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The mask – Il sogno di potenza

The Mask (1994) fu uno dei primi film di Jim Carrey, nonché una delle tre pellicole (insieme ad Ace ventura e Scemo & Più scemo, usciti lo stesso anno) che lo fece conoscere al grande pubblico.

Fu infatti un piccolo cult per i figli degli anni Ottanta-Novanta, e io stessa ricordo di averlo visto più e più volte, rimanendone sempre affascinata e divertita.

Non a caso fu un incredibile successo commerciale: 351 milioni di incasso contro un budget di circa 20 milioni.

Di cosa parla The Mask?

Stanley Ipkiss è un mediocre impiegato bancario, che vive di grandi sogni di successo, che però non riesce mai a realizzare. Troverà per caso una maschera che, se indossata, lo renderà un inguaribile rubacuori, capace di qualsiasi cosa…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.:

Vale la pena di guardare The Mask?

Jim Carrey in una scena del film The Mask (1994) diretto da Chuck Russell cult degli anni Novanta

In generale, sì.

Oltre ad essere uno dei film più famosi di Jim Carrey, è ancora una pellicola piacevole da guardare anche oggi, soprattutto se ci si approccia con l’idea di vedere un film di intrattenimento senza grandi pretese di originalità, ma totalmente retto sulle spalle di un giovane ma già incredibile Jim Carrey.

Quindi, se apprezzate i film comedy degli Anni Novanta, con tutte le loro esagerazioni e assurdità, e se soprattutto siete fan di Jim Carrey, guardatelo.

Perché The Mask divenne un cult?

Jim Carrey in una scena del film The Mask (1994) diretto da Chuck Russell cult degli anni Novanta

Le motivazioni del successo di The Mask in realtà non sono difficili da immaginare.

Anzitutto il film utilizza una tecnica molto comune di scegliere un protagonista che ricalchi le caratteristiche del target di riferimento. Infatti, Stanely rappresenta il topos dell’uomo medio, intrappolato nella sua mediocrità e incapacità di realizzarsi, pur avendo grandi sogni e speranze di successo.

E The Mask rappresenta il suo sogno di potenza: avere la possibilità di fare tutto, realizzare i suoi desideri più reconditi, che sono di fatto due: imporre la sua mascolinità sugli altri uomini superiori a lui e ottenere la ragazza dei sogni.

Così infatti la maschera dà la possibilità a Stanley ad avere la meglio sul borioso e viscido direttore di banca e di conquistare una splendida ragazza come Tina.

Non sei come gli altri

Jim Carrey in una scena del film The Mask (1994) diretto da Chuck Russell cult degli anni Novanta

Un altro trope piuttosto comune, e che si adatta sia ai personaggi maschili che femminili, è il tu non sei come gli altri.

Per i personaggi femminili di solito è una degradazione delle altre donne, disinibite e superficiali, mentre per i personaggi maschili è una dichiarazione di superiorità rispetto agli altri uomini, più potenti del protagonista, ma di minor valore.

Così ben due donne nel film dicono al protagonista che lui è speciale, che non è come gli altri, che è anzi un uomo romantico e sensibile come ogni donna vorrebbe. E anche questo è un sogno ricorrente: pensare di avere maggiori qualità degli altri uomini che raggiungono il successo e sperare che gli altri (soprattutto le donne da conquistare) se ne accorgano e ne rimangano ammaliati.

Semplicemente Jim Carrey

Jim Carrey in una scena del film The Mask (1994) diretto da Chuck Russell cult degli anni Novanta

The Mask fu un ottimo banco di prova per Jim Carrey, al tempo ancora quasi sconosciuto. Nel film infatti, al di là delle poche reazioni in CGI, fu Jim Carrey, con la sua espressività esplosiva e coinvolgente, a conquistare il pubblico.

Quando veste i panni dell’uomo medio ha un’espressività più semplice, ma comunque molto convincente, mentre quando diventa The Mask è un personaggio al limite della follia e dove Carrey riesce a dare il meglio di sé.

Non ancora, secondo me, il miglior Jim Carrey, ma comunque un ottimo punto di partenza.

I limiti del film

Jim Carrey e Cameron Diaz in una scena del film The Mask (1994) diretto da Chuck Russell cult degli anni Novanta

Il film, anche per la sua semplicità, ha degli ovvi limiti.

Anzitutto, l’antagonista: oltre ad essere molto stereotipato, non riesce a diventare interessante e minaccioso quando indossa la maschera. Sembra anzi un altro personaggio totalmente, un mostro ancora più stereotipato. E infatti il suo screen time in quelle vesti è per fortuna molto limitato e la sua dipartita è altrettanto rapida, anche se piuttosto spassosa.

Così anche ovviamente il personaggio femminile, che è in tutto e per tutto una donna oggetto che esiste in funzione del sogno del protagonista. Lasciando anche da parte come il taglio erotico e abbastanza patetico con cui la regia la racconta, Tina è la classica donna bella e impossibile, ma alla fine si innamora comunque di Stanley e lo aiuta anche a realizzare il suo piano.

Ovviamente, all’interno della dinamica per cui la donna vive solo per essere oggetto del desiderio maschile, tutti i personaggi maschili sono pateticamente svenevoli quando appare. Ma stiamo parlando degli Anni Novanta: altri tempi, altra mentalità. E per quello che volevano fare, è un personaggio assolutamente azzeccato.

A differenza di come si pensi, nel film Jim Carrey non dice spumeggiante, ma sfumeggiante. Infatti, in inglese dice smoking, di cui sfumeggiante è la traduzione letterale.

Però sì, spumeggiante è molto più bello.