Bottoms (2023) è il secondo film di Emma Seligman, dopo lo splendido esordio di Shiva Baby, nonché la sua seconda collaborazione con Rachel Sennott.
A fronte di un budget piccolino – 11 milioni di dollari – con la sua limitata distribuzione cinematografica è riuscito appena a coprire i costi di produzione.
Di cosa parla Bottoms?
PJ e Josie sono due ragazze gay, brutte e senza talento – ma sono discriminate solamente per quest’ultime due caratteristiche. Eppure, dal bottom al top la strada – forse – non è così impervia.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Bottoms?

Assolutamente sì.
In un panorama di genere dove sembrava non ci potesse essere un altro Not Another Teen Movie (2001), Emma Seligman arriva con la sua seconda opera con uno spoof movie assolutamente inaspettato e incredibile sottile nei temi.
Infatti, dietro alla facciata irresistibilmente e surrealmente comica, Bottoms racconta un panorama sociale drammatico e straziante, lo deride e lo ritrae amaramente con un lieto fine che non è veramente lieto…

Rivelazione

Bottoms non rivela subito le sue carte.
Anche se il sottofondo comico è evidente, l’incipit della pellicola sembra la classica apertura che racconta il tentativo di rivalsa di due sfigate nel nuovo anno scolastico, e così i ridicoli accenni al presunto passato burrascoso delle due – il riformatorio e gli omicidi – sembrano un contorno comico e nulla di più.

Ma il fallimento della loro rivalsa è proprio il punto di partenza dell’assurdità comica che pervade la pellicola, e che si rivela soprattutto nel lunghissimo monologo di Josie riguardo alle sue prospettive future – su cui si fa fin troppo coinvolgere emotivamente.
Eppure proprio in questo frangente, più nascosto, troviamo il primo seme dell’importante riflessione della pellicola.

La ridicola dinamica di Jeff che viene aggredito esplode nella tragica sequenza dei suoi compagni che vengono in suo aiuto, e ha il suo eco anche nella scena successiva del ritorno a scuola, quanto il quarterback paventa delle indispensabili stampelle e, di seguito, quando le protagoniste vengono chiamate dal preside per lo stesso motivo.
E così l’importanza della terribile aggressione oscura l’effettivo problema che viene annunciato, e poi dimenticato nella sua drammaticità: la ragazza effettivamente aggredita da un ignoto componente della squadra di football, la cui centralità nel discorso è appunto tale da soffocare tutto il resto.
In questo senso, l’irresistibile battuta di Tim ci racconta già tutta la situazione:
More violence. Just what this school needs.
Altra violenza. Proprio quella di cui questa scuola aveva bisogno…
Combattere

Il Fight Club nasce per tutti i motivi sbagliati.
Bottoms – come in un certo senso era già stato in Booksmart (2019) – gioca molto sul ribaltamento di un topos piuttosto classico del genere – da She’s all that (1999) in poi – in cui il personaggio maschile intraprende una relazione con la protagonista per finalità ben poco lodevoli.
Per questo PJ trascina Josie in questa suo folle progetto, con finalità ben più materiali rispetto a quelle paventate: riuscire ad avvicinarsi alla sua ragazza dei sogni con l’inganno, facendosi forza di una rete di bugie che, per stessa ammissione della protagonista, è veramente sorprendente per quanto sia intricata.

Tuttavia, l’esito del progetto è ben più importante rispetto al conquistare Isabel.
Come viene più volte ribadito, anche indirettamente, tutte le ragazze prendono parte al club per motivi diversi, ma accomunati, al netto dell’ironia, da una condivisa necessità di trovare un luogo sicuro in cui poter raccontare i loro disagi e le loro preoccupazioni.

Per questo, anche se disordinatamente, le ragazze imparano a mettersi in delle situazioni che altrimenti non si sarebbero mai azzardate ad affrontare, riuscendo a ritrovare quella solidarietà femminile che effettivamente mancava nel contesto sociale della scuola.
E in questo senso Jeff è una storia a sé.
Prodotto

Jeff è il prodotto di un sistema.
Per quanto il quaterbeck sia il frontman della scuola e del sistema che la governa, in realtà è solo la facciata di una realtà ben più profonda e radicata, tanto da apparire veramente come una marionetta senza forza di volontà e incapace di reagire alle situazioni, ma perfetto da usare come fantoccio.
Non a caso, nella sua ingenuità, Jeff agisce seguendo un set di regole preimpostate che neanche comprende – come si vede molto bene nella scena in cui cerca di giustificarsi con Isabel per il tradimento – e la sua forza sta proprio nell’essere spalleggiato da personaggi come Tim.

Il secondo al comando è di fatto la vera mente e braccio dell’operazione, che ragiona sulla base di un concetto ancora estremamente contemporaneo – e già ampiamente affrontato in Mean Girls (2004) e il suo erede spirituale Do Revenge (2022): divide et impera.
Così Tim attacca l’anello debole della catena, Hazel, la prima sostenitrice del progetto nonché fautrice delle improbabili voci di corridoio sulle protagoniste, quando si sente tradita dal gruppo in cui si era ritrovata e così usata come cavia per raccontare il fallimento del progetto del Fight Club.
Ma è a questo punto che Bottoms diventa veramente sottile.
Cambiamento

Nel finale di Bottoms cambia qualcosa?
L’atto finale della pellicola è una gustosissima parodia prima del momento di passaggio legato ai contrasti interni fra i protagonisti – che ha il suo apice nel momento in cui, senza alcun motivo, PJ mangia dei disgustosi ravioli in scatola – e poi della ricerca dell’aiuto nella figura adulta.
Ma lo stesso non è altro che un pretesto per dare modo al finale di esistere, costruendo una sorta di trama thriller che viene sistematicamente smentita dai fatti – nessun atto sacrificale, solo un becero boicottaggio della squadra avversaria – che permette però al gruppo protagonista di ritrovarsi in scena e dare prova del proprio cambiamento…

…se si può effettivamente definire tale.
Le ragazze finiscono per combattere un problema di facciata, che non esiste realmente se non nelle improbabili teorie di Rhodes, e a salvaguardare l’incolumità di Jeff, unico punto di interesse dell’intera comunità scolastica, e per questo vengono acclamate come se avessero tutti giocato verso il medesimo obbiettivo.
Ma tutto il resto non viene effettivamente risolto.

Non sappiamo nulla sull’aggressione della sera della festa, le ragazze vengono riconosciute solo per i servizi resi alla scuola e non per aver dimostrato di sapersi difendere, e, soprattutto, la sottotrama dello school shooting viene proprio esclusa dalla scena.
Per questo, infine, Bottoms sceglie di evadere il classico epilogo risolutore solitamente utilizzato per raccontare il rinnovato panorama sociale: nulla è veramente mutato, ma si è continuato a tenere gli occhi puntati sul problema minore – la sicurezza di un personaggio già ampiamente privilegiato in questo senso…
…ignorando, di fatto, tutto il resto.





























































































































