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Cast Away – Il crocevia

Cast Away (2000) è uno dei film più iconici della filmografia di Robert Zemeckis – che, fra l’altro, lo stesso anno fece uscire un altro prodotto totalmente diverso, Le verità nascoste.

A fronte di un budget piuttosto importante – 90 milioni di dollari – fu un ottimo successo commerciale: quasi 430 milioni in tutto il mondo.

Di cosa parla Cast Away?

Chuck è un dipendente piuttosto appassionato della FedEx, che si trova in una situazione ai confini del mondo…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Cast Away?

Tom Hanks in Cast Away (2000) di Robert Zemeckis

Assolutamente sì.

Cast Away è stata una bellissima sorpresa: Zemeckis riprese il sodalizio con Tom Hanks dopo l’ancora più iconico Forrest Gump (1998), per confezionare un prodotto piuttosto appassionante e splendidamente diretto.

Infatti, il regista statunitense sceglie consapevolmente di non abbracciare un taglio narrativo troppo idealizzato, preferendo invece una regia al limite del found footage, ma nondimeno ben dosata.

Insomma, da non perdere.

L’incastro perfetto

Tom Hanks in Cast Away (2000) di Robert Zemeckis

L’incipit di Cast Away è ingannevole.

La pellicola non ci introduce immediatamente il protagonista, ma ci accompagna alla scoperta dell’azienda di riferimento – la FedEx – per raccontarci il suo più appassionato dipendente, facendoci anche intendere che il suo lavoro lo tiene lontano da casa.

Così, nonostante l’insistenza del protagonista, le diverse chiamate senza risposta di Kelly ci fanno sospettare che la compagna sia insoddisfatta del comportamento di Chuck, fino al momento in cui va a trovarla in ufficio…

Tom Hanks e Helen Hunt in Cast Away (2000) di Robert Zemeckis

…e invece Kelly e Chuck sono fatti l’uno per l’altra: nonostante la turbolenta agenda del protagonista, i due riescono a trovare l’incastro perfetto nelle loro vite, con in sottofondo una proposta di matrimonio mai avvenuta.

L’ultimo incontro fra i due si chiude con un emozionante commiato, in cui Chuck sembra lasciare alla compagna qualcosa da cui tornare, così da rassicurarla che passeranno il Capodanno insieme come le aveva promesso.

Ma il destino è crudele.

Il grande silenzio

Tom Hanks in Cast Away (2000) di Robert Zemeckis

Già con l’incidente aereo, Zemeckis sperimenta con la regia.

Un utilizzo piuttosto attento di inquadrature sbilenche e imprevedibili, che alternano fra particolari, primi piani e soggettive piuttosto drammatiche del protagonista, lasciando anche il giusto spazio ai frangenti più violenti, permettendo un’immersione nella scena davvero vincente.

Così anche per i primi momenti dell’isola si sceglie un taglio il più possibile verosimile: i tentativi impacciati e disordinati del protagonista di sopravvivere sono del tutto credibili, anzi rappresentano a grandi linee quello che noi stessi faremmo in una situazione analoga.

Tom Hanks e Helen Hunt in Cast Away (2000) di Robert Zemeckis

Così l’intera sequenza è dominata da un costante silenzio, inframmezzato solo dai gemiti e dalle poche parole che il protagonista pronuncia, mentre la frustrazione e la disperazione lo assalgono…

…soprattutto quando cerca di trovare qualche uso per quei pacchi della FedEx, un tempo fondamentali, ora di dubbia utilità.

Infatti appare evidente che la più grande sofferenza di Chuck non sia la mancanza di cibo, ma la profonda solitudine che lo divora, la devastante frustrazione che lo obbliga a stare in silenzio e non poter neanche esprimere ad alta voce i suoi pensieri…

E così avviene il cambiamento.

Wilson, mi ascolti?

Tom Hanks e Helen Hunt in Cast Away (2000) di Robert Zemeckis

Il punto di svolta è definito da due momenti – l’uno conseguente all’altro.

Il primo ovviamente è Wilson, a cui Chuck sceglie di dare un volto per giustificare un dialogo con lui, riuscendo finalmente a vincere questo assordante silenzio, e così ad avere uno scambio utile non solo a non impazzire, ma anche a mettere in ordine le idee.

Questa scelta rappresenta proprio la consapevolezza di Chuck sul fatto che questa situazione anomala non si risolverà tanto in fretta.

Da qui, la scelta di togliersi violentemente il dente guasto.

Tom Hanks e Helen Hunt in Cast Away (2000) di Robert Zemeckis

Non a caso, proprio da qui parte un salto in avanti nel tempo di ben quattro anni, che ci rivela un protagonista ben più disperato, che ormai vive in funzione di due elementi: il ricordo di Kelly, che sia va via sbiadendo come la sua foto, e il dialogo con Wilson, che ha cercato di rendere un interlocutore sempre più credibile.

Così, quando sembra davvero al limite della disperazione e della follia, tornato al suo stato naturale, in realtà Chuck dimostra una sorprendente lucidità nel continuare a cercare di trovare una via di fuga – persino tramite il suicidio.

Per questo, l’effettivo abbandono dell’isola è un momento chiave piuttosto potente.

In particolare, per quanto riguarda Wilson: prima di partire Chuck gli regala una forma definitivamente umana – un corpo di legno – per poi perderlo nei flutti, disperandosi all’idea di aver maltrattato quello che per me anni era stato il suo unico compagno di vita.

Il crocevia

Nei suoi momenti finali, Cast Away sceglie di non banalizzarsi.

Sarebbe stato molto facile cavalcare l’onda emotiva di Chuck e Kelly, e così disfare quel matrimonio probabilmente di ripiego per ricomporre la coppia – e in effetti l’incontro a casa della donna, con anche la corsa disperata sotto la pioggia, farebbe intendere questa direzione.

E invece la scrittura ci sorprende.

Riportando Kelly a casa, Chuck prende finalmente consapevolezza di un concetto molto importante: come la sua vita non era finita il giorno in cui è naufragato, come non è finita quando ha provato a suicidarsi, così non è finita adesso che non può più realizzare il suo sogno d’amore.

Infatti, nel finale il protagonista si trova in un effettivo crocevia: il destino gli sta dando l’occasione di una nuova vita, di provarci con un’altra donna a cui sembra inevitabilmente collegato proprio per la sua avventura.

E così Chuck si posiziona al centro dell’incrocio e guarda serenamente in camera, come a dirci:

E adesso cosa facciamo?