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Le riflessioni del cinema semplice

Il valore della prevedibilità

Negli ultimi anni una polemica molto comune nel mondo del cinema riguarda la prevedibilità e la conseguente ripetitività delle trame dei prodotti portati in sala, soprattutto quelli più mainstream.

Una questione che non può essere ignorata, ma che va contestualizzata.

Cos’è il cinema?

Per capire meglio la questione, vale la pena fare un passo indietro.

Uno dei primi film mai proiettati nella storia del Cinema fu L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat (1896) dei Fratelli Lumière.

Questa prima proiezione causò sicuramente grande agitazione ed emozione nel pubblico coinvolto, da cui il famoso aneddoto – la cui veridicità è dubbia – secondo il quale gli spettatori sarebbero scappati dalla sala.

Ad ogni modo già questa prima proiezione ci racconta qualcosa di fondamentale: il cinema è pensato per intrattenere ed emozionare, in particolare scatenare nel pubblico delle reazioni talmente impattanti da fare in modo che questo torni in sala (e paghi il biglietto).

E qui si arriva al concetto fondamentale.

Il cinema è industria

Come avevamo già concluso in una precedente riflessione, il cinema è principalmente un’industria.

E per questo privilegia la produzione di film che siano facilmente fruibili, che attirino molte persone in sala e che intrattengano facilmente.

Infatti, esiste sicuramente una bolla di appassionati che cerca nei film qualcosa di più del semplice intrattenimento, ma il pubblico più generalista – quello che porta davvero i guadagni – va in sala per passare un paio d’ore intrattenenti ed emozionanti.

E questo determina il successo di prodotti che privilegiano soprattutto l’emozione, a discapito magari di una scrittura profonda e pensata. L’esempio più evidente è indubbiamente il recente Avatar – La via dell’acqua (2022), ma così anche – e con una qualità ben più scadente – Wakanda Forever (2022), due dei maggiori incassi dell’anno.

Convincere l’acquisto

Come per ogni prodotto, anche per i film le case di produzione devono appunto convincere il pubblico più ampio possibile ad acquistare il biglietto e vedere la loro pellicola.

E le tecniche più utilizzate a questo fine sono la prevedibilità e lo spoiler selvaggio.

Dal momento che lo spettatore medio deve essere convinto che vivrà un’esperienza piacevole e rinfrancante, solitamente nella campagna marketing – e soprattutto per i prodotti più scadenti a livello di scrittura – si cerca di raccontare il più possibile, orientando lo spettatore all’idea che vedrà qualcosa di già noto e che gli è già piaciuto.

In questo modo lo spettatore sarà certo che spenderà i suoi soldi per entrare in una comfort zone, in cui può sentirsi al sicuro per un prodotto che sicuramente gli piacerà, dal momento che è simile ad un altro che ha già visto.

Insomma, non avrà troppe sorprese.

La prevedibilità di James Cameron

Una recente dichiarazione di James Cameron mi ha fatto riflettere proprio sull’argomento di questa riflessione.

Il regista di Avatar, ospite di B TV, facendo riferimento ai futuri film del franchise ha dichiarato:

Non è come una storia di supereroi in cui c’è un nuovo cattivo per ogni film. Stesso tizio, capito? Stesso avversario attraverso tutta la cosa.

Questo sostanzialmente significa che ogni film del franchise avrà sempre come avversario il colonnello Miles Quaritch – proprio l’elemento che mi sono sentita più di criticare per il recente sequel.

Tuttavia, devo ammettere che Cameron ha centrato il punto.

La trama di Avatar – La via dell’acqua è tanto più prevedibile, tanto più simile a quella del primo capitolo, ma anche molto funzionale e molto attraente per lo spettatore.

E i risultati si sono visti.

Cameron non ha evidentemente alcun interesse di portare trame nuove e profonde, ma, al contrario, di intrattenere il più possibile lo spettatore con spettacolari effetti visivi e tecniche nuove e avvincenti.

Quindi, perché dovrebbe sprecare tempo nel creare villain e minacce nuove di zecca per ogni film, quando la stessa ricetta, a dieci anni di distanza, funziona ancora perfettamente?

E, da un certo punto di vista, ha inquadrato perfettamente il problema dell’MCU.

Il problema del rinnovamento

Uno dei problemi principali dell’MCU è anche il motivo della sua costante vittoria al botteghino.

Il pubblico delle pellicole MCU – con splendide eccezioni – è attirato al cinema dall’eroe protagonista della vicenda. Al contrario, il villain è spesso facilmente dimenticabile e scompare dietro all’imponenza del protagonista stesso.

E anche volutamente.

Perché il villain non deve mai (o quasi mai) essere più interessante dell’eroe, che è il veicolo dell’azione, oltre a quello che poi vende anche al di fuori del cinema – con il merchandising e simili.

Per cui, se si ragiona dal punto di vista meramente funzionale, il villain non ha bisogno di essere cambiato, ma potrebbe costantemente rimanere lo stesso, e non intaccare l’attrattiva del film.

Ma in realtà non è tanto lontano da quello che i film MCU fanno effettivamente: anche se gli antagonisti cambiano faccia, spesso hanno le stesse motivazioni e si muovono con le medesime dinamiche.

Un altro elemento molto prevedibile, insomma.