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Gone girl – Un thriller atipico

Gone girl (2014) di David Fincher è un thriller atipico, che permise al regista di tornare su pattern per lui più consueti, dopo Millennium – Uomini che odiano le donne (2011) – un remake piuttosto discutibile.

La pellicola fu anche il più grande successo commerciale della sua carriera: a fronte di un budget comunque consistente – 61 milioni di dollari – ne incassò quasi 370 in tutto il mondo.

Di cosa parla Gone girl?

Dopo una giornata come tante, Nick torna a casa e trova una situazione inaspettata: un silenzio funebre e un tavolo distrutto a terra. E da lì parte una vicenda piena di colpi di scena…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Gone girl?

Assolutamente sì.

Gone girl è uno dei miei film preferiti di David Fincher, uno di quei registi che si migliora film dopo film – nonostante qualche capitombolo sulla strada. Una regia elegante, una fotografia enigmatica e quasi lugubre, con due attori protagonisti perfettamente in parte.

Una pellicola che al contempo porta uno spunto interessante per riflettere sulla società odierna e su quanto l’immagine pubblica sia spesso fondamentale per l’evoluzione per cambiare le sorti stesse di una persona, di come la verità possa essere manipolata più facilmente di quanto si pensi…

Un matrimonio come tanti

La storia di Amy e Nick è sorprendentemente breve.

Solo cinque anni, in cui la loro relazione passa dall’essere un sogno romantico, che sembra risolvere anche emotivamente la difficile situazione familiare di Amy, a prendere vie ben più tragiche, facendo anche emergere la vera natura dei suoi protagonisti.

In realtà, come tipico in ambito statunitense, la coppia si è sposata molto presto con l’idea di sistemarsi in fretta, ma scoprendo altrettanto in fretta come la luna di miele iniziale non era altro che un sogno.

In generale tutti i problemi della coppia ruotano intorno alla famiglia: i contrasti nascono per le intromissioni – volute o meno – dei rispettivi genitori. Prima Amy deve concedere una grossa somma di soldi ai suoi genitori senza chiederlo a Nick, azione che porta lo stesso ad una ripicca piuttosto infantile.

E poi tutto crolla definitivamente quando Amy deve del tutto allontanarsi dal suo habitat, e andarsi ad incastrare in un contesto che non le appartiene per nulla: la realtà suburbana, a cui Nick invece è molto legato.

Da quel momento diventa un’ombra nella vita del marito, che decide di andare a cercare la sua felicità altrove. E il suo tentativo di concludere definitivamente la relazione è il trigger definitivo per il piano che Amy aveva già da tempo in mente.

Scrivere una buona storia

Il piano di Amy è perfetto.

Si comincia con una riscrittura della loro storia: basta scrivere un diario particolarmente toccante, dove si mischia verità e fantasia, riempiendolo di elementi per la maggior parte impossibili da provare.

E allo stesso modo ricostruisce l’identità di Nick, basandosi su tratti in realtà già esistenti, e aggravandoli: le sue mani bucate, il suo tradimento, la sua violenza. Fino ad arrivare alla colpevolezza per omicidio.

Tutti i pezzi sono perfettamente posizionati sulla scacchiera.

E Nick non è un avversario degno.

Infatti, il marito è totalmente ignaro delle intenzioni della moglie, totalmente incapace di evitare gli ostacoli perfettamente costruiti che lei gli ha posto lungo la strada. Anzi vi inciampa più e più volte, in maniera ogni volta più sospettosa

Ed è ancora più fallibile tanto più le sue colpe erano effettivamente esistenti: era effettivamente un marito assente, adultero e del tutto ignaro di come la moglie passasse il suo tempo. E una volta le aveva davvero messo le mani addosso…

Ma Nick in parte riesce a salvarsi.

Un nuovo piano

Amy non è infallibile.

Anche se sembra assolutamente determinata a compiere fino alla fine la sua vendetta, non è preparata agli imprevisti. E così il suo assumere un’altra identità fallisce, e si trova spogliata, derubata. E deve passare ad un piano alternativo.

Inizialmente Amy sembra in un limbo, insicura sul da farsi: ancora per qualche scena sceglie di rimanere con l’aspetto della non-Amy, nonostante le insistenze di Desi.

E con la stessa butta le prime carte in tavola e lo circuisce con grande semplicità: basta ripetere la storia strappalacrime creata ad arte, già sperimentata e già funzionante.

Ma Nick le fa cambiare idea.

Per farla tornare da lui ed evitare la sedia elettrica, Nick prende le vesti di quel marito perfetto e premuroso che Amy ricercava in lui, anche solo nelle apparenze. E funziona.

Quindi Amy medita un nuovo piano, il cui primo atto è diventare la compagnia piacente e desiderabile per Desi: si taglia i capelli, sceglie un biondo freddo e tagliente, indossa solamente lingerie sensuale. E recita perfettamente la parte della vittima.

E poi, con una mossa fulminea, uccide l’uomo che si era davvero fidato di lei.

Troppo tardi

Amy ritorna a casa.

In un altro contesto, la sua storia sarebbe stata immediatamente verificata e messa in dubbio in più punti – e con convinzione.

Invece Amy si mette addosso le vesti della martire e gioca benissimo con quanto che aveva già costruito finora: la moglie tradita e maltrattata, che si è salvata da sola e vuole ricostruire il proprio matrimonio.

Nonostante evidentemente nulla torni.

Ma la pressione mediatica è così forte che Amy si sente totalmente al sicuro nel mettere in scena la facciata piuttosto convincente del matrimonio perfetto, che in realtà nasconde lo stesso incubo che lei aveva raccontato nel diario, ma a parti invertite.

E Nick non può scappare…