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Zodiac – Il caso infinito

Zodiac (2007) di David Fincher fu il film con cui il regista tornò al genere del thriller puro, prendendo in parte le mosse da Seven (1997), pellicola per cui si era ispirato proprio al caso del Killer dello Zodiaco.

A fronte di un budget abbastanza sostanzioso (65 milioni di dollari), incassò piuttosto poco: appena 84 milioni di dollari in tutto il mondo.

Di cosa parla Zodiac?

Davanti al caso di uno dei più enigmatici e spietati serial killer della storia statunitense, il timido disegnatore Robert Graysmith cerca di far luce dove la polizia brancola…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Zodiac?

Jake Gyllenhaal e Robert Downey Jr. in una scena di Zodiac (2007) di David Fincher

In generale, sì.

Non vedevo questo film da anni, nonostante ne avessi un buonissimo ricordo. E non mi sono di certo annoiata, però devo ammettere che, se non ci si sente coinvolti con la storia e, più in generale, se non si ha un minimo di interesse per il true crime, ci si potrebbe perdere facilmente nei dialoghi verbosi ed incredibilmente dettagliati dei personaggi.

Infatti, Zodiac non vuole essere un film semplice, che adatti la complessità del caso del Killer dello Zodiaco in modo che sia digeribile anche per il pubblico non esperto. Anzi, tutto il contrario: il film va estremamente nei particolari e sceglie un taglio verosimile e realistico, con pochi momenti di vera tensione.

Insomma, se con questa descrizione vi siete già annoiati, non ve lo consiglio.

Un killer banale

La particolarità del Killer dello Zodiaco fu il mito che si creò intorno ai suoi omicidi.

E fu tanto più peculiare tanto che il suo modus operandi non aveva niente di particolare o interessante, ma molto spesso si trattava semplicemente di uccisioni a sangue freddo. Insomma, se lo paragoniamo ad altri protagonisti della golden era dei serial killer statunitensi – Jeffrey Dahmer, per dirne uno – Zodiac appare decisamente il più banale.

Infatti, l’interesse intorno al suo caso nacque per due motivi: l’apparente impossibilità di catturarlo e il mito che lui stesso si costruì.

Zodiac mostra molto chiaramente la difficoltà, financo l’impossibilità, di identificare il vero colpevole nel marasma di prove e piste puramente indiziarie, che porta tutt’oggi questo caso ad essere ancora aperto.

Al contempo, fu il killer stesso – o chi per lui – ad alimentare il suo stesso mito, attraverso lettere deliranti ed enigmatiche – che in realtà non lo erano poi così tanto…

La complessità intrinseca

Jake Gyllenhaal in una scena di Zodiac (2007) di David Fincher

Zodiac sceglie consapevolmente di essere complesso.

Come pubblico siamo abituati a thriller con un andamento tutto sommato lineare e complessivamente comprensibile – persino Seven, da un certo punto di vista – in cui noi stessi possiamo unire tutti gli indizi del caso ed arrivare soddisfacentemente alla rivelazione del killer.

Nel caso Zodiac non vi è nulla di semplice: dal momento che le prove sono pochissime ed indiziare, il caposaldo del caso sono le lettere stesse del colpevole, attraverso le quali si è cercato di identificarlo. Tuttavia, lo stesso metodo ha portato all’esclusione di sospettati piuttosto promettenti…

Tanto più complesso quanto la valutazione della grafia delle lettere non sembrava al tempo seguire una linea così precisa e netta, e si ipotizzava anche la possibilità che il killer avesse mutato appositamente la sua grafia…

L’ossessione dello spettatore

Jake Gyllenhaal in una scena di Zodiac (2007) di David Fincher

Nel terzo atto, quando il caso sembra arrivato ormai ad un vicolo cieco, il film incalza la tensione e mette quasi del tutto al centro della scena Robert. E così lo spettatore segue la sua folle, impossibile impresa di smascherare Zodiac.

Ed è tanto più impossibile tanto più avvincente.

Infatti, anche se lo spettatore è consapevole che il caso non ha una conclusione, nondimeno può essere facilmente travolto dalla ricerca del protagonista, che si barcamena fra brandelli di prove, possibili collegamenti, ma mai niente di veramente concreto e definitivo…

Effettivamente le prove erano così indiziarie, i riscontri così dubbi – senza contare quel pizzico di sfortuna che ha definitivamente troncato il caso quando sembrava alla svolta – che il film assume un sapore quasi estenuante, ma non di meno coinvolgente, nella sua chiusura.