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Lilo & Stitch – La storia che già conoscevi

Lilo & Stitch (2025) di Dean Fleischer Camp è il remake live action dell’omonimo Classico Disney del 2002.

Di cosa parla Lilo & Stitch?

Lilo è una ragazzina che può contare solo su sua sorella, ma finalmente potrebbe trovare l’amico perfetto per lei…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Lilo & Stitch?

In generale, no.

Purtroppo, già il Classico aveva qualche problema nello scioglimento della vicenda, ma era altresì molto forte nel suo antefatto e nella parte centrale, sforzandosi di dare una struttura coerente alla narrazione, e riuscendo nel complesso a portare in scena un prodotto ben riuscito.

Al contrario, il suo corrispettivo live action fallisce già solamente nelle sue premesse, ma ancora di più nel costruire disordinatamente una trama che si basa su un pericolosissimo presupposto: lo spettatore conosce già la storia, quindi non ha bisogno che gliela racconti davvero di nuovo.

In altri termini, un piccolo disastro.

Fretta

Stitch in una scena del live action di Lilo e Stitch (2025) di Dean Fleischer Camp

L’antefatto di Lilo & Stitch, per nessun chiaro motivo, è pervaso da una devastante fretta.

L’antefatto del Classico, con cui è impossibile non fare un paragone, era breve ma efficace nel mettere in scena i personaggi e le loro dinamiche, creando anche un piccolo ma efficace climax narrativo che portava Stitch a scappare e il Dr. Jumba ad essere riportato in scena con un nuovo obbiettivo.

Al contrario, il live action recupera solo le parti essenziali dell’attacco e le comprime all’interno di un’introduzione che si basa, come detto, sul pigro presupposto che le vicende raccontate siano già ben note allo spettatore, e quindi non ci sia bisogno di raccontarle effettivamente, ma solo di riassumerle.

In questo modo i personaggi non hanno il minimo tempo di respirare e di posizionarsi in scena, diventano le pallide ombre delle loro ben più iconiche controparti a due dimensioni, e questo non aiuta anche a farci distogliere l’attenzione dal loro drammatico character design, che ricorda il ben noto caso dell’Ugly Sonic.

Ma, riguardo alla coppia Dr. Jumba e Pleakley, si può aprire una parentesi parzialmente positiva. 

Alternativa

Con l’ottima eccezione di Stitch, i personaggi alieni ci accompagnano verso una devastante uncanny valley.

E il film, a suo modo, ne è consapevole.

Sarebbe stato veramente difficile dare personalità e spessore, financo espressività, a personaggi il cui character design funziona così bene nell’animazione tradizionale e assomiglia così tanto ad un incubo lovecraftiano nella versione a tre dimensioni – fra l’altro, per un assurdo ed incomprensibile principio di renderli il più realistici possibile.

Jeff Braff in una scena del live action di Lilo e Stitch (2025) di Dean Fleischer Camp

Per questo, la maggior parte del loro screentime è nelle vesti umane.

La scelta della coppia di attori in questo senso è stata forse la più azzeccata dell’intera pellicola, in quanto i due – particolarmente Billy Magnussen nei panni di Pleakley – sono riusciti davvero ad abbracciare la fisionomia e i caratteri dei personaggi, e a portare in scena una storia nel complesso abbastanza coerente, per quanto poco memorabile.

Ma il vero problema è l’assenza di Gantu.

Per quanto per certi versi la sua presenza potesse sembrare del tutto accessoria all’interno del Classico originale, al contrario era essenziale per inserire un villain finale veramente temibile e che caricasse di una – a tratti pure eccessiva – drammaticità lo scioglimento della vicenda…

…e, soprattutto, per non intaccare la personalità di Jumba, che doveva rimanere un personaggio grigio, un po’ cattivello ma, nel complesso, positivo: un adorabile pasticcione incapace di gestire la sua creazione, anche nel suo picco finale di totale follia.

Tuttavia, dovendo prendersi sulle spalle la grande mancanza del suddetto villain finale, finisce per diventare inutilmente cattivo, financo genuinamente crudele nei confronti di Lilo, particolarmente nella scena dove la attira in casa sua distruggendo tutti i suoi importanti ricordi.

Ma fosse lui il problema…

Svuotata

Stitch in una scena del live action di Lilo e Stitch (2025) di Dean Fleischer Camp

Uno degli elementi che più contraddistingueva Lilo & Stitch da molti altri Classici Disney era l’ambiguità di Lilo.

Per questo nel 2002 le si era lasciato così tanto spazio all’inizio per raccontarla nelle sue manie e nella sua incontenibile aggressività, proprio a tratteggiare una bambina problematica che aveva sofferto moltissimo la perdita dei genitori, e che per questo viveva nell’inconsapevolezza di un mondo tutto suo...

…non riuscendo a trovare il suo posto, né nel complesso di danza, né altrove.

Stitch e Lilo in una scena del live action di Lilo e Stitch (2025) di Dean Fleischer Camp

E per questo era altrettanto importante che si confrontasse con un personaggio così caotico come Stitch, e che entrambi riuscissero a superare la loro inconsapevolezza nei confronti del mondo – potremmo quasi dire egoismo – riuscendo invece ad abbracciare una fondamentale scala di valori.

Per questo la banalizzazione del live action fa ancora più male.

Stitch, Lilo e Nani in una scena del live action di Lilo e Stitch (2025) di Dean Fleischer Camp

Non sapendo tratteggiare Lilo se non all’ombra della sua controparte del 2002, il film le toglie ogni profondità e la rende semplicemente un personaggio cattivo che non si rende conto di esserlo, dovendo tra l’altro dirlo esplicitamente, vivendo sempre nella grande paura delle produzioni odierne che il pubblico non riesca a seguire neanche la più semplice delle storie.

Così la giovane protagonista diventa progressivamente un personaggio ancillare rispetto a Nani, andando a togliere ogni tipo di valore all’atto centrale, che era fondamentale per definire come l’inconsapevolezza di Lilo distruggesse ogni possibilità della sua famiglia di esistere…

Lilo & Stitch live action

Stitch in una scena del live action di Lilo e Stitch (2025) di Dean Fleischer Camp

…tramite una serie di gag che rappresentano la sezione più iconica del Classico di partenza e che vengono indegnamente banalizzate in una serie di siparietti oltre che ripetitivi, inutilmente definiti dalla più blanda comicità slapstick e a misura di bambino.

Una dinamica che purtroppo si riflette anche negativamente su Stich, sostanzialmente privato del suo fondamentale – quanto imperfetto – arco evolutivo, diventando semplicemente e banalmente caotico e con un cambiamento per nulla costruito nel finale.

Ma non manca anche il frangente squisitamente politico…

Vincente

Nani deve essere una vincente.

Una purtroppo grave piaga delle produzioni mainstream degli ultimi anni è la necessità di parlare al pubblico femminile, risultando al contempo del tutto incapaci di farlo, rendendo spesso le protagoniste obbligatoriamente aderenti ad un modello standard di successo che consentirebbe loro il riscatto…

…andandole invece unicamente a rinchiudere in un nuovo stereotipo.

Così Nani non può intraprendere una maturazione legata alla cura di Lilo e alla creazione di una famiglia sana, ma deve obbligatoriamente essere un genio della biologia che si deve trattenere dal realizzare il proprio destino per via della famiglia che le è stata imposta.

Stitch e Nani in una scena del live action di Lilo e Stitch (2025) di Dean Fleischer Camp

E la risoluzione del problema, pur non così soddisfacente nella pellicola originale, è così palesemente programmatica all’interno del live action, al punto che gli altri personaggi – Lilo per prima – finiscono per orbitare intorno alla figura di Nani e alla sua realizzazione, non servendo per molti versi a nient’altro.

Di conseguenza, il sogno di Ohana che ci ha accompagnato per decenni viene totalmente banalizzato nella sua importanza di raccontare una famiglia diversa, ma che comunque può trovare la sua felicità e compattezza, con l’ennesima major che vuole dimostrarsi dalla parte delle donne…

…ma negando loro, di fatto, qualsiasi tipo di complessità.