kiyoko abbia un futuro.
Consapevoli della loro amara condizione, i tre protagonisti, anche se in maniera diversa, desiderano che la bambina abbia un futuro migliore, che viva in una famiglia felice – che sia la loro o quella di appartenenza.
In questa corsa alla salvezza, alla ricomposizione familiare, i tre senzatetto desiderano indirettamente salvare almeno una vita, dopo aver totalmente fallito nel tenere salda e sicura la propria…
Eppure, le tendenze sono anche opposte.
In particolare, i due personaggi in maggiore contrasto sono le due figure adulte: se Miss Hana preferirebbe portare fino in fondo la ricerca della famiglia natale di Kiyoko, al contrario Gin vorrebbe fin da subito lasciare quel compito alla polizia.
Infatti, come Sachiko, Gin è in fuga continua.
Finzione
Gin e Sachiko sono due personaggi speculari.
Seppur in ruoli diversi, entrambi hanno vissuto la stessa situazione: una famiglia felice e serena, spezzata dal vizio, dai debiti, che si sono accumulati in maniera sempre più ingiustificabile ed irreparabile.
Ed entrambi si sono anche rifugiati nella finzione: Gin dietro ad una storia tragica che in qualche modo lo scusava dalle sue colpe, Sachiko invece nel sogno di una maternità che gli è stata ingiustamente strappata.
Entrambi, infine, fuggono dal presente.
Gin è persino disposto ad abbandonare i suoi amici, ad abbandonare la ricerca di Miyuki, ad abbandonare lo stesso bambino, pur di liberarsi d’impiccio, pur di non farsi coinvolgere in una situazione emotivamente troppo difficoltosa…
Allo stesso modo Sachiko è incapace di accettare il parto non andato come sperava, lo stesso in cui riponeva probabilmente la speranza del risanarsi del suo stesso matrimonio, tanto da strappare ad un’altra famiglia quello che considera suo di diritto…
Destino
Tokyo Godfathers riflette profondamente sul tema dei collegamenti.
I protagonisti sembrano continuamente seguire un percorso di briciole di pane, una strada precaria, definita dalle diverse relazioni, storiche o appena formate, che si intrecciano nel complesso della vicenda.
Così il salvataggio del boss malavitoso dalla macchina permette loro di trovare un altro indizio su Sachiko, la famiglia di Hana salva Gin a sua insaputa, la piccola folla che si forma davanti alla sua casa di sconosciuti ricostruisce la storia della madre perduta di Kiyoko…
In un altro senso, si parla di destino.
Tutti i movimenti dei personaggi, anche quelli più apparentemente sfortunati e violenti – il rapimento di Miyuki e il pestaggio di Gin – sembrano in realtà mossi da una mano invisibile, che infine li porta a far ricongiungere la famiglia.
E non è forse destino quello che porta Miyuki del tutto casualmente a ritrovarsi davanti a quel padre che aveva tanto cercato di evitare, proprio quando sta per essere premiata per un’azione che la rende del tutto discolpata dalle sue colpe passate?