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The Social Network – Unfriend?

The Social Network (2010) di David Fincher, nonostante non sia magari il suo film migliore, è in assoluto il mio preferito della sua produzione. Sarà per la regia impeccabile, l’eleganza della messinscena, la scrittura perfetta di Aaron Sorkin…comunque io lo rivedo sempre con estremo piacere.

A fronte di un budget non indifferente – 40 milioni di dollari – incassò piuttosto bene: quasi 225 milioni di dollari in tutto il mondo.

Di cosa parla The Social Network?

Dietro ogni grande uomo, c’è un grande dramma: il racconto della creazione del più importante (?) social media, Facebook, e della turbolenta storia di Mark Zuckerberg. Ovviamente, piuttosto romanzata.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere The Social Network?

Jesse Eisenberg in una scena di The Social Network (2010) di David Fincher

Assolutamente sì.

Ovviamente sono molto di parte, ma è innegabile che The Social Network goda di una scrittura sublime e di una regia attenta e curata, con un approfondimento interessantissimo dei personaggi – pur nel suo voler romanzare moltissimo la vicenda.

Un casting praticamente perfetto, con attori che sembrano essere nati per il ruolo – in particolare Andrew Garfield in una delle sue migliori interpretazioni. Una vicenda appassionante, che non vive di divisioni nette, ma di un’interessantissima scala di grigi che, arrivati alla conclusione, lascia uno strano sapore amaro in bocca…

Una fredda cornice

Andrew Garfield in una scena di The Social Network (2010) di David Fincher

Uno degli elementi che apprezzo di più della pellicola è la scelta della cornice.

Apparentemente è la parte più fredda del film, in cui i protagonisti devono ripercorrere le loro vicende davanti a dei rigidi burocrati. Ed invece è proprio qui che si dà un maggiore spazio alla loro emotività più profonda.

Infatti, nei flashback per la maggior parte del tempo i personaggi, nonostante abbiano davanti agli occhi tutti i segni della distruzione imminente, continuano ad essere speranzosi e propositivi.

Sembra infatti esserci sempre lo spazio per tornare sui propri passi, per tenere in piedi un rapporto che si sta lentamente sgretolando…

Nel presente è tutto il contrario.

Jesse Eisenberg in una scena di The Social Network (2010) di David Fincher

Nel presente del processo ormai tutti i giochi sono fatti, tutte le carte sono state svelate: non c’è possibilità di risolvere nulla, ma piuttosto di sfogarsi, e fare in modo che questi sfoghi e questi torti trovino un riconoscimento legale.

E questa stessa emotività porta anche ad una fantastica costruzione della suspense, in particolare nelle battute finali: per gli ultimi momenti della testimonianza di Wardo si parla di trappola e di condanna a morte. Termini forti, che colpiscono al cuore, e che raccontano tutta la drammaticità della vicenda.

Emblematica in questo senso una delle ultime battute della giovane avvocatessa:

When there’s emotional testimony, I assume 85% of it is exaggeration.

In una testimonianza emotiva, do per scontato che l’85% delle dichiarazioni siano esagerate.

La spietatezza

Jesse Eisenberg in una scena di The Social Network (2010) di David Fincher

Nonostante, per le parole dello stesso film, Mark non sia una cattiva persona, è quasi inconsciamente spietato nel suo agire. Il futuro multimiliardario vuole portare avanti le proprie idee fondamentalmente mettendo al primo posto il successo, e solo dopo le persone.

E questo comportamento si trova fin dalle battute iniziali: dopo essere stato scaricato da Erica, Mark crea un sistema umiliante per catalogare le ragazze, andando fra l’altro ad usare le immagini senza il loro consenso.

Jesse Eisenberg in una scena di The Social Network (2010) di David Fincher

Quella che potrebbe essere un’azione da condannare diventa invece un successo, che lo mette in contatto con i fratelli Winklevoss, che gli forniscono l’idea primaria per la sua futura e proficua azienda.

Ma, quasi per pura antipatia, il protagonista li inganna e sviluppa il progetto alle loro spalle.

L’ultima e più importante vittima della sua spietatezza è Wardo: nonostante senza il suo sostegno non avrebbe potuto in alcun modo creare Facebook, Mark non ci mette poi tanto a scaricarlo a favore di Sean, quando questo si dimostra ben più intraprendente e calzante con il suo progetto.

E lo stesso Sean, quando si dimostra inaffidabile, viene escluso dal progetto.

Una persona difficile?

Jesse Eisenberg in una scena di The Social Network (2010) di David Fincher

Insomma, Mark è un personaggio problematico.

Una persona creativa e estremamente intelligente, ma fin troppo consapevole delle sue capacità e della sua superiorità rispetto agli altri, con un comportamento anche alimentato dalla stessa istituzione di cui fa parte: Harvard, considerata una delle università migliori degli Stati Uniti.

Tuttavia, Mark vorrebbe avere tutto: l’intelligenza e il successo anche in un contesto sociale che gli sembra precluso. E, soprattutto, vorrebbe essere attraente e desiderabile: vorrebbe, insomma, essere un po’ più simile a Wardo e ai Winklevoss.

Nel suo non riuscirci, si incattivisce e diventa sempre più chiuso in sé stesso e nella sua creazione, andando ad escludere appunto tutte quelle persone con un fascino desiderabile, ma è cui è indubitabilmente superiore dal punto di vista intellettivo.

Ma fanno tutti parte del problema.

Un mondo maschile

Il mondo di The Social Network è un mondo a predominanza maschile.

Se ci fate caso, tutte le persone coinvolte nel progetto di Facebook sono uomini, e i personaggi femminili sono sempre di contorno, oltre a ritrovarsi, molto spesso, esplicitamente esclusi dall’attività al centro della scena.

La scena più emblematica in questo senso è quando Sean scopre che Mark si è trasferito in California, e lo va a trovare con la ragazza di turno. Il protagonista quindi lancia a Parker e alla ragazza delle birre: Sean le afferra senza problemi, mentre la ragazza per due volte non riesce a prenderle e si dimostra piuttosto imbarazzata.

Poi, rimane in silenzio per il resto della scena.

Rooney Mara in una scena di The Social Network (2010) di David Fincher

Discorso diverso per Erica.

La scena di apertura del film è già di per sé rivelatoria: ci racconta immediatamente il protagonista nel suo egocentrismo e la sua presunta superiorità. Ma la stessa gli si rivolta contro, andando a negargli appunto quell’unica conferma sociale che una ragazza avrebbe potuto dargli.

La stessa ragazza che, anche se probabilmente involontariamente, umilia.

E, nonostante Mark ci provi in diverse occasioni, in nessuna di queste Erica gli permette di risolvere il danno che ha fatto – o, più che altro, non gli permette di ricucire il loro rapporto, la cui conclusione è stata per lui un vero smacco.

L’altro rapporto che racconta la sottile misoginia del protagonista è Marylin Delpy, la giovane avvocata con cui dialoga sul finale.

Più volte Mark si confronta con lei in brevi momenti durante il processo, e per la maggior parte del tempo la tratta con distacco e sufficienza, come se non meritasse la sua attenzione. Ma è alla fine la stessa che lo rimette al suo posto, facendogli capire qual è la cosa migliore.

Mettere da parte la sua arroganza e accettare la sconfitta.

E sempre Marylin gli nega la possibilità di intraprendere una nuova relazione, portando Mark a cercare di riconciliarsi ancora una volta – evidentemente inutilmente – con Erica, in maniera sconsolata e insistente…