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Le riflessioni del cinema semplice

Il classismo cinefilo

Durante tutta la mia esperienza nel mondo cinefilo non ho mai potuto sopportare l’atteggiamento di superiorità di certe persone nei confronti di un certo tipo di film o del cosiddetto pubblico medio.

Ed è arrivato il momento di parlarne.

Il non-cinema

Un’ideale che trovo troppo spesso nelle parole – e nei pensieri – di fin troppo spettatori, è il non-cinema.

Quanto volte abbiamo dovuto sorbirci discorsi per cui certi film non sono considerabili cinema, sulla presunta distinzione fra cinema di serie a e cinema di serie b, senza considerare le dichiarazioni francamente umilianti – per chi scrive e per chi legge – di certi cineasti che, dall’alto della loro superiorità, sminuiscono il cinema popolare.

In questi casi io mi stupisco sinceramente che persone apparentemente così colte da poter distinguere cosa è il cinema e cosa no siano totalmente ignare – o decidano di dimenticarsi – del modo in cui il cinema è nato, di cosa significa, e i diversi modi in cui si è evoluto.

Il cinema nasce come forma di intrattenimento.

E c’è poco da dire su questo.

Non si parla quindi di una forma d’arte che si è nel tempo imbarbarita, ma di una forma di intrattenimento nata come popolare, pensata principalmente per il guadagno e per intrattenere il più grande pubblico possibile.

Vi ricorda qualcosa?

Sì, esattamente come i blockbuster odierni.

Anzi, peggio, in quanto nei primi film spesso e volentieri non vi era alcuna vena artistica, ma una semplice ripresa e proiezione di un filmato, che già da sola bastava per impressionare il pubblico, che col tempo ha raffinato i propri gusti, per così dire.

Inoltre, la distinzione è molto meno netta di quanto si creda.

L’immensità del cinema

I confini fra il cinema autoriale e il cinema di intrattenimento sono molto fumosi.

Anzitutto, perché quello che viene considerato cinema autoriale (o vero cinema) non raramente ha alle spalle grosse produzioni, guidate principalmente dalla volontà di intrattenere il pubblico e di farlo entrare in sala, e quindi di far ritornare l’investimento.

E anche perché lo stesso autore, escludendo i rari casi di autori volutamente rivoluzionari, nella maggior parte dei casi ha piacere a donare piacevolezza, divertimento e intrattenimento al proprio pubblico.

Anzi, un ottimo cineasta è capace di stupire il proprio pubblico, di dosare gli elementi in scena per creare un prodotto che possa essere al contempo riflessivo, portatore di messaggi importanti, ma anche piacevole e intrattenente.

Un autore particolarmente capace in questo senso è Spielberg – non a caso padre dei maggiori cult del secolo scorso (e non solo).

Se prendiamo ad esempio The Fabelmans (2021), Spielberg è riuscito a raccontare efficacemente la sua vita, la sua idea di cinema, con una tecnica sempre impeccabile, ma al contempo è riuscito anche ad emozionare, a coinvolgere il pubblico con la sua storia, scegliendo di inserire un elemento comico non indifferente in diversi momenti.

Ma anche parlando di un prodotto più sperimentale come The Old Man and the Gun (2018), David Lowery ha portato in scena una storia dal piglio surreale, non sempre facilmente leggibile, ma ha anche scelto un attore incredibilmente carismatico come Robert Redford per divertire e intrattenere lo spettatore.

E se Chazelle in Babylon (2022) è riuscito in pochi minuti a raccontare l’immensità del cinema tutto, non credo di dover aggiungere altro.

Il terribile cinema popolare…

Ma parlando più strettamente di cinema popolare, quello di puro intrattenimento, la discussione si fa ancora più infiammata.

Più un prodotto ha successo, più è facilmente accessibile per moltissimi spettatori e, di conseguenza, più guadagna, più è facile che venga demonizzato e attaccato. Sia perché viene definito non vero cinema – e direi che di questo ho detto abbastanza – sia perché ne viene sminuito il valore.

Secondo me, riuscire a creare un film veramente attraente per così tante persone non è così facile – come dimostrano i recenti flop di brand apparentemente molto forti – e, ancora una volta, sminuire il cinema di intrattenimento perché poco autoriale non ha molto senso.

Perché, come in parte abbiamo già visto, sono due realtà che possono tranquillamente convivere.

Diversi esempi recenti dimostrano come moltissimo cinema cosiddetto di intrattenimento o per le masse possa avere un piglio autoriale non indifferente: si pensi per esempio a Dune (2021), uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni, sorretto dalla splendida regia di Villeneuve.

Ma anche a livello d’animazione, pensiamo a Il gatto con gli stivali 2 (2022), capace di essere incredibilmente trasversale per i pubblici e con una tecnica d’animazione pazzesca, ma soprattutto a Spiderman: Across The Spiderverse (2023), che conferma ancora la rivoluzione in atto per il genere.

…e il terrificante pubblico generalista

Quando non ce la si prende con il cinema di intrattenimento, ce la si prende con il pubblico cosiddetto medio, accusandolo di non andare più al cinema e di apprezzare solo il cinema di intrattenimento.

Anzitutto, è importante fare una contestualizzazione storica.

Diversamente da quello che si potrebbe pensare, il pubblico in sala non è così tanto cambiato: se andiamo per esempio a guardare il box office degli Anni Settanta – più di 40 anni fa – notiamo che un blockbuster come Una nuova speranza (1977) incassò 775 milioni, un film autoriale e pure di successo come Taxi Driver (1976) appena 28 milioni.

Considerando l’inflazione, stiamo parlando rispettivamente di 3 miliardi di dollari e 140 milioni ad oggi.

Facciamo un salto in avanti nel tempo: nel 2019 Endgame fa uno dei più grandi successi cinematografici della storia del cinema, incassando quasi tre miliardi di dollari, mentre lo stesso anno C’era una volta ad Hollywood di Tarantino incassò appena 377 milioni.

Notate delle somiglianze?

E se ne potrebbero fare moltissimi esempi di questo genere.

Ma mettendo da parte il discorso economico, esiste un concetto che, mi rendo conto, potrebbe sconvolgere la vita a molti.

Molte persone, di fatto una buona fetta di pubblico, vanno al cinema solo per divertirsi.

Non dovrebbe quindi essere una sorpresa il fatto che film che, per definizione, sono cinema di intrattenimento, sono anche quelli che incassano maggiormente, anche per la loro capacità di intercettare diversi pubblici ed interessi.

Invece un film più autoriale probabilmente richiede una visione più riflessiva e impegnativa, che non tutti possono avere la voglia o addirittura gli strumenti per comprendere ed apprezzare.

E così arriviamo all’ultimo punto di questa riflessione.

Un cinema democratico

Il cinema è una realtà variegata, dove diversi stili, interessi ed emozioni possono convivere.

Quindi, che senso ha, soprattutto se siamo appassionati, precludere la possibilità della scoperta ad altri?

Potrebbe non sembrare rilevante, ma avere atteggiamenti aggressivi e denigratori, prendersela col pubblico medio, non fa altro che allontanare lo stesso da meravigliose scoperte, dalla possibilità di ampliare i propri orizzonti.

Soprattutto se siamo già esperti di cinema, è molto più utile, proprio per valorizzarlo in tutte le sue forme, incoraggiare positivamente alla visione persone che potenziamento non hanno (ancora) i mezzi per avvicinarsi ad un cinema più impegnato: in una parola, i cinefili di domani.

Questo significa anche non strabuzzare gli occhi e far sentire colpevole qualcuno che non ha visto o non ha apprezzato qualche classico del cinema che noi amiamo, ma piuttosto comprendere, invitare alla riflessione e all’approfondimento.

Oppure, essere anche pronti ad accettare positivamente che quel cinema non è di loro interesse.

E va bene così.