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Stranger Things 3 – Finalmente l’horror

Stranger Things 3 ovvero la terza stagione di una delle serie di maggior successo di Netflix, fu la prima che ebbe il sapore di evento.

Il nuovo ciclo di episodi uscì dopo che i fan erano rimasti a bocca asciutta per ben due anni. E questa volta i Duffer Brothers vollero puntare sul fattore novità, dopo una seconda stagione che, pur ottima, sembrava un more of the same della prima.

In questa stagione invece ci si concentra molto di più sull’entrata dei protagonisti nell’età adolescenziale, proprio nell’estate prima del loro approdo al liceo, con tutte le conseguenze del caso (e non sempre piacevoli).

Ma la novità più importante, ulteriormente confermata dalla stagione successiva, è finalmente la scelta di puntare davvero sul genere horror.

Di cosa parla Stranger Things 3?

Nella terza stagione i protagonisti, ormai adolescenti, si districano nelle loro relazioni sentimentali appena sbocciate, con tutto il dramma che solo l’adolescenza può regalare…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di guardare Stranger Things 3?

Sadie Sink, Caleb McLaughlin, Finn Wolfhard, Noah Schnapp e Millie Bobbie Brown in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Assolutamente sì.

La terza stagione di Stranger Things è fra le mie preferite, seconda solo alla prima. Sicuramente, se vi è piaciuta la serie fino a qui, non potete perdervi questa terza stagione, che porta grande freschezza al prodotto, smarcandosi dall’atmosfera di Halloween come le prime due.

Inoltre, come anticipato, ci si avvicina definitivamente al genere orrorifico, ispirandosi meravigliosamente alle atmosfere de La Cosa (1982), il principale riferimento dell’intera stagione.

E già questo è tutto un programma.

Top Stranger Things 3

Robin: una scelta vincente

Maya Hawke in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Robin è stata la scelta migliore che Stranger Things potesse mai fare. Per chi non lo sapesse, questa splendida attrice è figlia di Uma Thurman e Ethan Hawke, e questo ci dice già molte cose.

Un personaggio davvero stupendo, che in una sola stagione è entrata nel cuore dei fan dal primo minuto, confermando la capacità dei Duffer Brothers di saper introdurre e creare sapientemente nuovi personaggi, soprattutto femminili.

Robin viene da subito inclusa nella coppia esplosiva di Dustin e Steve, dimostrandosi immediatamente capace e di fatto fondamentale per sciogliere il mistero. Così è adorabile il suo rapporto con Steve: ci hanno illuso per un’intera stagione, introducendo invece a sorpresa il primo personaggio queer (dichiarato) della serie.

Un mistero ben costruito

Il Mind Flayer in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Dopo un tentativo di cambiare rotta nella seconda stagione, in questo ciclo di episodi si è deciso di tornare alle dinamiche della prima stagione, in cui i personaggi scoprono autonomamente un pezzo del mistero, per poi incontrarsi per il combattimento finale.

Ho decisamente preferito che il mistero fosse presente fin dalla prima puntata, così che le trame secondarie, soprattutto quelle teen, non siano così pressanti, ma anzi portino dei momenti importanti della trama. Proprio come nella prima stagione, appunto.

Inoltre, finalmente il personaggio di Billy, che avevo poco apprezzato alla sua introduzione, ha un senso di esistere. E in generale la trama horror l’ho trovata veramente ottima, terrificante al punto giusto, senza mai scadere nello splatter troppo spinto.

La follia dell’adolescenza

Caleb McLaughlin, Finn Wolfhard e Noah Schnapp in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Max dumped me like five times

Per quanto la parte teen sia quella che mi interessa di meno in assoluto, devo riconoscere che, a differenza di come era stata trattata la trama di Nancy nella prima stagione, in questo caso si procede con uno sferzante e quasi folle realismo.

Infatti, è assolutamente credibile che i protagonisti, comunque ancora molto giovani (dovrebbero avere ancora quattordici anni) non riescano a districarsi agevolmente in queste relazioni nuove di zecca.

Anche se, come spiegherò nella parte flop, su alcune cose hanno esagerato, tutto sommato è ben scritta.

La parte più triste è l’altro lato della medaglia, Will.

Indipendentemente da quello che viene rivelato nella quarta stagione, il suo personaggio si sente totalmente tradito dal nuovo atteggiamento dei suoi amici, che sono saltati sul carro dell’adolescenza prima di quanto lui si aspettasse e prima che fosse pronto a sua volta.

L’evoluzione di Eleven

Millie Bobbie Brown in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Per me questa non è la stagione migliore per il personaggio di Eleven. Tuttavia, secondo lo stesso ragionamento di quanto detto sopra, il suo comportamento è assolutamente credibile e realistico.

Lei infatti è sicuramente il personaggio più spaesato dalla sua relazione con Mike, e anche quella che ha il piglio più ribelle fin dalla prima stagione.

Purtroppo, come spiegherò dopo, il suo personaggio è davvero inquinato dalla presenza di Max, ma è quantomeno bello vederla evolversi in strade che non riguardino solamente i suoi poteri.

Oltre a questo, il rapporto con Hopper, per quanto faccia un passo indietro, è davvero esilarante, soprattutto per la scena in cui minaccia Mike. E per questo vi lascio qua sotto i bloopers, gustosissimi soprattutto per la scena appunto in cui Hopper cerca di parlare con Mike e El.

Personaggi secondari esplosivi

Oleh Yutgof e Priah Ferguson in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Come nella scorsa stagione, anche in questa sono stati introdotti (o reintrodotti) dei bellissimi personaggi secondari.

Anzitutto Erica, che era già presente nella scorsa stagione ma che in questo ciclo di episodi è diventata qui molto più protagonista. Io, personalmente, la trovo davvero esilarante. E mi piace molto anche il discorso che lei cerca di essere la cool girl che vuole prendere in giro di nerd, pur essendolo lei stessa.

E alla fine accettando questa parte di sé.

Ma la grande sorpresa di questa stagione è stato sicuramente Alexei, che segue purtroppo la stessa via di Bob nella scorsa stagione: un personaggio chiave, che adori fin dal primo minuto, che raggiunge il suo climax, e viene brutalmente eliminato appena ha concluso la sua funzione.

Flop Stranger Things 3

Max: la difficoltà di portare avanti un personaggio

Sadie Sink e Millie Bobbie Brown in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Per me Max rappresenta il problema principale della stagione: non sapersi dare dei limiti.

Il suo personaggio diventa inutilmente aggressivo e fondamentalmente stupido, facendosi portavoce in maniera del tutto insensata di ideali anche giusti, inquinati dal suo isterismo e dalla sua irrazionalità.

Oltre a questo, il fatto che Max stia sbagliando è evidente da quanto la regia indugi su Mike, che non sa come comportarsi davanti alla sua amica che sbotta cose assurde su come lui non sia a capo delle decisioni di Eleven.

Oltretutto Mike è un personaggio evidentemente positivo, che evidentemente si preoccupa di Eleven e della sua incolumità. E, dopo averla persa già una volta, è del tutto comprensibile. Insomma,

Max è una grande occasione persa di un personaggio introdotto molto bene, ma del tutto appiattito in questa stagione.

Il punto più basso di Nancy

Natalia Dyer in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Non è un mistero che per me Nancy sia la parte più debole di tutto Stranger Things, e in questa stagione raggiunge il suo punto più basso.

In questi episodi è infatti associata ad una dinamica se possibile ancora più ridicola e assurda di quelle di Max, in cui è fortemente bullizzata dalla redazione nel giornale.

Ma, appunto, per la dinamica poco credibile, non sono riuscita né a credere a quello che vedevo né ad esserne coinvolta.

I suoi atteggiamenti li trovo sempre al limite dell’estenuante, perché sembra sempre che faccia le cose non per un obbiettivo, ma per dimostrare qualcosa. Sicuramente è un personaggio in cui tante giovani donne possono identificarsi, soprattutto rendendola (a mio parare in maniera ridicola) la donna forte e protagonista dell’azione.

Non è il mio caso.

Devo piangere?

David Harbour e Winona Ryder in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Per quanto la trama di Hopper e Joyce mi sia piaciuta molto, ho davvero mal sopportato, anche se a posteriori, l’apparentemente morte di Hopper, che è stata smentita immediatamente dalla scena post credit dell’ultima puntata.

Mi è sembrata la classica scelta che porta alla lacrima facile dello spettatore, togliendo di mezzo uno dei personaggi più amati della serie, con una costruzione anche abbastanza raffazzonata.

Il mio problema con La storia infinita

Questo non è di per sé un flop, ma una mia confessione.

La scena di Suzie e Dustin che, totalmente a sorpresa, cantano la canzone di La storia infinita (1984), ha fatto impazzire moltissimi.

Purtroppo, non è il mio caso: quel film non è per nulla un cult della mia infanzia. Ed è stato micidiale non trovarsi nel target per una scena che evidentemente voleva emozionare.

La stessa sensazione che si potrebbe provare quando, guardando Spiderman No Way Home (2021), vedere arrivare gli Spiderman di Garfield e Mcguire senza conoscerli per nulla.

Come in tutte le stagioni di Stranger Things, anche questa è piena di riferimenti a fenomeni culturali e sociali del periodo.

Ma in questo caso vale la pena di spenderci due parole.

Il primo riferimento importante riguarda i centri commerciali: l’apertura del nuovo shopping centre a Hawkins diventa la maggiore attrattiva per i protagonisti, ancora di più della Sala Giochi nella scorsa stagione.

Ed è assolutamente realistico: per centri così piccoli come Hawkins, avere a portata di mano un luogo in cui, a poca distanza, si potesse godere di tutti i benefici di vivere in una grande città, era una bellissima ed emozionante novità.

Ma ancora più interessante è inserire la New Coke, un caso studio di marketing fallimentare.

Nell’aprile del 1985 la Coca Cola provò a rilanciarsi cambiando la formula della sua bevanda iconica, scatenando delle asprissime polemiche (le stesse che vediamo nella serie, appunto).

Un esperimento brevissimo: l’11 luglio 1985 (pochi giorni dopo la conclusione della terza stagione) venne ripristinata la formula originale, denominata Coca Cola Classic.

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Stranger Things 2 – Niente cambia, tutto cambia

Stranger Things 2 è la seconda stagione di una delle serie tv di punta di Netflix, cresciuta di pubblico e popolarità nel corso degli anni.

La seconda stagione arrivò a solo un anno di distanza dal primo ciclo di episodi (a differenza delle successive), cercando di proporre qualcosa di nuovo per un seguito che non era stato originariamente veramente pensato.

Non avevo un ricordo del tutto positivo della seconda stagione. Per fortuna ad una seconda visione mi sono dovuta ricredere, apprezzandola quasi quanto la prima.

Tuttavia, questa stagione ha un problema fondamentale: compie un tentativo incredibilmente fallimentare di ampliare la narrazione, dimenticandosi ingenuamente dei suoi punti di forza.

Di cosa parla Stranger Things 2

Stranger Things 2 si concentra su diverse storyline, la cui principale riguarda Will: ad un anno di distanza dal suo terribile viaggio nel Sottosopra, il ragazzino è tormentato da una nuova minaccia…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Vale la pena di vedere Stranger Things 2?

Noah Schnapp, Finn Wolfhard, Gaten Matarazzo e Caleb McLaughlin in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

In generale, sì.

Se avete apprezzato la prima stagione e se soprattutto vi siete appassionati ai protagonisti, non potete perdervi il secondo ciclo di episodi.

Per quanto in parte sia un po’ la stagione minore di quelle finora uscite, continua a non sbagliare un colpo e ad essere un ottimo prodotto di intrattenimento, colmo di citazioni alla cultura pop e alla produzione cinematografica degli Anni Ottanta.

Se non avete mai visto Stranger Things, che cosa ci fate qui? Ho scritto un articolo apposta per voi.

Top Stranger Things 2

Will: l’inaspettato

Noah Schnapp in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Non è stato per nulla facile scegliere il mio personaggio preferito per questa stagione.

La mia scelta è infine ricaduta su Will.

Rimasto praticamente fuori scena per la maggior parte nel primo ciclo di episodi, nella seconda stagione diventa quasi più protagonista di Eleven. Ho davvero apprezzato la costruzione della sua storia, temendo davvero per la vita di Will, personaggio apparentemente inerme davanti al Mind Flayer che lo domina.

Inoltre, davvero inaspettata la recitazione di Noah Schnapp, che a soli dodici anni è riuscito a portare una performance veramente convincente e al contempo straziante, utilizzando ottimamente tutte le sue capacità per la recitazione corporea.

Peccato che alla fine della stagione il suo personaggio venga di nuovo messo da parte, tendendo un po’ a dimenticarselo nelle stagioni successive.

Max: the new girl

Sadie Sink in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Max è la grande introduzione della stagione.

I Duffer Brothers avevano l’arduo compito di portare in scena un nuovo personaggio femminile in un cast ancora principalmente maschile, con il rischio di appiattirla come la ragazza del desiderio dei protagonisti.

Ammetto che Max non è mai stato un personaggio con cui mi sono affezionata, sia perché è una ragazza chiusa e con cui è difficile empatizzare sulle prime, sia perché l’ho poco apprezzata nella terza stagione.

Sadie Sink in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Tuttavia, Mad Max è un personaggio interessante, che non vuole essere una Eleven parte 2, ma al contrario una ragazzina con un passato tormentato e all’interno di una relazione violenta con il fratello adottivo.

E che è infine capace di mettere i giusti paletti nella loro relazione, dopo una stagione passata ad essere terrorizzata da Bill.

Oltre a questo, ancora vincente la sua relazione con i protagonisti, abbastanza simile per dinamiche a quelle di Eleven: cerca di essere il più possibile realistica e credibile, sia per la sua riluttanza ad entrare nel gruppo, sia per la sua incredulità rispetto al Sottosopra.

Dustin, Steve & Dart

Joe Keery e Gaten Matarazzo in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Una bella scoperta della stagione è stato Steve, personaggio comunque non del tutto appiattito neanche nella scorsa stagione, ma che finalmente diventa un personaggio interessante.

E chi poteva portarlo lontano dall’inutilità della quota teen della serie se non Dustin, che non a caso è, insieme ad Hopper, il mio personaggio preferito di Stranger Things. Letteralmente Dusty, quando Steve si sta recando da Nancy per riconciliarsi, lo prende per mano e lo coinvolge nell’avventura.

E, inaspettatamente, Steve si rivela buon amico e fratello maggiore per Dustin, cercando di aiutarlo a farlo sentire più sicuro di sé stesso e per riuscire a conquistare Max.

Nonostante gli dia dei consigli veramente stupidi, è adorabile lo sbocciare del loro rapporto, che ha il suo climax nelle scene finali del ballo della scuola.

Al contempo, per quanto secondario, ho trovato davvero piacevole l’arco narrativo di Dustin e Dart, il demodog che Dustin alleva come un suo piccolo animaletto, e che riesce a tenerlo a bada fino all’ultimo, in una scena davvero adorabile.

Bob: eroe o carne da macello?

Sean Austin e Winon Ryder in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Da questa stagione in poi i Duffer Brother hanno cominciato a prendere la fastidiosa abitudine di introdurre personaggi a cui il pubblico si affeziona immediatamente, per poi farli morire nel peggior modo possibile.

Bob è infatti una parte bellissima e terribile di questa stagione: un’occasione per Joyce di trovare una felicità e una vita semplice altrove, un personaggio fondamentale nella risoluzione del mistero, ma evidentemente anche un personaggio sacrificabile quando smette di essere utile.

E non è stato certo un caso la scelta di un attore così amato dal grande pubblico: Sean Astin è l’indimenticabile Sam della trilogia de Il signore degli anelli, personaggio entrato nel cuore di molti.

Hopper e Eleven: un rapporto in divenire

David Harbour e Millie Bobbie Brown in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Il rapporto fra Hopper e Eleven è probabilmente la parte più toccante della stagione: per quanto non mi abbia convinto del tutto il modo in cui inizia, in quanto non adeguatamente spiegato, la loro relazione è potente quanto straziante.

Di fatto troviamo un padre che cura una ragazza sconosciuta come se fosse sua figlia e al contempo la stessa che si crede invincibile ed è, per questo, incontrollabile. E questo porta anche ad un antagonismo e ad una mancanza di fiducia tipica dei rapporti del periodo dell’adolescenza, che si evolverà ulteriormente nella prossima stagione.

Tuttavia, infine i due riescono felicemente a riconciliarsi, ammettendo in maniera molto matura le rispettive colpe, gettando le basi per un nuovo e importante rapporto.

Flop Stranger Things 2

Uno spin-off mancato

La settima puntata di questa stagione è universalmente considerata la peggiore ed è un evidente tentativo di mettere le basi per uno spin-off della serie. Le motivazioni dietro a questo fallimento sono diverse, e riguardano sia la puntata in sé sia il percorso che è stato fatto per arrivarci.

Per la puntata di per sé, i Duffer Brother (o chi se ne è occupato) sembrano essersi dimenticati il punto di forza di Stranger Things: i suoi personaggi.

Qui veniamo introdotti ad un gruppo di personaggi uno più stereotipato dell’altro, con dinamiche che nulla c’entrano con la serie e sembrano, appunto, di un altro prodotto.

Oltre a questo, il personaggio di Eleven ha una storyline non inutile, ma certamente troppo distaccata dalla trama generale, tanto che il suo intervento alla fine ha un forte sapore di deus ex machina: non esattamente indice di una buona scrittura.

Vicende accessorie

Sempre su questa idea, anche la trama di Nancy e Jonathan sembra piuttosto accessoria e distaccata dal resto della trama. Non inutile, anche perché ha una conseguenza importante nel finale.

Non fastidiosa come mi ricordavo, tuttavia la parte meno interessante dell’intera stagione, anche perché la quota teen rimane per me quella meno vincente.

Oltre a questo, nella scorsa stagione era già troppo tardi per dimenticarsi di Barb, personaggio che per motivi misteriosi continua ad essere riportato in qualche modo in scena.

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Stranger Things – Il trionfo del binge watching

Stranger Things è una delle serie di punta di Netflix: uscita nel lontano 2016, è diventata immediatamente (e inaspettatamente) un prodotto di culto, mantenendo la sua popolarità nel tempo.

Alla sua uscita ero molto scettica verso questo prodotto, ma infine mi convinsi a vederlo.

E guardai tutte le puntate nel giro di una giornata.

Per chi non avesse mai visto Stranger Things, qui sotto trovate una pratica guida per approcciarsi alla visione. Se invece siete già veterani di questo prodotto, passare direttamente alla parte spoiler.

Di cosa parla Stranger Things?

Bobbie Millie Brown, Gaten Matarazzo, Finn Wolfhard e Caleb McLaughlin in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Stranger Things è una serie tv che si rifà in maniera quasi maniacale ai film d’avventura per ragazzi degli Anni Ottanta. La trama ruota intorno a Eleven, ragazzina di appena undici anni che ha vissuto tutta la sua vita in un laboratorio, sviluppando poteri straordinari.

Si unirà al gruppo di ragazzini protagonisti per sconfiggere, di volta in volta, con una trama abbastanza ciclica, i vari mostri provenienti dal cosiddetto Sottosopra, realtà orrorifica e oscura parallela al nostro mondo.

Perché Stranger Things è una serie di culto?

Joe Keery, Natalia Dyer e Shannon Purser in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Le motivazioni riguardo all’enorme popolarità di Stranger Things sono in realtà sono abbastanza evidenti.

Prima di tutto, la serie si inserì in un periodo in cui la nostalgia per gli Anni Ottanta era fortissima, e cavalcò (e intensificò) questa tendenza, con un prodotto scritto da persone che dimostrano un amore sincero per quel periodo e la cultura pop e cinematografica annessa.

In secondo luogo, è un prodotto intergenerazionale: un cast corale di personaggi di diverse età, sia maschi che femmine, tutti a modo loro con importanza e presenza per le vicende narrate. Quindi, come il miglior prodotto di culto, è una serie che tutti possono guardare e trovare qualcosa che gli piace e che lo rappresenta.

In ultimo, Stranger Things utilizza sapientemente dei topoi molto tipici della cinematografia Anni Ottanta, appunto. Schemi narrativi che, se sfruttati con consapevolezza, funzionano sempre molto bene. E questa serie ci riesce benissimo.

Stranger Things fa per me?

Noah Schnapp in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Senza dubbio per apprezzare Stranger Things deve piacervi il già citato tipo di avventura mistery per ragazzi Anni Ottanta alla Stand by me (1986).

La serie, pur toccando tangenzialmente anche il genere teen drama, è principalmente questo: una storia di fantascienza che coinvolge dei ragazzini contro un potere molto più grande di loro.

Un tipo di schema visto già in prodotti anche recenti come Ready Player One (2018), ma scritta molto meglio.

Se vi ho convinto, ci vediamo dall’altra parte!

Di cosa parla la prima stagione di Stranger Things?

Nella prima stagione scompare uno dei ragazzini protagonisti, Will e i suoi amici si mettono ad investigare la sua scomparsa. Faranno così la conoscenza di una misteriosa ragazzina con poteri di telecinesi. Eleven…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Top

Un realismo devastante

Bobbie Millie Brown, Gaten Matarazzo, Finn Wolfhard e Caleb McLaughlin in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Non ricordavo sinceramente quanto fosse devastante il taglio della serie per alcune sequenze: assolutamente credibile e realistico, nonostante si rifaccia a degli schemi narrativi piuttosto tipici.

In particolare, i ragazzini non accettano per nulla Eleven da subito, anzi Lucas ne parla molto male e inizialmente la tengono con loro più per paura di farsi scoprire e per farsi aiutare a trovare Will.

Così le dinamiche fra i ragazzini sono dolorosamente realistiche: un feroce antagonismo, derivato anche da una tipica gelosia fra migliori amici per la nuova entrata nel gruppo, dinamica in cui tutti possono riconoscersi.

Millie Bobbie Brown in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Così anche una grande ingenuità e sincerità nella loro amicizia per come la raccontano ad Eleven, fondata su una fiducia reciproca e la capacità di guardarsi le spalle a vicenda.

Oltre a questo, il linguaggio utilizzato è fortemente realistico: si utilizzano liberamente termini che ad oggi sono considerati (anche giustamente) ben più volgari e pesanti. Fra queste, queer (in senso spregiativo), fag (frocio), pussy (fighetta) e sissy (frocetto), fra le altre.

Personaggi vincenti

David Harbour in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Morning are for coffee and contemplation

Le mattine sono fatte per caffè e contemplazione

La bellezza di Stranger Things sta proprio nei personaggi: per quanto ce ne siano alcuni più protagonisti di altri, tutti hanno il loro interesse e la loro profondità.

Eleven: un’eroina diversa

Millie Bobbie Brown in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Un grande punto di forza di Stranger Things è sicuramente la protagonista, Eleven.

Anzitutto per la strepitosa performance di Millie Bobbie Brown, che a soli undici anni è riuscita a regalarci un personaggio interessante ed enigmatico.

La forza del suo personaggio sta proprio nel fatto di essere molto grigio: un passato doloroso e tormentato, dei poteri terribili che la rendono di fatto un’arma da guerra. Ma al contempo un personaggio insicuro, incapace di rapportarsi con il mondo esterno e soprattutto, davvero fallibile.

Un bell’esempio di una protagonista e un personaggio femminile tridimensionale in cui il pubblico di giovanissimi può immedesimarsi.

Non la solita Mary Sue, insomma.

I quattro bambini

Noah Schnapp, Gaten Matarazzo, Finn Wolfhard e Caleb McLaughlin in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Il quartetto di protagonisti è fantastico: ragazzini davvero adorabili, appunto con atteggiamenti assolutamente credibili e in cui ci si può facilmente immedesimare, anche come spettatori adulti.

Soprattutto perché non vengono per nulla appiattiti in ruoli standard, come spesso avviene in prodotti del genere.

Come anticipato, è ben raccontata la sincerità della loro relazione, in particolare in uno scambio fra Mike e Dustin, in cui il primo sostiene come consideri tutti quelli del loro gruppo come migliori amici, nonostante i dubbi dell’amico. Una sequenza che mi ha davvero stretto il cuore.

La coppia di adulti

Il personaggio che preferisco di questa stagione è sicuramente Hopper.

Viene inizialmente presentato come un personaggio menefreghista e spaccone, ma più va avanti più rivela la sua vera natura di uomo tormentato, ma che si mette totalmente in gioco per aiutare Joyce a ritrovare suo figlio e fare giustizia.

Ottima anche l’interpretazione di Winona Ryder, icona degli Anni Novanta, che torna con un personaggio che le è stato cucito addosso. Nonostante tutti i suoi difetti, si dimostra una madre affettuosa e instancabile, con Will e poi anche con Eleven.

La quota teen

Natalia Dyer in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Devo fare un mea culpa: non mi è mai piaciuto il personaggio di Nancy, né la sua linea narrativa in generale.

In questa stagione è evidentemente la quota teen che non poteva mancare per attirare quella fetta di pubblico, e per me è anche la parte più debole (e ne parlerò nella parte flop).

Tuttavia, ad una seconda visione, ho apprezzato il tentativo di smarcarla dallo stereotipo della brava ragazza che vuole ribellarsi.

In realtà la parte teen drama vincente è quella di Steve: viene rappresentato fin da subito come un bad boy mancato, che si atteggia anche in un certo modo anche perché circondato da pessime influenze.

Tuttavia, piano piano si allontana dal suo stereotipo, e sboccia come personaggio nelle successive stagioni.

Poi c’è Barb.

Flop

Il problema di Barb

La stagione ha un unico, ma abbastanza pesante, problema: la parte teen e in particolare il personaggio di Barb.

Come detto, la serie cerca di smarcarsi da certi stereotipi che pure mette in scena, in maniera anche interessante. L’unica eccezione è appunto Barbara e il suo rapporto con Nancy.

Barbara è un personaggio veramente antipatico, petulante e moralista senza motivo, che incarna uno stereotipo piuttosto noioso che va a condannare ingiustamente la vita sessuale di quella che dovrebbe essere la sua amica, bollando Steve e i suoi amici preventivamente.

E il tutto in un personaggio apparentemente positivo, della cui morte dovremmo dispiacerci.

In realtà Barb è una delle vittime sacrificali tipiche di questo genere, che muore nella seconda puntata senza che a nessuno sia tanto dispiaciuto (persino Nancy se ne preoccupa abbastanza poco).

Purtroppo, il suo personaggio ha avuto un inspiegabile successo su internet, facendoci portare il suo ricordo fino all’ultima stagione.

In generale la parte teen è quella meno interessante e su cui la trama si sofferma anche troppo, tornandoci di tanto in tanto anche nelle stagioni successive, purtroppo.