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Star Wars: Il ritorno dello Jedi – Un degno finale?

Star Wars: Il ritorno dello Jedi (1983) è l’ultimo capitolo della trilogia originale di Star Wars, ovvero la prima uscita in ordine temporale. Dopo un ottimo inizio e un sequel ancora più convincente, George Lucas sarà riuscito a dare un degno finale alla sua storia?

Il successo di pubblico al tempo fu ampio, anche se economicamente minore rispetto al precedente film: solo 475 milioni con un budget di 32 milioni di dollari.

Sempre un grande successo, ma complessivamente un incasso inferiore.

Di cosa parla Star Wars: Il ritorno dello Jedi

La storia riprende le mosse dal precedente film: Luke e Leila devono salvare Han dalle grinfie del malefico Jabba The Hutt, orrendo mostro dalla forma di un verme gigantesco…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Vale la pena di guardare Star Wars: Il ritorno dello Jedi?

In generale, sì.

Per quanto devo dire che mi sia piaciuto leggermente di meno rispetto al capitolo precedente, è comunque un’ottima conclusione per la trilogia. Vengono lasciati aperti alcuni spunti per possibili sequel, ma la linea narrativa principale si conclude, con importanti colpi di scena e anche momenti piuttosto toccanti.

Quindi, se eravate indecisi se continuare a guardare Star Wars, non perdete altro tempo e recuperatevelo. Se invece non avete mai visto Star Wars, cosa ci fate qui? Ho scritto un articolo apposta per voi.

Una narrazione a tappe

Mark Hamill e Harrison Ford in una scena del film Star Wars: Il ritorno dello Jedi (1983) diretto da

A differenza del precedente capitolo, in questa pellicola la vicenda è piuttosto lineare, e si definisce secondo le diverse tappe o quest del protagonista.

Si comincia risolvendo il finale del film precedente, cui è legato il tentativo di salvataggio di Leila, seguito dall’intervento risolutivo di Luke. Tutto il piano presenta qualche ingenuità narrativa, ma è indubbiamente una costruzione della tensione piuttosto azzeccata.

La tappa successiva è dettata da Yoda, il quale, insieme al fantasma di Obi-Wan, rivela a Luke tutta la verità e gli assegna quindi la quest finale: affrontare Darth Vader e diventare finalmente un Cavaliere Jedi.

Il cammino dell’eroe

Mark Hamill in una scena del film Star Wars: Il ritorno dello Jedi (1983) diretto da

Luke percorre un cammino dell’eroe piuttosto classico.

Raggiunge la consapevolezza della sua missione, si addestra e si mette in discussione, e infine sconfigge l’ultimo e peggiore nemico: suo padre.

In questo ultimo episodio Luke è assolutamente sicuro di se stesso, anche troppo. Infatti, per tutto il tempo minaccia gli antagonisti, si consegna volutamente, sicuro di essere capace di sconfiggerli e di portare a termine la sua missione.

E infatti così succede: però manca in parte per quel senso di fallibilità del protagonista che avrebbe potuto renderlo più tridimensionale.

Darth Vader: il villain incompreso

Sebastian Shaw in una scena del film Star Wars: Il ritorno dello Jedi (1983) diretto da

Dart Vader è la parte migliore di Star Wars: Il ritorno dello Jedi.

In questo caso la sua spietatezza è poco raccontata, anzi è depotenziata dagli altri antagonisti messi in scena. Anzitutto, anche se indirettamente, da Jabba The Hutt, un essere disgustoso, che vive in un ambiente oscuro e spettrale, che usa le donne come schiave e che mangia animali vivi.

Un villain indiscutibile, insomma.

Così viene finalmente introdotto di persona Palpatine, un vecchietto apparentemente fragile, ma che, oltre a cercare di tentare malignamente Luke al lato oscuro, rivela infine i suoi terribili poteri. Il suo accanirsi su Luke è inoltre l’ultimo atto che convince Vader a rivoltarsi contro il suo maestro e salvare così il figlio.

Questo apparente climax della redenzione di Vader non è in realtà costruito al meglio, perché è rappresentato solo da Luke che insinua dei dubbi nella mente del padre, assolutamente sicuro della sua bontà.

E che infine ci riesce, con un atto definitivo che porta alla definitiva morte di Palpatine (e ci torniamo). Con, infine, la rivelazione del volto sofferente di Anakin Skywalker sotto la maschera, l’ultimo atto di riappacificazione col figlio.

Leila e la commedia degli equivoci

Carrie Fisher in una scena del film Star Wars: Il ritorno dello Jedi (1983) diretto da

La trama di Leila e Han viaggia fra alti e bassi: sicuramente Leila, a differenza del precedente film, è un personaggio molto più attivo e interessante.

Prova a salvare il suo innamorato (pur essendo poi, giustamente, oscurata da Luke, l’eroe) e si salva da sola da Jabba, riuscendo persino ad ucciderlo. Insomma, ne esce come un personaggio rafforzato.

Per il rapporto con Han, ho apprezzato la dinamica scherzosa con cui Han dichiara il suo amore per Leila nello stesso modo in cui lei l’aveva dichiarato a lui alla fine dello scorso film. Tuttavia, non mi ha entusiasmato questa sorta di commedia degli equivoci che crea un apparente triangolo amoroso fra Luke, Leila e Han.

Soprattutto perché Leila non aveva veramente motivo di nascondere il trauma della parentela con Luke ad Han, anzi, visto il rapporto che si era creato fra loro due, aveva più senso che glielo rivelasse immediatamente.

Un evidente escamotage per creare tensione e zizzania nella coppia, che sembra altrimenti ormai consolidata. Tuttavia, bisogna riconoscere la maturità con cui Han si dimostra comunque comprensivo nei confronti di Leila, anche per l’eventuale relazione con Luke.

Un sequel inesistente?

Mark Hamill e Harrison Ford in una scena del film Star Wars: Il ritorno dello Jedi (1983) diretto da

Il film, come il primo, sembra lasciare delle porte aperte per eventuali sequel, dando diversi spunti, poi sviluppati in maniera forse diversa da come si immaginava all’inizio. I due spunti più importanti riguardano la sensibilità di Leila alla Forza e la missione di Luke di trasmettere la sua conoscenza come ultimo Jedi vivente.

La questione di Leila viene approfondita nell’Universo Espanso, ovvero nella pletora di opere derivate, nelle quali Leila viene addestrata come Jedi. Questo elemento viene richiamato molto goffamente all’inizio di quella porcheria di Star Wars: L’ascesa di Skywalker (2019), quando la Principessa addestra Rey off-screen.

Allo stesso modo la scuola Jedi di Luke viene accennata nella trilogia sequel e anche in The Book of Boba Fett, ma rivelandosi un progetto fallimentare che non porta a nulla se non a tornare al punto di partenza.

Sarebbe stato bello che invece questi spunti narrativi fossero stati esplorati in dei sequel degni di questo nome, invece che produrre dei prequel fallimentari e dei sequel che sono la brutta copia della trilogia originale.

retcon, che passione!

Come ogni saga di grande successo che si rispetti, Star Wars è piena di retcon.

Già solamente vedendo questo film, ne individuiamo tre.

Le prime due riguardano Bib Fortuna (il maggiordomo di Jabba) e Boba Fett, personaggio diventato iconico successivamente, in questa pellicola ancora un anonimo cacciatore di taglie.

Entrambi muoiono nella scena dell’esecuzione: Boba cade nel Sarlacc, Bib Fortuna muore nell’esplosione del palazzo di Jabba. E invece li ritroviamo entrambi nella serie The Book of Boba Fett.

Infine, la retcon più grande e peggio digerita di tutto Star Wars: Palpatine che ritorna in Star Wars: L’ascesa di Skywalker.

La sua sopravvivenza o rinascita che dir si voglia non a caso è spiegata in maniera molto fumosa: la scelta di includerlo nella pellicola fu una soluzione dell’ultimo minuto per riparare all’inaspettata morte del villain principale nel film precedente.