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Le riflessioni del cinema semplice

La Marvel ha raggiunto il suo Endgame?

Nell’era post-Endgame, una domanda che serpeggia in maniera sempre più insistente è: La Marvel ha raggiunto il suo Endgame?

Il paradosso storico ha voluto che, dopo aver raggiunto la vetta del suo successo con il suo film conclusivo, ovvero appunto Endgame, secondo più grande successo cinematografico della storia del cinema, proprio l’anno dopo è arrivato il Covid e ha sbaragliato le carte in tavola.

Ma c’erano delle carte in tavola?

Esisteva un post-Endgame?

Robert Downey Jr. in una scena di Endgame (2019) di Anthony Russo, Joe Russo

È una domanda legittima, dal momento che il progetto originale di Kevin Feige, capoccia della Marvel, era quello di arrivare ad Endgame e vedere tutti i suoi supereroi uniti.

Ma dopo?

Dopo è arrivata la pandemia, che paradossalmente ha favorito persino il lancio di Disney+, che sembrava veramente cadere a fagiolo. Ed è stato il momento anche della grande espansione del brand, che ha cominciato a sperimentare con le serie tv.

Ma è stato anche il momento in cui tutto ha cominciato a scricchiolare.

Il problema delle serie

Kang in una scena di la serie Loki di Disney+

Che vi siano piaciute o meno, è indubbio che la gestione delle serie e la loro organicità con l’universo cinematografico sia stata quantomeno zoppicante. Questo in particolare per la questione del multiverso, che è stato introdotto in almeno due modi diversi in due diversi prodotti (Loki e What if…?).

Ed è ancora più preoccupante scoprire che gli showrunner di queste due serie non avessero comunicato fra loro.

La Marvel non è di certo nuova a cambiamenti di rotta o retcon che dir si voglia, ma gli stessi erano anche facilmente assorbiti, complice prodotti generalmente molto amati e una certa diluizione nel tempo.

Ora invece, vuoi che stia succedendo tutto troppo insieme e troppo in fretta, vuoi che i prodotti seriali non sono siano convincenti per tutto il pubblico, questi errori sono sempre più evidenti.

L’esempio principe: Doctor Strange in the Multiverse of Madness

Wanda in una scena di Doctor strange in the multiverse of Madness

Il problema dell’organicità ha cominciato soprattutto a farsi sentire con il recente Doctor Strange in the multiverse of madness (2022): per quando ne possiate dire, in primo luogo il film non che fosse incomprensibile, ma decisamente non facilissimo da seguire se non si aveva visto Wandavision.

Oltre a questo, gli autori dietro la pellicola ammisero candidamente di non aver visto la serie.

E infatti questo ben si nota dal fatto che c’è una discrepanza nel fatto che Wanda sembra un personaggio molto più appiattito nel film, che pare del tutto ignorare quanto c’era stato prima per tutta la serie, che rappresentava proprio il momento dell’accettazione del lutto da parte della protagonista.

Ubriachi di fanservice

Spiderman in Spiderman No Way Home (2021) di Jon Watts

Un altro grande problema, che col tempo comincerà probabilmente a sfuggire di mano alla Marvel, è il fanservice selvaggio.

Tutto cominciò con Spiderman No-Way Home (2021), uno dei più grandi fenomeni cinematografici della storia del cinema, che fu orchestrato (in realtà in maniera molto maldestra) dalla Sony, la detentrice dei diritti del personaggio.

E così vennero inseriti abbastanza forzatamente gli ormai famosi tre Spiderman, all’interno di un film non del tutto da buttare, ma comunque abbastanza zoppicante per molti versi.

Da lì sembra che il pubblico si sia ormai abituato a questo livello e che questo si aspetta effettivamente, arrivando a portare una marea di teorie anche per il successivo Doctor Strange in the multiverse of madness, appunto. E anche in quello è stato incluso diverso fanservice non del tutto indovinato.

C’è vita oltre al wow-effect?

Se di fanservice non si vive, il wow-effect può sempre fare comodo: parlo di quel tipo di scelte, molto spesso fatte anche senza una particolare logica o pensiero effettivo dietro, che, se ben inserite, riescono a far dimenticare al pubblico tutto il resto della qualità del prodotto.

Lo era in No Way Home, ma lo era anche per il recente She-Hulk: serie che, per quanto vi possa piacere, è obiettivamente un prodotto molto mediocre e di nessuno spessore, che ha proprio conquistato una buona fetta di pubblico grazie al wow-effect del finale, che, piaccia o meno, è effettivamente di grande impatto.

E non tutto il pubblico è disposto a farsi certe domande di coerenza e significato effettivo se ne rimane così profondamente colpito.

Non sapersi rinnovare

In ultimo, un altro problema non da poco quando si crea un universo cinematografico così iconico come quello MCU è riuscire a rinnovare i propri personaggi.

Con Endgame abbiamo avuto due importanti addii: Iron Man e Captain America, i personaggi più popolari e amati dal pubblico per oltre un decennio. Tanto più che Iron Man (2008) fu il primo apprezzatissimo film che inaugurò questo universo cinematografico.

E da lì in poi la Marvel ha cercato continuamente di proporre nuovi personaggi, a volte riuscendoci (Shang-chi), a volte fallendo miseramente (gli Eterni).

Per il momento la Marvel non ha dei personaggi così forti da proporre sullo schermo. E ne ha terribilmente bisogno. Così si rumoreggia in maniera sempre più insistente sul ritorno dei due personaggi più amati: Steve Rogers in Captain America – New World Order (2024) e Tony Stark probabilmente in Armor Wars e Avengers: Secret wars (2025).

E dover riciclare l’usato non è mai un buon segno.

La Marvel ha raggiunto il suo endgame?

Per quanto mi riguarda, la Marvel ha ancora qualche cartuccia da sparare.

Tuttavia questo non significa che sia messa bene: fra i recenti rinvii, la bulimia di contenuti sempre più pressante e il fanservice o wow-effect, ci sono tutti i presupposti per cui, nel giro di non tantissimo tempo, l’MCU cominci a stufare.

D’altronde, come tutte le mode, anche quella dei supereroi finirà.

Non significa che la Marvel chiuderà i battenti da un giorno all’altro, ma che i suoi film cominceranno, da un certo punto in poi, a venire sempre meno considerati, e probabilmente anche a diradarsi.

Che sia fra cinque anni o fra dieci, prima o poi ci troveremo davanti ad un flop al botteghino.

E allora lì sapremo.