Do Revenge (2022) di Jennifer Kaytin Robinson è un teen movie liberamente tratto dal film L’altro uomo (1951) di Alfred Hitchcock ed è considerabile l’erede spirituale di Mean Girls (2004).
È stato distribuito direttamente su Netflix.
Di cosa parla Do Revenge?
Nora e Drea sono due lupi solitari con un obbiettivo comune: vendicarsi di chi ha tagliato loro la strada.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Do Revenge?

Assolutamente sì.
Do Revenge è considerabile come l’erede spirituale della satira sociale di Tina Fey proprio per il suo riprendere sostanzialmente la stessa trama, ma arricchendola di un taglio molto più cupo e drammatico…
…proprio per andare a raccontare problematiche sociali incredibilmente attuali e ancora più strazianti, soprattutto se si pensa che le figure al centro della storia sono di fatto dei giovanissimi protagonisti pronti a divorare e a farsi divorare.

Classe

Do Revenge è tutto in tutto e per tutto un discorso di classe sociale.
Immersa in una festa che neanche nelle migliori trasposizioni de Il grande Gatsby, Drea si racconta la suo apice, quando è ormai perfettamente riuscita a raggiungere le vette del suo circolo sociale e a controllare ogni elemento al suo interno con particolare arguzia.
Purtroppo, già da questo frangente è evidente come le lotte intestine siano unicamente fra ragazze e unicamente volte a glorificare il proprio apparire – o a screditare quello di un’altra, proprio come Mean Girls ci raccontava in tempi non sospetti.

E già da giovanissime queste ragazze imparano quanto i loro corpi saranno sempre al centro della scena, oscurando ogni altro tipo di colpa, anche la peggiore: così Drea viene screditata e punita per aver aggredito Max, ma nessuno interviene per salvarla dal revenge porn che sta subendo.
E lo scontro continua sempre, incessantemente nella medesima direzione.
Vendetta

La vendetta ti uccide e ti forma.
Scomparsa dietro al suo corpo indebitamente sessualizzato, Drea si consuma nel masticare odio e vendetta, ma solo verso chi si può rivalere, ovvero altre ragazze facenti parte del medesimo circolo vizioso di distruzione reciproca, rispondendo alla loro – anche solo presunta – malignità con una cattiveria ancora più esacerbante.

Ma sono rivalse vuote, portate avanti con la stessa semplicità con cui Drea stessa è stata smembrata, così semplici ma anche così totalizzanti da annullare effettivamente l’identità di una persona a fronte di un unico elemento: Erica sarà sempre e solo una cocainomane, Carissa è solo una disgustosa lesbica che coltiva droga.
Ed è in questo senso interessante come l’unico personaggio che Drea cerchi di portare nella sua stessa trappola sia proprio Max, provando di imbastire uno slut shaming gratuito che viene risolto con una facilità disarmante, proprio perché il personaggio maschile non parte già con dei pesi da dover smaltire.

Ma, soprattutto, è una rivalsa che gli rimbalza contro proprio perché è ulteriore conferma che il suo ex fidanzato non l’avesse mai considerata come una persona, ma bensì una delle tante ragazze con cui arricchire il proprio harem – e per il solo racconto della sua immagine pubblica di persona assolutamente desiderabile.
Ma se la caduta di Drea è rovinosa, l’annullamento di Nora è devastante.
Annullamento

Il dolore di Nora è totalizzante.
Anche se non viene detto esplicitamente, è chiaro che la protagonista sia stata per molto tempo intrappolata in una spirale depressiva, proprio a causa dello sciocco pettegolezzo diffuso da Drea, che ne ha riscritto, ancora una volta, la personalità, legandola all’esasperazione di un unico aspetto della stessa.
E il paradosso sta proprio nell’assumere esattamente l’identità che le è stata incollata addosso, quella della predatrice, ma nascondendosi prima dietro al racconto di vittima degli eventi, e poi di una ragazza misteriosamente interessante e tutta da scoprire.

Ma la sua condizione è più sfumata.
Do Revenge sceglie consapevolmente di evadere quella fastidiosa tendenza narrativa della commedia femminile dell’inizio del Millennio, in cui la protagonista si lascia ridefinire dal mondo che dovrebbe combattere – come Mean Girls quanto Il diavolo veste prada (2006) raccontano.
Effettivamente Nora viene assorbita all’interno del gruppo che dovrebbe distruggere e cade inevitabilmente nella rete di Max, ma per tutti i motivi giusti: ad eccezione di quest’ultimo, questi ricchi e annoiati ragazzini possono essere effettivamente il gruppo di amici di cui la protagonista ha effettivamente bisogno.
Per questo l’atto finale è ancora più sorprendente.
Nemico

L’ultimo atto di Do Revenge funziona a tratti.
La pellicola vorrebbe imbastire un colpo di scena che racconti l’esasperazione di questa inutile lotta intestina fra ragazze, con delle brevi scene thriller di grande effetto, che si esauriscono nella sequenza della festa in cui Drea diventa nuovamente una bulla fautrice di quei destabilizzanti pettegolezzi che avevano distrutto Nora.
In questo frangente dovrebbe avvenire lo scioglimento della loro contesa, che però forse manca del respiro necessario per essere efficace nell’affrontare un tema così importante, anche se scenicamente è chiaro che entrambe devono spostare l’attenzione verso il loro vero nemico.

E rendere Max il villain effettivo, concentrando su di lui tutti i problemi della mascolinità repressiva e controllante, è una scelta piuttosto vincente per chiudere il discorso…ma poteva essere anche più incisiva se si fosse puntato di più sul racconto di come lui stesso sia il prodotto di un sistema.
Così il nemico è sconfitto da un ripensamento dello stesso gruppo che pensava di controllare e con le sue stesse armi, e le protagoniste non arrivano a riacquistare quanto hanno perso prima, ma piuttosto a ritrovarsi libere di riscoprirsi e di conoscersi…
…anche rinunciando a quella via che sembrava già tracciata.




















































































































