Red e Toby (1981) di Art Stevens, Ted Berman, Richard Rich è il ventiquattresimo classico Disney, nonché l’ultimo in cui venne usata unicamente la tecnica tradizionale.
A fronte di un budget abbastanza alto per il periodo – 12 milioni di dollari – è stato un ottimo successo commerciale: 63 milioni di dollari in tutto il mondo.
Di cosa parla Red e Toby?
Durante una sanguinosa battuta di caccia, la madre di Red lo deve abbandonare per salvargli la vita. E l’incontro con l’umano è croce e delizia…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Red e Toby?

Assolutamente sì, ma…
Avevo memoria di quanto fosse struggente il racconto del film, ma avevo totalmente dimenticato il livello di violenza e il come la stessa viene portata in scena, rendendolo un film per molti versi persino disturbante, pur essendo proprio per questo forse tra i titoli più realistici di casa Disney.
Infatti, a differenza di molti suoi predecessori, Red e Toby evade una struttura piuttosto insidiosa per cui il film non è un film, ma piuttosto una raccolta di momenti uniti da una spesso debole trama, risultando invece ben strutturato, con solo un inserto narrativo che sembra una pausa dalla narrazione.
Insomma, da riscoprire.

Sottrazione

Nella consapevolezza di dover gestire una trama piuttosto violenta, Red e Toby lavora per sottrazione.
Così non ci risparmia tutti i momenti di angoscia pressante nella fuga disperata della madre di Red, che per molti versi ricorda il momento analogo in Bambi (1942), ma che risulta infine ammorbidito grazie alla scena immediatamente successiva di aiuto degli altri animali nei confronti del protagonista…
…ma che non ci risparmia l’orrore nel sentire lo sparo in lontananza e l’inevitabile morte della volpe.

In altre parole, è come se ci fossero due livelli.
Il livello più adulto, più strettamente realistico – rappresentato da questo e da altri momenti in cui la violenza è presente ma più o meno sublimata, come gli spari con svolazzi di piume o la pila di pelli di animale che appare molto eloquentemente nel camion di Amos Slad, fino al terribile terzo atto…

…e il livello più infantile, più giocoso, che riassume in altri termini la vicenda in atto: la sciocca caccia di Sbuccia e di Cippi verso il povero bruco, che viene costantemente insidiato nella sua tana, ma che riesce in qualche modo ad averla sempre vinta e a salvarsi la vita.
Infatti, ogni barlume di speranza è facilmente soffocato.
Amici

Red e Toby possono essere amici?
La rappresentazione iniziale del loro rapporto – e del loro comportamento in generale – è tipica della fase infantile, del non riuscire a vedere le barriere sociali naturalmente imposte, cercando invece in un compagno di giochi un amico per la vita.

Un comportamento così ignaro dei pericoli che porta ad una totale inconsapevolezza di Red nel tentare nuovamente un approccio con Toby nonostante gli avvertimenti di quest’ultimo, creando un’aperta discordia fra gli umani stessi, racconto di una mentalità testarda e delirante, potenzialmente trasmessa anche agli animali.
Insomma, per i protagonisti è ora di crescere a immagine somiglianza dei padroni?
Crescere

Tutta la dinamica della crescita di Red e Toby riprende molto bene il concetto di growing apart.
Infatti, nonostante fossero inizialmente accomunati dalla medesima innocenza infantile, la stessa si va a scontrare con un mondo adulto ben più crudele, di cui all’inizio solo Toby sembra capirne le regole, riuscendo a diventare il cane di punta del suo padrone per le sue spietate battute di caccia.

Una consapevolezza che ben si riflette anche nel nuovo incontro con Red, la cui crescita – rappresentata da un character design veramente indovinato, con i baffetti non ancora formati che indicano come il personaggio sia un adulto di primo pelo – è solo visiva, e non mentale, tanto che si comporta ancora come un cucciolo…
…mettendo infine un punto alla sua amicizia con Toby, per una sfortunata concatenazione di eventi che lo porta prima il cane a salvare Red, poi a rivoltarsi contro di lui, accompagnandoci verso uno dei momenti più struggenti della storia della Disney: l’abbandono di Red incorniciato da una malinconica melodia.
Ed è qui che la pellicola cerca di ribilanciare i toni.
Scontro

Per dare modo a Red di maturare, il film gli concede una parentesi tutta sua…
…e solo apparentemente molto fine a sé stessa.
Infatti grazie all’incontro con Vicky, la volpe si affaccia finalmente al mondo selvaggio a cui non è mai appartenuto, definito da riti di accoppiamento da cui non esce immediatamente vincitore, anzi dovendosi scontrare con un’inabilità al vivere devastante e vergognosa, ma che è anche un tassello fondamentale per definire il terzo e ultimo atto.

La parte finale della pellicola è quella più apertamente spaventosa – ma anche più educativa: si giunge al punto massimo del climax ascendente dello scontro, in cui Amos si lancia all’attacco insieme a Toby per vendicare Fiuto, con metodi violenti quanto meschini, che infiammano entrambe le parti, facendoli persino mutare d’aspetto.
Ma la parte educativa è paradossalmente il personaggio dell’orso, in cui Amos dovrebbe rivedere se stesso nella sua furia omicida e distruttiva, andando ad incastrarsi nelle sue stesse, diaboliche trappole, per poi risultare del tutto irriconoscente davanti alla inaspettata umanità di Red, che decide di salvare entrambi i suoi nemici.

Ed è infine Toby a mettere fine alla lotta…
…ma senza ricomporre il quadro iniziale: nonostante la pellicola si chiuda con un siparietto comico fra Amos e la signora Tweed, la vera chiusura è lo sguardo di Red verso il suo vecchio amico e la sua nuova vita, che non si azzarda più a intralciare, rimanendo fisso ai margini nella scena, ancorato al suo nuovo contesto sociale.