Categorie
Le riflessioni del cinema semplice

“Nel libro è così”

Le trasposizioni sono croce e delizia del cinema.

Ogni volta bisogna compiere delle scelte per riuscire a trovare un equilibrio convincente per non tradire gli intenti e i significati dell’opera di partenza, ma al contempo per riuscire a renderli in un media totalmente diverso.

E la mancanza di consapevolezza è all’ordine del giorno…

Stravolgere

Tentare di cavalcare un trend o un successo è il pane quotidiano delle produzioni ad alto budget, spesso incapaci di comprendere la natura e la complessità dell’opera di partenza, finendo per questo per banalizzarla ad uso e consumo del pubblico generalista.

E così nascono i disastri.

L’esempio che ha più segnato l’immaginario collettivo è sicuramente Ghost in the shell (2017), trasposizione dell’omonimo anime del 1995: a fronte di un’opera immensa che riflette in maniera profonda e filosofica sul concetto di umano e di identità…

…si è deciso di produrre un action scialbo e inconsistente, che rappresenta esattamente tutto quello che l’anime non è (e che non vuole essere), inquinandolo con una dose nauseante di fan service – che non è comunque bastato a salvare un disastro produttivo ed economico.

Avatar Live action

Questa sezione è stata possibile grazie alla sofferta testimonianza di @into.thenerdverse

Un altro esempio è uno dei tanti, terrificanti adattamenti di Netflix, autrice di riproposizioni indimenticabili – ma per i motivi sbagliati: il primo tentativo di portare in live action la serie animata Avatar: La leggenda di Aang.

Così l’adattamento del 2010 riesce a sbagliare su ogni fronte: incapace anche solo di pronunciare correttamente i nomi dei personaggi, ci stupisce con effetti speciali da urlo (di dolore) e combattimenti più a mani nude che tramite il bending.

Vorrei chiudere questo terzetto con un caso che mi fa veramente male al cuore: Peter Pan & Wendy (2023)

Arrivata alla visione forte di un recupero sia dell’opera di J. M. Barrie, sia del classico Disney del 1953, mi sono trovata davanti ad una produzione estremamente arrogante, che ha deciso deliberatamente di ignorare concetti fondamentali di Peter Pan e della sua mitologia.

Ne risulta così un film inutilmente drammatico e freddo, in cui David Lowery non aveva evidentemente alcun interesse di parlare di Peter Pan – cercando ripetutamente di ucciderlo – non mancando comunque di intenti politici smaccati e francamente imbarazzanti.

Ma c’è di peggio.

Copiare

Mi rendo conto che questa è probabilmente un’opinione molto impopolare, ma io non posso sopportare Watchmen (2009).

Inizialmente il film di Snyder appare come una trasposizione maestosa e fedele del capolavoro fumettistico di Moore, ma bastano poche scene per inciampare in ogni possibile errore: dalla banalizzazione del secondo Spettro di Seta, alla resa forzata dei costumi…

…fino alla più grande mancanza: non inserire uno dei finali più iconici, impattanti e significativi della storia del fumetto, ma, al contrario, chiudere il film con una risoluzione banale e scontata, che deruba la storia della sua profondità ed importanza.

Per me questo risultato è ancora più grave del precedente: se Lowery ha preso e stravolto indebitamente Peter Pan per fare un suo film su tutt’altro, Snyder si è dimostrato capace solo di citare ingenuamente l’opera di Moore, ma senza averla compresa in alcun modo.

Ed è veramente disturbante vedere una cura certosina nel rendere alcune vignette iconiche accostarsi ad uno stravolgimento indebito di altri elementi, ma, appunto, più per ingenuità e ignoranza che per effettiva arroganza.

Ma allora si può fare una trasposizione ottimale?

Comprendere

Se diversi esempi che andremo ad analizzare ci portano ad una risposta positiva, la domanda giusta da farsi è un’altra.

Ovvero, qual è l’elemento chiave di una buona trasposizione?

Banalmente, la già citata comprensione dell’opera.

Ma più che una comprensione di per sé del materiale, è altrettanto importante comprenderne i diversi limiti, ovvero trovare delle soluzioni per tradurre il linguaggio di un media – il libro, il fumetto… – in uno completamente differente – il cinema, la tv.

Ovviamente, l’esempio principe è Dune (2021).

Un grande ostacolo dell’opera letteraria era proprio il suo protagonista, una figura fredda e impassibile, che viveva raramente dei conflitti interiori ed esteriori, ma che anzi spesso accoglieva i vari turbamenti della sua vita senza battere ciglio.

La produzione si è evidentemente resa conto di quanto fosse poco vendibile al cinema un personaggio del genere, il cui fascino risiedeva anche nelle meditazioni interiori che avrebbero solo appesantito il media audiovisivo.

Per questo, il personaggio di Paul nel film del 2021 è certamente spesso freddo e arrogante, ma dimostra fin da subito un turbamento e un’insicurezza che ha bisogno di diverso tempo per essere affrontata e raccontata, attraversando anche un’inedita ribellione.

Alia Dune

Per quanto riguarda invece il secondo film, estremamente problematica era Alia.

Nel libro è una bambina di appena due anni, nata già formata per essere venuta contatto quando ancora in grembo con il veleno dei Vermi della Sabbia, diventando così una Bene Gesserit con una conoscenza millenaria.

Come dimostra anche il Dune di Lynch, portare in scena un personaggio del genere avrebbe fatto scadere una produzione con un’estetica elegante e precisa in un trash involontario, finendo per svalutare l’intera pellicola.

Al contrario, lasciare Alia nel grembo e mostrarla nella sua versione futura ha reso in maniera vincente l’involuzione di Jessica, e ha al contempo permesso di gettare le basi per un personaggio chiave anche per il terzo capitolo.

In ultimo, vale la pena spendere due parole sulla nuova trasposizione di Avatar da parte di Netflix.

Aveva fatto alzare non pochi sopraccigli l’annuncio di eliminare il sessismo di Sokka, che lo faceva spesso scontrare con diversi personaggi, ma era anche parte fondamentale della sua evoluzione.

Ma la serie ci ha sorpreso, dimostrandoci di aver profondamente compreso il personaggio: la negatività di Sokka non era tanto il suo sessismo di per sé, ma la sua arroganza nel sentirsi superiori agli altri, dopo aver vissuto solo nel suo microcosmo originario.

Per questo nel live action il ragazzo non manca di essere insopportabilmente supponente, soprattutto nei confronti di Katara, ma al contempo si indaga ancora meglio l’origine di questo atteggiamento e la si accompagna verso una felice risoluzione.