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Get Out – Feticizzazione

Get out (2017) è l’opera prima di Jordan Peele, cineasta attivo da pochi anni ma che ha già reso riconoscibile il suo stile e la sua, seppur breve, cinematografia.

Il film fu estremamente elogiato per la freschezza e la novità che portò al genere horror, mentre il suo secondo film, Us (2019), fu molto meno considerato. E fu una vera ingiustizia.

La pellicola fu un incredibile successo commerciale: un budget ridottissimo, di appena 4.5 milioni di dollari, portò ad un incasso di 255.

Di cosa parla Get out?

Chris è un giovane afroamericano fidanzato da pochi mesi con Rose. Pur in grande imbarazzo, accetta di andare a far visita la famiglia di solo bianchi della fidanzata. Questa scelta non si rivelerà la più indovinata…

Get out può fare per me?

Lakeith Stanfield e Geraldine Singer in una scena del film Get Out (2017) di Jordan Peele

Partiamo dicendo che Get out è un horror, ma non fa di fatto paura, anche perché utilizza pochissimo i tanto abusati jump scare. Più che altro è un film che crea una profonda angoscia e inquietudine. E questo grazie all’utilizzo di una recitazione ben calibrata e una scelta dei volti piuttosto azzeccata.

È una pellicola in generale abbastanza accessibile, che diventa ancora più interessante per un pubblico coinvolto con le tematiche che Peele porta sullo schermo. Ma, prima di tutto, è un prodotto horror autoriale che porta un’interessante novità al genere.

Feticizzazione

La feticizzazione dei corpi neri è il tema politico sotterraneo del film. Un problema sentito negli Stati Uniti e che è fondamentalmente l’altra faccia del razzismo: questa idea di idealizzazione del corpo nero, corredato da una serie di stereotipi (la grandezza dei genitali, la velocità ecc.).

Stereotipi che non sono falsi di per sé, ma che assumono un significato ben diverso se applicati sistematicamente a persone che condividono nient’altro che il colore della pelle o una discendenza comune. In questo modo infatti non vi è una glorificazione del corpo, ma una deumanizzazione dello stesso.

Ed è questo quello che di fatto succede in Get Out: il corpo di Chris è messo in vendita come quello di una bestia, da un gruppo ricchi bianchi che se ne vuole impossessare per godere dei presunti benefici del corpo di un afroamericano.

Far paura senza far paura

Betty Gabriel in una scena del film Get Out (2017) di Jordan Peele

Una grande capacità di Peele, che poi sprigiona tutta la sua potenza in Us, è la capacità di far paura senza far uso di tecniche abusate. Così appunto non ci sono praticamente jump scare e tutta l’inquietudine del film si basa sull’ottima recitazione corporea e facciale dei personaggi.

Particolarmente rilevanti sono Walter e Georgina, che alla fine si scopre che racchiudono le coscienze del nonno e della nonna. Ma da elogiare anche la recitazione di Allison Williams, che interpreta Rose, che è stata capace di sostenere la recitazione da brava fidanzata, per poi rivelarsi, con un solo gesto, l’invasata calcolatrice che in realtà è.

Tutto e niente

Daniel Kaluuya in una scena del film Get Out (2017) di Jordan Peele

La mia è sicuramente un’opinione impopolare, ma io considero Get out come un film per molti aspetti amatoriale, che è solo un punto di partenza per una cinematografia ben più interessante. E infatti Us mi ha stupito molto di più.

Nondimeno in questa pellicola troviamo tutti gli elementi ormai tipici di Jordan Peele: un horror che punta più sull’inquietudine che sull’orrore, un umorismo per nulla forzato, una sottotrama politica molto forte e per nulla banale.

Al tempo della visione, ebbi proprio questa idea: un buon punto di partenza, ma adesso vediamo che strada prende. E con Us sono stata ricompensata.

Insomma, per me un’ottima opera prima, ma non il capolavoro che tanti sostengono.