Raw (2016) è un film horror e di formazione, nonché l’opera prima di Julia Ducournau.
A fronte di un budget piccolino – 3.5 milioni di dollari – è riuscito quasi a pareggiare i costi di produzione.
Di cosa parla Raw?
Justine è una giovane ragazza pronta ad unirsi alla sorella nella scuola di veterinaria…ma forse non per studiare gli animali.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Raw?

In generale, sì.
Raw risulta complessivamente vincente nel suo essere un coming of age in tinta orrorifica, che riesce ben a controllare l’elemento violento, mettendolo sostanzialmente al servizio del simbolismo del sottotesto filmico…
…ma risultando forse meno compatto dal punto di vista narrativo e veramente interessante nel tipo di storia che vuole raccontare, perdendosi talvolta troppo nella messinscena scioccante – per quanto funzionale.

Rito

Il simbolismo iniziale di Raw è estremamente esplicativo.
Justine, da ligia vegetariana – e, su un piano più simbolico, ragazzina non ancora turbata dai fuochi della pubertà – è costretta in una serie di riti che le fanno temere per qualcosa di spaventoso, violento…mentre infine sono solo una scusa per organizzare dei rave selvaggi.
Questo primo, timido approccio alla caotica vita della nuova scuola ha il suo apice nella costrizione, da parte della sua stessa sorella, di nutrirsi dello stomaco di un animale, quindi un alimento atipico e bestiale che racconta un fondamentale momento di passaggio.

Infatti il simbolismo animale permea anche i momenti successivi in cui Justine è come se cambiasse pelle, mentre racconta all’infermiera le sue angosce per non aver ancora sperimentato con la sua sessualità, proprio a mostrare un corpo e una mente in attivo mutamento.
E, infatti, è solo l’atto primo di una involuzione totalmente istintuale.
Istinto

Justine finisce per vivere di istinti.
Per quanto se ne vergogni, la protagonista sente crescere dentro di sé un bisogno inconfessabile della carne: prima carne animale cotta – ordinaria quanto vergognosa – che cerca di rubare in mensa e di cui si nutre alla chetichella grazie ad Adrien…
…poi effettivamente ritornando alla delizia della carne cruda, viva, impossessandosene avidamente, senza alcun controllo, venendo definitivamente tentata dalla carne umana proprio in un altro momento di passaggio fondamentale sempre per mano della sorella: la depilazione.

In questo frangente si racconta forse il momento più concettualmente debole della pellicola: l’incidente stradale, con cui Alexia vuole istruire la sorella all’effettivo cannibalismo, il primo atto di un tira e molla fra i personaggi che poteva essere molto più significativo…
…e che invece finisce quasi per indebolire l’ultimo atto della pellicola.
Eppure, nel finale emergono le immagini più significative.
Animale

Avendo ormai abbandonato ogni tipo di remora verso i propri istinti, Justine è un tutto e per tutto un animale.
Il suo primo apice è, ovviamente, la sperimentazione sessuale, che costringe Adrian a doverla domare perché non lo divori, per cui la penetrazione non è sufficiente a soddisfare il suo desiderio carnale, che finisce per mordere avidamente se stessa pur di raggiungere l’orgasmo.

E, a quel punto, la pervasività dell’istinto animale si scatena in quella stessa festa di cui prima Justine aveva paura, diventando suo malgrado l’attrattiva principale della stessa, mostrandosi nella sua forma primordiale che la sorella alimenta e incoraggia, proprio per portarla al suo livello.
Così l’incontro – scontro fra le due si manifesta infine quando si scagliano l’una contro l’altra come due cani rabbiosi, che vengono presi al laccio mentre si mordono selvaggiamente, per poi liberarsi dalle corde che cercano di domarle per riunirsi nella medesima indole animale…
…e isolarsi da tutto il resto.
Cane

La solidarietà fra sorelle non si spegne nemmeno nell’atto finale.
Infatti, nel momento di rivelazione più barbara della loro natura, in cui Alexia caccia e si nutre del corpo di Adrien, Justine mette a tacere il suo naturale istinto di abbattere la bestia, e si prende cura di lei, ritornando ad indossare vesti più ordinariamente umane.

Anche per questo tanto più sconvolgente è la chiusura della pellicola: dopo aver confermato il primordiale affetto con la sorella, la protagonista è costretta ad una rieducazione forzata per tornare a cibarsi come un umano, cercando quindi di sopire gli istinti selvaggi a cui si era lasciata andare fino a quel momento.
Invece la pellicola si chiude con una consapevolezza schiacciante quanto fondamentale: gli istinti di Justine non sono un caso isolato, ma bensì impressi nella sua genetica, come dimostra il corpo martoriato del padre, su cui la madre si è avidamente nutrita.






























































































