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Melancholia – La felicità mentita

Melancholia (2011) è un film di Lars von Trier, cineasta danese autore di pellicole di altissimo valore, autore di pellicole particolarissime e spesso al centro di polemiche.

Il film ebbe un incasso molto contenuto, anche se ampiamente prevedibile visto il genere di pellicola: 17 milioni di dollari al box office contro un budget di 9 milioni.

Di cosa parla Melancholia?

Justine, interpretata da Kirsten Dunst, è una giovane donna affetta dalla cosiddetta malinconia, uno stato di profonda tristezza e mancanza di energie. Questo le impedisce di vivere serenamente il suo matrimonio, con cui si apre il film, mentre un enorme cataclisma sta per piombare sulla terra…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Melancholia?

Kirsten Dunst in una scena di Melancholia (2011) di Lars Von Trier con Kirsten Dunst vincitrice della pama d'oro a Cannes

Assolutamente sì.

Melancholia è un film davvero particolare: fin da subito si viene travolti dalla regia, che è cadenzata fra movimenti di macchina iperrealistici e musiche imponenti, quasi operistiche, con un costante sguardo quasi voyeuristico.

Uno svolgimento molto lento e angosciante, persino nel climax finale, e che ci permette di entrare nell’intimità prima di Justine, poi della sorella, Claire. Il film è infatti articolato in due cicli, perfettamente paralleli.

Insomma, non ve lo potete perdere.

I due cicli

Come anticipato, il film è suddiviso in due parti, o, meglio, due cicli.

Il parallelismo fra le due sezioni è perfetto perché rappresenta appunto il ciclo di evoluzione delle due sorelle. Nella prima parte Justine sembra padrona della situazione e genuinamente felice, per poi rivelare la sua fragilità ed i suoi comportamenti autodistruttivi.

All’inizio della seconda parte è invece totalmente priva di forze, ma lentamente ritorna padrona di sé stessa, parallelamente all’avanzare della Melancholia.

Kirsten Dunst in una scena di Melancholia (2011) di Lars Von Trier con Kirsten Dunst vincitrice della pama d'oro a Cannes

Allo stesso modo per la maggior parte del film Claire sembra padrona della situazione, quasi tiranneggiare sulla sorella, fino a urlarle addosso tutta la sua esasperazione.

Ma, alla fine, man mano che si avvicina la Melancholia, perde progressivamente le forze, e si lascia infine guidare dalla sorella in un apparente luogo sicuro e protettivo, ma estremamente fragile come le loro esistenze.

Splendida in questo senso la costruzione dell’angoscia di Claire, derivata dallo stesso tentativo di rassicurazione del marito, che finisce invece per confermare le sue paure.

Justine, una Cassandra

Kirsten Dunst in una scena di Melancholia (2011) di Lars Von Trier con Kirsten Dunst vincitrice della pama d'oro a Cannes

Justine è in tutto è per tutto una Cassandra.

Prevede un futuro catastrofico e angoscioso, ma nessuno le crede.

Dando una interpretazione quasi fantastica, si può pensare che il suo personaggio sia legato alla Melancholia, come dimostra anche la scena in cui, completamente nuda, si sollazza alla luce del pianeta. E così nel flashforward iniziale sembra ottenere dei poteri dal cataclisma stesso, a cui era stata sempre sensibile.

Infatti, in diversi punti del film alza gli occhi al cielo e osserva l’arrivo imminente del pianeta, mentre altri personaggi, come John, il marito di Claire, cercano di negarlo, con fare anche paternalistico.

E, in questa interpretazione, si può pensare che la sua malinconia derivi appunto da questa distruzione imminente.

In altro modo, la Melancholia sembra rappresentare un’angoscia o un male nascosto che è sempre presente, celato dietro ad un’apparente serenità, rappresentata dal sole, dietro appunto al quale il pianeta si nasconde nel film.

Un male che avanza, ma di cui Justine è appunto completamente e profondamente consapevole, a differenza di tutti gli altri.