Categorie
Ari Aster Dramma familiare Drammatico Film Grottesco Horror

Hereditary – Un dolore familiare

Hereditary (2018) è l’opera prima di Ari Aster con protagonista Toni Collette.

A fronte di un budget piccolino – 10 milioni di dollari – è stato un ottimo successo commerciale: 79 milioni in tutto il mondo.

Di cosa parla Hereditary?

Lutto dopo lutto, mentre cerca di riprendere il controllo della propria famiglia, Annie finisce solo per scoprire qualcosa che forse era meglio rimanesse nascosto…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Hereditary?

Assolutamente sì.

Fin dall’inizio, Ari Aster è stata una delle proposte più interessanti in ambito di horror indie potenzialmente alternativo rispetto alla saturazione del mercato di genere più strettamente commerciale.

Ed Hereditary gioca proprio sui topoi narrativi più classici, scardinandoli alla base per un racconto estremamente enigmatico e cupo, per cui lo spettatore vive la perdita di controllo al pari dei suoi protagonisti.

Occulto

L’identità della matriarca ormai defunta è occulta per più motivi.

Come Annie ammette nel suo monologo, Ellen era una donna che viveva circondata da segreti, avvolta da un sistema impenetrabile di riti che emergono progressivamente dalla bocca della stessa figlia, da sempre vittima di uno schema di difficile comprensione.

Ed è tanto più snervante che la protagonista non sia mai stata veramente protagonista della vita della madre, ma solo uno strumento all’interno della stessa, particolarmente nel suo ruolo generativo – da cui l’inquietante interesse nei confronti della prole.

E infatti Annie, quando passa dal ruolo passivo di genitrice al ruolo attivo di distruttrice inconsapevole, diventa il nemico nella storia, proprio per il suo insito desiderio di ribellarsi dal controllo materno tramite il tentare di riportare in vita la figlia, il cui ruolo da agnello sacrificale era assolutamente necessario.

Ma la ribellione stessa è parte di un piano.

Visualizzare

Annie cerca di avere un punto di vista diverso.

La riproduzione di eventi canonici del rapporto con la genitrice in piccola scala servono alla protagonista per rimettere tutto in prospettiva, per cercare il filo giusto da tirare per comprendere il suo complesso schema, ma finendo solo per essere più confusa davanti alla grottesca dinamica degli eventi. 

Ma delle miniature non possono colmare una mancanza.

Joan, nell’inconsapevolezza di Annie, fa leva sul suo rimorso per non essere stata una madre abbastanza presente, sentendosi quindi colpevole della morte di Charlie, quasi come se fosse prodotto della sua negligenza e di suo desiderio di distruzione della prole.

Da qui i tentativi di richiamare la figlia defunta, che si trasforma presto in una maledizione per il figlio, che probabilmente Charlie vede come il suo sostituto nelle attenzioni della nonna, cercando per questo di distruggerlo, possedendone il corpo e costringendolo ad episodi di autolesionismo.

E, infatti, Peter è un discorso a parte.

Focus

Se Annie è inconsapevolmente vittima degli eventi, Peter è semplicemente inconsapevole.

Il film ci tiene fin da subito a raccontarlo come un normale adolescente con mire molto limitate ed immediate – le ragazze e le feste, il divertimento spicciolo – che, come era stata la capostipite delle scream queen – Laurie in Halloween (1978) – dovrebbe assumere il ruolo di eroe attivo nella sconfitta del nemico.

E invece rimane programmaticamente inconsapevole fino alla fine.

La rivelazione finale di Annie come personaggio passivo e di Peter come vittima della situazione ci racconta come anche il giovane nipote non fosse altro che una pedina nelle mani di Ellen, vera protagonista e burattinaia nell’ombra…

…che voleva solamente portare a termine il suo piano persino da defunta.