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Tropic Thunder – La vera storia della finzione

Tropic Thunder (2008) è, insieme a Zoolander (2001), il progetto più ambizioso della carriera registica ed attoriale di Ben Stiller.

Con un budget abbastanza importante – 92 milioni di dollari – non fu un grande successo al botteghino – appena 195 milioni – ma divenne col tempo un cult imprescindibile.

Di cosa parla Tropic Thunder?

Cinque attori che non potrebbero essere più diversi prendono parte ad uno sgangherato film di guerra, che diventa più reale di quanto si aspettassero…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Tropic Thunder?

Assolutamente sì.

Come detto, Tropic Thunder è uno dei progetti più incredibili di Ben Stiller, che ritorna dietro alla macchina da presa dopo l’ottimo Zoolander, da cui eredita anche alcune delle sue tematiche fondamentali, traslandole nella realtà cinematografica.

Un piccolo cult con un cast incredibile, fra cui spicca l’indimenticabile prova attoriale di Robert Downey Jr., che quasi ruba la scena all’altrettanto iconico personaggio di Ben Stiller, per un’accoppiata davvero esplosiva.

Insomma, non ve lo potete perdere.

È iniziato il film?

Il percorso metanarrativo iniziale di Tropic Thunder è magistrale.

Oltre a riuscire a confondere lo spettatore, che non è sicuro se il film è effettivamente iniziato o se stanno trasmettendo le pubblicità prima della proiezione – e il dubbio rimane quasi fino alla fine – la sequenza di apertura è uno spaccato perfetto del cinema dei primi Anni Duemila.

Il primo titolo è forse quello più rappresentativo: Scorcher 6, che parodizza le saghe infinite e senza senso di film action – alla Fast & Furious, per intenderci – che continuano ad essere prodotti unicamente per far cassa.

Il secondo film è un classico della comicità esilarante di quel periodo, che unisce le tre tendenze peggiori del genere: l’obesità comica, le divertentissime scoregge e l’utilizzo di un solo attore per diversi personaggi – idea che aveva già stancato dai tempi di Back to the future – Part II (1989).

Un film talmente eccessivo che forse era anche un modo con cui Jack Black voleva lavarsi la coscienza dal terrificante Amore a prima svista (2001) …

Chiude il terzetto Satan’s Alley, con protagonista l’attore premio Oscar Kirk Lazarus, al centro di un drammone storico che sembra anticipare L’ultimo dei templari (2011), arricchito con un elemento gettonatissimo per creare un film davvero scandaloso per l’epoca: l’omosessualità.

Se volete rivederli, eccovi serviti:

Sul viale del tramonto

Tugg Speedman è un attore che sembra già arrivato al capolinea.

Legato a doppio filo a film commerciali di grande successo, ma che ormai hanno stancato, ha cercato di rilanciarsi con un prodotto diverso e con cui pensava di riconquistare il pubblico, ma che è risultato invece un tremendo flop.

Ma neanche con Tropic Thunder, un kolossal di guerra di grande successo, le sorti sembrano a suo favore: come tanti colleghi prima di lui, anche Speedman è un attore capriccioso che non riesce a portare a casa la scena, anche per l’ostilità con Lazarus, con cui non ha alcuna chimica.

Pur parodistico, il suo arco evolutivo è quello più significativo: dopo l’iniziale incapacità di entrare nel personaggio, il protagonista si ritrova a vivere davvero in prima persona le avventure del film, riuscendo ad entrare nella parte più di quanto l’odiato collega sia mai riuscito a fare.

Dopo un primo momento in cui Speedman vive nel totale paradosso della situazione – in una capanna improvvisata, in una foresta insidiosa, ma con in mano il suo iPod – viene definitivamente riportato nel personaggio di Simple Jack e costretto a riportare in scena l’intero film.

E così una maschera di cui voleva liberarsi per sempre, diventa invece una via di fuga, nell’illusione di aver trovato un pubblico che finalmente lo apprezza, come testimonia l’irresistibile scambio con Lazarus sul finale:

You tell the world what happened here!
What happened here?
I don’t know, but you need to tell them!

Devi raccontare cosa è successo qui!
E cosa è successo qui?
Non lo so, ma devi raccontarglielo!

…con un precipitoso ritorno alla realtà, quando la tribù lo insegue per ucciderlo e il figlio adottivo lo accoltella.

Ed è veramente esilarante il fatto che la vittoria per il suo personaggio è l’ottenimento dell’Oscar, ovvero di quel riconoscimento per cui quell’industria senza scrupoli, pronta fino ad un attimo prima a metterlo da parte, lo riaccoglie fra le sue braccia…

Essere il personaggio

Kirk Lazarus è possibilmente il personaggio più iconico della pellicola.

Robert Downey Jr. interpreta una parodia vivente di quegli attori che, pur essendo anche interpreti molto validi, vengono esageratamente celebrati per la loro capacità di immedesimarsi nella parte, tanto da non uscirne mai

…almeno non fino ai contenuti speciali del DVD!

La parodia si accompagna alla più aspra satira, con Alpa Chino che lo critica aspramente non tanto per aver fatto una black face, ma piuttosto per aver portato in scena una versione veramente parodistica, quasi offensiva, di un uomo afroamericano…

…e, parallelamente, condannando anche le produzioni di Hollywood per l’avere fra le mani una parte perfetta da affidare – per una volta! – ad un attore nero, ma scegliere comunque un interprete bianco.

Ed è incredibilmente interessante il parallelismo fra il suo percorso e quello di Speedman: quando Lazarus ritrova il collega e cerca di riportarlo alla realtà, è lo stesso Tugg a farlo sprofondare in una crisi d’identità…

…e, nel farlo, Speedman stesso indossa un trucco evidente, che definisce il suo personaggio – una white face, in un perfetto parallelismo.

Un crollo emotivo particolarmente devastante, in cui Lazarus si strappa di faccia la maschera – anzi le maschere! – che ha portato per tutto quel tempo, ma che paradossalmente era molto più credibile della sua vera faccia.

In questo senso, gli occhi di un azzurro artificioso e i capelli cotonati sono tutto un programma.

Ma in questi due estremi – la mancanza di identità e il calarsi troppo nel personaggio – i due riescono infine a ritrovarsi in una via di mezzo, ovvero riuscire a interpretare con passione e trasporto una scena che appare finalmente così reale…

Il lato peggiore di Hollywood

Oltre ad essere un personaggio assolutamente esilarante, Grossman – nomen, omen – rappresenta il lato più marcio di Hollywood.

Ad un livello più superficiale, il personaggio di Tom Cruise è una figura tirannica ed estremamente violenta, che tratta i suoi sottomessi senza alcuna pietà, anzi umiliandoli e minacciandoli costantemente.

Ma il suo vero volto è rivelato nella contrattazione con i trafficanti.

In quell’indimenticabile non trattiamo con i terroristi, Grossman racconta la facciata dietro cui l’industria si nasconde, raccontandosi come una realtà con una morale di ferro, per poi dimostrarsi più e più volte cinica e guidata solo dal desiderio di arricchirsi.

Nello specifico, lo spietato produttore propone a Rick Peck di scambiare la vita di Speedman con un elicottero e con un’importante somma di denaro, puntualizzando come ormai il suo cliente sia una causa persa, per cui non vale la pena di combattere.

In questa visione, gli attori – al pari dei modelli di Zoolander – sono delle figure usa-e-getta, da riempire di soldi ed attenzioni quando sono effettivamente delle macchine-fabbrica-soldi, ma del tutto sacrificabili quando ormai non attirano più l’interesse del pubblico…