Ponyo sulla scogliera (2008) è uno dei film forse più particolari della filmografia di Miyazaki, che arrivò dopo un’assenza dagli schermi del maestro nipponico di ben quattro anni.
Ancora una volta si confermò il successo commerciale della sua produzione: a fronte di un budget di 34 milioni di dollari (circa 3,4 miliardi di yen), incassò 200 milioni in tutto il mondo.
In Italia è stato distribuito nel 2009 dalla Lucky Red.
Di cosa parla Ponyo sulla scogliera?
Il mago Fujimoto vive sott’acqua insieme alle figlie e medita di distruggere il mondo umano. Ma la figlia più grande, Brunilde, riesce a scappare al suo controllo…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Ponyo sulla scogliera?
In generale, sì.
Ammetto che questa pellicola è una di quelle che meno apprezzo della produzione di Miyazaki. Tuttavia, a differenza di Kiki – Consegne a domicilio (1989), in questo caso semplicemente non mi sento in target.
Infatti, Ponyo sulla scogliera è il prodotto più infantile di Miyazaki.
Un film che farà la felicità dei più piccoli, che sono gli assoluti protagonisti, anche per il punto di vista: nonostante, a livello più profondo, si possono intravedere delle tematiche ambientaliste per nulla scontate, lo sguardo della storia è proprio quello di un bambino.
Insomma, un modo per fare felici i vostri figli e nipoti.
ovvero quanto è pericoloso vedere questo film doppiato.
Conoscerete sicuramente la follia di Cannarsi per lo scandalo del doppiaggio Evangelion, che è stato solo lo scoppio di un problema già interno e che ha guastato negli anni la bellezza di moltissimi prodotti dello studio Ghibli.
Nel caso di Ponyo sulla scogliera il pericolo è altissimo.
Questo giudizio potrebbe apparire esagerato – e probabilmente lo è – ma per questa pellicola ho un particolare dente avvelenato con Cannarsi. Infatti Ponyo sulla scogliera fu uno dei primi film che guardai per ampliare la mia conoscenza di Miyazaki, al tempo molto limitata.
E fu anche il punto in cui mi sono bloccata per diversi anni.
Infatti, la pellicola si presta proprio ad un doppiaggio incredibilmente pedante e sinceramente insostenibile, che ha sicuramente fatto la felicità di Cannarsi – ma non la mia…
In ogni caso, il mio consiglio rimane sempre lo stesso:
Non guardate i film dello Studio Ghibli doppiati e sarete per sempre al sicuro.
Una storia di tutti i giorni
Ponyo sulla scogliera è il primo film di Miyazaki con un taglio così quotidiano.
Nonostante sia presente l’elemento magico, il mondo reale è presente ed integrato in esso senza troppi sconvolgimenti.
Non abbiamo infatti un protagonista che si scontra con un mondo fantastico e segreto come ne La città incantata (2001), ma un taglio più simile a Il mio vicino Totoro (1988).
Tuttavia, in questo caso il mondo reale e quotidiano è molto più presente, al punto che lo scheletro narrativo è una piccola avventura che potenzialmente ogni bambino ha vissuto: trovare un animale in difficoltà, salvarlo e volerlo adottare.
Il film cerca continuamente di dare una maggiore importanza e peso alla storia raccontata – con il piano di Fujimoto e il destino di Ponyo – ma complessivamente è un elemento che rimane costantemente in sottofondo, senza che ci sia mai un conflitto davvero forte in scena.
E, al contempo, il punto di arrivo è sostanzialmente un ripristino della quotidianità, con l’eliminazione dell’elemento magico in Ponyo, senza che in realtà la protagonista abbia avuto un’evoluzione importante o delle prove da affrontare.
La componente educativa
Un elemento che mi ha sempre stranito di Ponyo sulla scogliera è la sua sezione educativa.
Tutta la sequenza in cui Ponyo, ormai umana, viene accolta nella casa di Sōsuke, lo stesso la guida nella scoperta del mondo umano. Ma le loro interazioni sembrano uscite da un libro per bambini in cui si spiega come funziona l’economia domestica…
E diventa ancora più strano nell’incontro con la donna e il bebè, con cui Ponyo riesce a comunicare, andando anche a scontrarsi con la madre, che le spiega sostanzialmente come funziona l’allattamento, proprio come farebbe una madre con sua figlia…
E paradossalmente questi elementi sembrano più importanti del destino di Ponyo stessa…
Il disastro felice
Forse l’elemento più interessante di Ponyo sulla scogliera è il racconto ambientalista.
In questo caso Miyazaki sceglie di rappresentare una natura solo apparentemente minacciosa, facendo riferimento ad un disastro naturale molto presente nella mente del pubblico giapponese: gli tsunami – di cui uno dei più terribili avvenne pochi anni dopo.
L’apparente disastro si trasforma in realtà in un momento di convivenza pacifica con l’elemento naturale, sia in un’occasione per la comunità per rincontrarsi. Infatti, nonostante la città sia letteralmente sommersa, non si parla mai di vittime o di perdite.
Il punto di vista è quello di un bambino, che riesce a divertirsi moltissimo dopo questa apparente catastrofe naturale…
Con Ponyo sulla scogliera Miyazaki sceglie di fare diversi cambiamenti sul lato artistico – e devo dire che non sempre mi convincono…
Il cambiamento più evidente è la rappresentazione degli ambienti esterni: mentre fino a questi sembravano come se fosse dei dipinti ad olio, in questo caso sembrano invece dei disegni fatti a matita:
Nonostante siano sempre sfondi pieni di particolari e cornici perfette per le azioni dei protagonisti, non apprezzo particolarmente questa evoluzione.
Allo stesso modo, anche se ne capisco i motivi, non apprezzo moltissimo la scelta di utilizzare linee molti fluide e morbide, con disegni poco particolareggiati, molto spesso abbozzando i personaggi, soprattutto Ponyo:
Secondo la stessa idea, dopo i fantastici risultati dei film precedenti, non mi ha entusiasmato la rappresentazione delle donne anziane, nonostante siano ben differenziate fra loro.
Ma ci si basa su modelli già esistenti:
Interessante però sia la rappresentazione di Fujimoto, in cui si applica un modello di volto femminile ad un personaggio maschile:
sia il fantastico character design e l’animazione di Granmamare:
Interessante anche la rappresentazione del mondo subacqueo, prima sperimentazione di Miyazaki in questo senso: