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Avatar: La leggenda di Aang – Una crescita a tappe

Avatar – La leggenda di Aang (2005-2008) di Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko è una serie animata di produzione statunitense, ma con grandi influenze derivanti dal panorama orientale.

In Italia la serie è andata in onda sul canale Nickelodeon fra il 2005 e il 2010.

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Cowboy Bebop – See you…

Cowboy Bebop (1998-1999) di Shin’ichirō Watanabe è una delle più importanti serie di culto anime, di genere fantascienza-avventura.

La serie andò in onda in Italia solamente a partire dal 1999, su MTV nella fascia serale.

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Gravity Falls – Il mistero della crescita

Gravity Falls (2012 – 2016) è una serie tv animata andata in onda prima su Disney Channel, poi su Disney XD, oggi disponibile in streaming su Disney+.

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Samurai Champloo – Fra due realtà

Samurai Champloo (2004) è un anime giapponese di Shinichirō Watanabe – lo stesso che ha curato la regia Cowboy Bebop (1998 – 1999), per intenderci.

La serie è stata importata in Italia solo nel 2008 con Panini Video.

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The Office – Torniamo in ufficio

The Office (2005 – 2013) è uno dei più importanti fenomeni televisivi dell’inizio del Millennio, con un importante fandom attivo ancora oggi.

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Guida a The Office

Piccola guida introduttiva a The Office.

Di cosa parla The Office?

La storia ruota intorno ad un nutrito gruppo di personaggi che lavora in un piccolo ufficio dell’azienda Dunder Mifflin a Scranton, in Pennsylvania.

La particolarità è il come la storia viene raccontata.

Il taglio narrativo

Steve Carell in una scena di The Office (2005 - 2013)

Secondo un taglio che sarà poi in parte ripreso dall’altrettanto longeva serie tv Modern Family (2009 – 2020), The Office è raccontata nella forma del mockumentary, proprio facendo sembrare il girato quasi un prodotto amatoriale.

Una tecnica piuttosto particolare che permette permettere allo spettatore di assistere sostanzialmente ad una sua costante soggettiva, con gli attori che guardano in camera – quindi direttamente nei nostri occhi – rendendoci incredibilmente partecipi della storia raccontata.

E non è l’unico motivo.

La quotidianità

Leslie David Baker in una scena di The Office (2005 - 2013)

A differenza di molte altre sitcom precedenti e successive, The Office ha il merito di raccontare una storia incredibilmente quotidiana e realistica nelle sue dinamiche, riuscendo ad ammorbidire anche le scelte più bislacche e astruse, rimanendo sempre coi piedi per terra.

Così, se ci si lascia travolgere da questi personaggi così umani e caratteristici, sarà davvero come vivere all’interno della serie stessa.

Tuttavia, è anche giusto un avvertimento in questo senso.

Inizio e fine

Rainn Wilson in una scena di The Office (2005 - 2013)

I due problemi principali di The Office sono la prima stagione e le ultime due, specificatamente l’ottava.

La prima stagione riprese il taglio della più sfortunata prima versione britannica del prodotto, che venne conclusa dopo appena quattordici episodi, probabilmente per il taglio troppo cinico della narrazione, che tende ad allontanare spesso il pubblico.

Ma la prima stagione è solo un piccolo scoglio da superare – appena sei episodi – per poi immergersi in una comicità molto più piacevole ed accogliente, che definisce la serie a partire dalla seconda stagione, e che ha portato al grande successo di pubblico negli anni.

jenna fischer e John Krasinski in una scena di The Office (2005 - 2013)

Altrettanto problematica è l’ottava stagione, per un cambio fondamentale della serie – che qui non vi spoilero – che l’ha portata a perdere molto smalto e, addirittura, a far fermare alcuni spettatori alla stagione precedente.

Da parte mia vi posso confermare che il penultimo ciclo di episodi, oltre ad essere uno shock, è effettivamente il peggiore della serie, che comunque riesce un po’ a riprendersi nella sua stagione conclusiva.

Insomma, parkour!

Michael Scott

Michael Scott è il personaggio più comico e al contempo più tragico di The Office.

Steve Carell dimostrò negli anni di essere una figura insostituibile all’interno della serie, portando in scena una comicità unica nel suo genere, che viaggiava fra il surreale e il dark humour più spinto, ma che nascondeva in realtà una situazione molto più amara.

In tutta la sua storia al Dunder Mifflin, il suo personaggio, nonostante abbia ottenuto una posizione di successo – probabilmente la più alta a cui poteva ambire – cerca costantemente di fuggirla, inseguendo sempre più disperatamente un sogno apparentemente irraggiungibile.

Ovvero, crearsi una famiglia.

Steve Carell in una scena di The Office (2005 - 2013)

Così la gag ricorrente per cui Michael si innamora e vuole impegnarsi immediatamente con donne che appena conosce, nasconde una frustrazione costante, portandolo a bruciare le tappe in situazioni che si rivelano infine fallimentari…

Parallelamente a questa ricerca disperata, in più di un’occasione Michael cerca soddisfazioni lavorative altrove.

Il momento più comico, ma anche più terribilmente triste, sono gli episodi in cui il suo personaggio si dedica ad un secondo lavoro in uno squallido call-center, pur non avendo nessuna necessità economica in merito…

La totale evasione

Steve Carell in una scena di The Office (2005 - 2013)

Il primo picco di questa evasione è la fondazione della Michael Scott Paper Company, nient’altro che un modo in cui Michael vuole dimostrare agli altri, ma soprattutto a sé stesso, di essere totalmente in grado di condurre un’azienda di successo anche al di fuori – anzi, al di sotto – di Dunder Mifflin.

Ma questa nuova idea si rivela totalmente disastrosa, e in ogni sua parte, a partire dal continuo contrasto fra Ryan e Pam – che, fra l’altro, si trova anche lei in un momento di evasione dopo la rottura con Roy.

Il sogno proibito

Steve Carell in una scena di The Office (2005 - 2013)

Ma il breaking point è la conoscenza di Holly.

In questo frangente The Office dimostra la sua capacità di creare relazioni genuine e avvincenti: Michael e Holly si piacciono perché sono nella maniera più evidente perfetti l’uno per l’altra – per l’umorismo, per il modo di fare…

Così, l’allontanamento forzato dalla sua fiamma non è altro che il primo passo del percorso di Michael verso la realizzazione che ormai la sua esperienza a Dunder Mifflin ha fatto il suo tempo – e, metanarrativamente, per Steve Carell con The Office.

Andare e tornare

Steve Carell in una scena di The Office (2005 - 2013)

Per questo l’addio è anche più devastante.

Nonostante le scene fossero piene di indizi in merito, vedere Steve Carell che si sfila il microfono che ha portato per anni, che si toglie le vesti di quel personaggio iconico che ha definito la sua carriera, e affida le sue ultime parole a Pam, è davvero straziante.

Per Michael Scott è un nuovo inizio fuori scena, e così anche per lo stesso interprete, che al tempo ammise di voler lasciare la serie per dedicarsi di più alla sua famiglia: un incontro fra personaggio e interprete che lascia senza fiato.

E la riapparizione nell’ultima puntata è più triste che consolante.

Quello che vediamo in scena non è davvero Michael Scott, ma è uno Steve Carell che si guarda indietro, che torna a rincontrare gli amici di tanti anni e la sua creatura, arrivata ormai alla sua conclusione:

I feel like all my kids grew up, and then they married each other. It’s every parent’s dream

È come se tutti i miei figli fossero cresciuti e si fossero sposati fra loro. È il sogno di ogni genitore.

Robert California The Office

Purtroppo l’addio di Steve Carell a The Office ha portato ad un buco nero incolmabile e ad una situazione che pervade la terribile ottava stagione, nonché alcuni tratti della nona: la California (& Andy) Era.

Questi due personaggi, nonostante siano così diversi, rappresentano entrambi lo stesso problema: la ricerca di un’alternativa a Michael Scott, prendendo delle direzioni del tutto sconclusionate e per nulla funzionanti.

Ed Elm in una scena di The Office (2005 - 2013)

Robert California dovrebbe essere questo brillante imprenditore che porta delle nuove sfide ai personaggi, ma che finisce solamente per sembrare una figura fuori posto, protagonista di uno dei più improbabili stravolgimenti di trama della serie -la sua elezione a CEO dell’azienda.

E non è un caso che la sua uscita di scena sia così deprimente, senza che il personaggio sembri avere una vera prospettiva di riscatto, ma solo un congedo che fa tirare un pesante sospiro di sollievo e apre le porte ad una discreta nona stagione.

Andy Bernarnd The Office

Andy Bernard è stato il più grande errore di The Office.

Apparso per la prima volta nella terza stagione, resta per la maggior parte del tempo un personaggio di contorno, finché non è costretto al centro della scena a partire dall’ottava stagione, dimostrando un concetto fondamentale:

Non sempre un secondario può essere anche un protagonista.

Ed Elm in una scena di The Office (2005 - 2013)

Ma il principale problema del suo personaggio è che sembra che gli scrittori di The Office non siano stati capaci di inquadrare né Andy come personaggio né Ed Elms come attore comico.

Infatti, Andy ha diversi ruoli durante la serie, ma nessuno che veramente riesca a definirlo come personaggio interessante, anzi diventando così tanto odiato che nella nona stagione per la maggior parte del tempo rimane fuori scena.

Ed Elm in una scena di The Office (2005 - 2013)

E Andy fallisce anzitutto per le sue relazioni, fra l’inutile triangolo amoroso con Angela e Dwight – che cercava di fare il verso a quello con Jim, Pam e Roy – e l’esasperata relazione con Erin – già di per sé uno dei personaggi meno riusciti della serie.

Così è anche peggiore la sua performance come sostituto protagonista: Ed Elmn ha una comicità del tutto diversa da quella di Steve Carell – come si vedrà nella trilogia di Una notte da leoni (2009 – 2013) – eppure si cercò di renderlo un Michael Scott 2.0.

Ne risulta un personaggio a tratti esasperante, che ha delle dinamiche quasi noiose e davvero fuori luogo per la serie – al pari di Robert California, appunto – tanto da essere cacciato dalla scena nell’ultima stagione, trovando fortuna in spazi inediti (e non particolarmente brillanti).

Pam e Jim The Office

Jim e Pam, insieme a Michael Scott, rappresentano uno dei pilastri di The Office.

La serie cercò in diversi momenti successivi di replicare il loro modello – con Erin e Andy, con Angela e Dwight… – non riuscendoci mai fino in fondo, e per un semplice motivo: i personaggi erano troppo sopra le righe.

Infatti, la forza della coppia iconica della serie risiede nella naturalezza e verosimiglianza del loro rapporto: Jim e Pam sono due persone molto comuni e, per questo, molto vicine allo spettatore.

Nello specifico, Jim.

Jim The Office

Jim Halper è il collegamento più diretto con lo spettatore.

Nello specifico, nei momenti più imbarazzanti o bislacchi in cui il suo personaggio guarda direttamente in camera, fungendo da specchio dei sentimenti e delle sensazioni che il pubblico stesso sta provando in quel momento.

Inoltre, Jim è un personaggio totalmente positivo, con pochissimi inciampi durante la serie, il cui lato oscuro è rappresentato solamente dagli scherzi architettati ai danni di Dwight, con cui però il rapporto si va a risolvere verso la fine della serie.

John Kransiski in una scena di The Office (2005 - 2013)

Del tutto comuni e verosimili sono anche le sue ambizioni lavorative.

Jim si trova più volte bloccato nella scalata sociale che lo dovrebbe portare ad assumere ruoli più importanti nell’azienda per i suoi meriti, scegliendo infine di imbarcarsi in una nuova avventura lavorativa, piuttosto rischiosa sia economicamente che sentimentalmente…

Ma soprattutto Jim brilla in confronto a Roy.

John Kransiski e Jenna Fischer in una scena di The Office (2005 - 2013)

Il confronto con il futuro marito di Pam è il fondamentale per la definizione del rapporto stesso con Jim.

Come Roy è un personaggio molto superficiale, con una visione ristretta del mondo e che non sembra capace di impegnarsi, Jim si dimostra più volte premuroso, mai invadente, anzi piuttosto cauto nell’approcciarsi a Pam.

Jenna Fischer in una scena di The Office (2005 - 2013)

Il momento più lampante in questo senso è la Scuola d’arte.

Se Roy boccia immediatamente l’idea, specificando come non sia il momento, quindi dimostrando di pensare solo a sé stesso, Jim in ogni occasione continua invece ad incoraggiare Pam, dimostrando di non essere così fragile da non poter stare qualche mese lontano da lei.

Infatti, il vero ostacolo alla loro relazione è Pam stessa.

Pam The Office

Pam è la principale artefice della sua infelicità.

In questo senso il suo personaggio non differisce poi molto da quello di Michael: entrambi sono alla ricerca di una stabilità familiare, anche se questa viene ricercata solamente tramite le vie non sempre più convenienti.

Nello specifico Pam si incastra da sola all’interno di una relazione che è chiaramente fallimentare, sia per l’incompatibilità dei due personaggi, sia per il poco effetto e le scarse attenzioni di Roy nei suoi confronti, al punto da darla quasi per scontato.

Jenna Fischer in una scena di The Office (2005 - 2013)

Per questo Pam per molto tempo si sente incapace di compiere un passo così determinante per la propria vita, preferendo il quieto vivere, la sicurezza di un matrimonio che infine sembra star effettivamente per concretizzarsi…

In questo senso è tanto più importante che sia lei stessa a cambiare vita e che non lo faccia solamente per Jim, prima di tutto tagliando i ponti con Roy, poi prendendo scelte sempre più intraprendenti – come la scuola d’arte e la partecipazione al progetto di Michael.

Tutto è bene?

John Kransiski e Jenna Fischer in una scena di The Office (2005 - 2013)

La relazione fra Jim e Pam è la meglio scritta della serie fino alle sue ultime battute.

L’inizio effettivo del loro rapporto romantico è nella splendida conclusione della seconda stagione, quando un intraprendente Jim sceglie finalmente di dichiararsi, incassando però un momentaneo rifiuto.

Jim è altrettanto intraprendente nei due momenti fondamentali del loro rapporto: quando finalmente la invita al loro appuntamento e, infine, quando le chiede di sposarlo.

John Kransiski e Jenna Fischer in una scena di The Office (2005 - 2013)

In ogni fase della loro relazione Jim ha un solo obbiettivo in mente: far vivere a Pam il momento migliore possibile.

Anche se con un po’ meno di mordente, anche le puntate dedicate alla gravidanza e alla crescita dei bambini sono incredibilmente interessanti, in quanto scelgono ancora una volta di raccontare dinamiche e situazioni realistiche e verosimili, senza nasconderne gli elementi più angoscianti.

E questo è tanto più fondamentale nell’ultima stagione.

La tragedia scampata

John Kransiski e Jenna Fischer in una scena di The Office (2005 - 2013)

La nona stagione di The Office mette più a dura prova il rapporto fra Jim e Pam.

La sua nuova avventura imprenditoriale, cominciata fra l’altro alle spalle della moglie, crea delle crepe apparentemente insormontabili per la coppia, con un Jim che sembra sempre più interessato alla sua carriera lavorativa che alla costruzione di una famiglia con Pam, anche con insensate gelosie…

Emerge così della ruggine fra i due che sul momento mi ha non poco spaventato, dopo un’ottava stagione che non mi rendeva più sicura sul fatto che The Office fosse capace di trattare con intelligenza questo tema.

John Kransiski e Jenna Fischer in una scena di The Office (2005 - 2013)

Invece, il finale di Jim e Pam è perfetto.

Entrambi i personaggi dimostrano veramente di essere maturati: Jim è capace di fare un passo indietro, di rinunciare al suo sogno di carriera, accettando che la parte più importante della sua vita è Pam e la felicità che ha costruito con lei.

Ma soprattutto è importante la scelta finale di Pam, inizialmente restia ad abbandonare la sua confortante routine, invece infine capace di intraprendere una nuova avventura, quindi di non essere tanto egoista da far rinunciare Jim al suo progetto, ma invece pronta a costruire qualcosa di nuovo insieme.

Dwight The Office

All’interno di The Office, Dwight è il personaggio con l’arco evolutivo più interessante.

All’inizio della serie è presentato come una figura sostanzialmente negativa, con un’etica del lavoro ferrea – che lo rende fra l’altro il miglior venditore dell’ufficio – e in costante contrasto con Jim.

In particolare, Dwight fin dall’inizio vive un costante senso di frustrazione nell’essere sostanzialmente il braccio destro di Michael, ma non di riuscire comunque ad avere un ruolo effettivamente importante, ma solo uno puramente inventato – Assistant to the regional Manager.

Rainn Wilson in una scena di The Office (2005 - 2013)

La sua sete di potere si traduce in diversi frangenti piuttosto spassosi, soprattutto da quando prende possesso del palazzo, imponendo regole assurde e rendendo invivibile la vita dei suoi colleghi, o nelle diverse occasioni in cui diventa temporaneamente capo della filiale.

Ma il momento in cui effettivamente realizza il suo sogno e prende possesso definitivamente dell’ufficio, rappresenta anche il punto di arrivo della sua maturazione: avendo ormai messo da parte le sue ostilità nei confronti di Jim, lo rende addirittura il suo braccio destro e accetta a malincuore le sue dimissioni.

Un amore immorale

Rainn Wilson e Angela Kinsey in una scena di The Office (2005 - 2013)

L’altro lato della sua maturazione è rappresentato da Angela.

Il rapporto fra Angela e Dwight è così complicato perché entrambi non riescono ad essere sinceri l’uno con l’altra, tanto che per certi versi il loro rapporto, che si dispiega per tutte e nove le stagioni, è quello di Jim e Pam in una veste più austera e rigida.

In questo senso, per quanto i loro personaggi siano molto più macchietistici, è evidente perché siano fatti l’uno per l’altra: entrambi sono molto legati alle regole e ad una morale ferrea, nonostante la stessa venga più volte smentita dai loro stessi comportamenti – nello specifico, i numerosi tradimenti.

Rainn Wilson e Angela Kinsey in una scena di The Office (2005 - 2013)

Ma più la storia prosegue, più entrambi cercano di salvare la faccia, nascondendosi dietro ridicoli contratti che sembrano legittimare la loro relazione sessuale e il loro desiderio di creare una famiglia insieme, fino al picco emotivo della scoperta che il figlio di Angela non è anche figlio di Dwight.

Così entrambi nelle stagioni finali cercano di nascondersi dietro ad altre relazioni apparentemente più soddisfacenti e giuste, nello specifico Angela con il suo senatore, che le garantisce una posizione sociale di alto livello.

Rainn Wilson e Angela Kinsey in una scena di The Office (2005 - 2013)

… finché tutta la situazione non le scoppia in faccia, con la rivelazione dell’omosessualità ormai palese del marito.

E infine la scelta di ricomporre per davvero quella relazione spetta a Dwight: mentre Angela è al limite della disperazione, Dwight sceglie di abbandonare quella moglie trofeo per invece sposarsi finalmente con la donna dei suoi sogni.

The Office personaggi

La bellezza dei personaggi di The Office, in particolare i secondari, è il riuscire a mantenere una caratterizzazione coerente per tutta la serie, senza dover risultare macchiette – con le drammatiche eccezioni di cui abbiamo già parlato…

Kevin The Office

Fra tutti i secondari, il mio preferito in assoluto, e che mantiene fra l’altro un taglio coerente dall’inizio alla fine, è indubbiamente Kevin.

Kevin dovrebbe essere lo scemo del villaggio, ma The Office lo premia costantemente con gag e battute irresistibili, e una presenza scenica che rende impossibile non provare simpatia per questo bambinone troppo cresciuto.

In particolare, del suo personaggio ho adorato due momenti: la gag del chili – in cui mi ci sono rivista anche troppo… – e tutta la dinamica con Holly, a cui viene fatto credere che Kevin sia un po’…lentocon tutta l’ironia che ne deriva.

Creed The Office

Altra nota di merito va a Creed, forse la punta di diamante fra i secondari.

Creed è un personaggio così sfaccettato e sfuggente che ad ogni stagione si scopre qualcosa di nuovo: passa dall’essere rappresentante della filiale, a rivelare il suo oscuro passato criminale, fino a fingere la sua morte, per poi vivere all’interno dell’ufficio stesso.

Questa incredibile mente criminale si scontra con la sua personalità al limite del surreale, al punto che spesso dimentica il nome dei suoi colleghi, o addirittura il tipo di compagnia per cui lavora, come testimonia la sua battuta migliore di tutta la serie:

Not bad for a day in the life of a dog food company.

Una bella giornata per un’azienda di cibo per cani.

Stanley The Office

Sulla stessa linea anche il personaggio di Stanley.

Stanley appare come figura di contorno, chiuso in sé stesso e piuttosto apatico, che passa le sue giornate a fare cruciverba e bada più ai propri affari piuttosto che a quelli degli altri – o del suo stesso lavoro.

In realtà, del tutto inaspettatamente, Stanley ha una variegata attività relazionale, che lo porta a divorziare dalla moglie e a cercare molte altre compagne nel corso delle stagioni, anche per compensare il suo risentimento nei confronti del suo lavoro.

Leslie David Baker in una scena di The Office (2005 - 2013)

E, soprattutto, nei confronti di Michael.

In particolare, riguardo al loro conflitto è diventata iconica la scena in cui, durante uno dei tanti inutili meeting, Michael cerca di ritrovare l’attenzione di Stanley mentre lo stesso si sta dilettando con le ennesime parole crociate…

E, davanti al l’insistenza del suo manager, Stanley tuona:

Di I stutter?

Sono stato chiaro?
Leslie David Baker in una scena di The Office (2005 - 2013)

Questa è proprio l’occasione in cui Michael cerca di rimettere in riga il suo dipendente, fingendo di licenziarlo, trovandosi solo ad essere minacciato di azioni legali e finendo per doverlo tenere in ufficio senza che sia cambiata una virgola.

Anzi, Stanley arriva serenamente alla pensione, come scopriamo alla fine della serie.

Kelly & Ryan The Office

Su Kelly e Ryan bisogna fare un discorso a parte.

I loro personaggi risultano quasi bidimensionali e sono spesso ai margini della scena, proprio perché i loro interpreti sono spesso accreditati sia come sceneggiatori che come registi degli episodi.

Infatti, la loro storia non ha un effettivo arco evolutivo, ma piuttosto un pendolo all’interno di un rapporto estremamente conflittuale – soprattutto da parte di Ryan – che li porta a prendersi, respingersi e via così all’infinito.

E, nella maniera più improbabile, riuscendo anche a fuggire insieme nella conclusione.

B. J. Novak e Steve Carell in una scena di The Office (2005 - 2013)

Ryan nello specifico è uno dei personaggi probabilmente più negativi della serie.

Durante le stagioni si destreggia fra diverse personalità, rivelandosi sempre più di un avido macchinatore, interessato solo al suo guadagno, finché, alla scoperta delle sue attività fraudolente, la sua scalata sociale si blocca.

Insomma, Kelly e Ryan sono dei pop-up characters, personaggi da ripescare all’occorrenza per arricchire la storia di nuovi sbocchi o di piacevoli gag, anche se spesso fine a sé stesse.

Oscar The Office

Anche se di per sé forse non è uno dei personaggi più indimenticabili della serie, Oscar brilla per l’avanguardia di The Office nel rappresentare un personaggio omosessuale non stereotipico, in un panorama seriale al tempo piuttosto desolante.

Ne risulta una figura per niente macchiettistica – anche se Michael più volte cerca di ricondurlo allo stereotipo – ma che piuttosto racconta le difficoltà di una persona queer all’inizio del nuovo millennio, nel farsi largo fra pregiudizi, bullismo e vergogna sociale – che lo porta infatti a nascondere la sua sessualità per lungo tempo.

La sua storia si intreccia anche con quella di Angela, con una delle poche dinamiche convincenti delle ultime stagioni, che purtroppo si traduce in una sconfitta per entrambi…

Phyllis The Office

Secondo lo stesso principio, ho apprezzato molto anche il personaggio di Phyllis.

Una donna di mezza età che rimane molto ai margini della scena, ma che è anche protagonista di piacevolissimi momenti comici – come quello della pioggia, in cui i personaggi fanno scommesse sul fatto che dirà sempre le solite quattro frasi di repertorio:

E così, anche se stereotipicamente non è considerata una donna attraente né desiderabile, gode di un matrimonio piuttosto felice e particolarmente attivo sessualmente, come testimoniano le diverse gag in merito.

Toby The Office

Per un inevitabile parallelismo, è giusto chiudere questa recensione con quello che può essere considerato la nemesi di Michael…

…e il suo alter ego.

Proprio per il suo atteggiamento estremamente infantile, Michael doveva trovare un nemico contro cui scontrarsi… e non è un caso che scelga proprio Toby, che rappresenta la sua peggior paura.

Ovvero, aver raggiunto una stabilità familiare, ma averla inevitabilmente persa, vivendo in una condizione di grande infelicità.

Paul Lieberstein in una scena di The Office (2005 - 2013)

Infatti, per tutte le stagioni il suo personaggio non riesce ad avere un riscatto in questo senso, finendo anzi spesso per essere rifiutato – per esempio con Nellie – o vivendo amori assolutamente impossibili – come quello per Pam.

Come se tutto questo non bastasse, anche gli altri personaggi gli sono molto spesso ostili, per il suo approccio fin troppo freddo e formale alle diverse problematiche che sorgono all’interno dell’ufficio.

In questo senso, proprio all’inizio della stagione, per presentare Toby, Michael racconta la totalità del suo personaggio con una delle mie battute preferite dell’intera serie:

…he’s really not a part of our family. Also, he’s divorced, so he’s really not a part of his family.

…non fa parte della nostra famiglia. Inoltre, è divorziato, quindi non fa neanche parte della sua famiglia.
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Sex Education – Un cambiamento necessario

Sex Education (2019 – 2023) è una delle serie più popolari di Netflix che ha avuto, fra le altre cose, il merito di lanciare la splendida Emma McKay e, più in generale, di segnare un punto di non ritorno nel genere teen drama.

La serie è composta da quattro stagioni, di otto episodi ciascuna.

Di cosa parla Sex Education?

La serie ruota intorno ad un nutrito gruppo di adolescenti, accumulati da un unico elemento: la scoperta della propria sessualità.

Vi lascio il trailer della prima stagione per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Sex Education?

Asa Butterfield e Ncuti Gatwa in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Assolutamente sì.

Per quanto come serie non abbia sempre brillato – soprattutto nel suo finale – rimane comunque uno dei migliori prodotti teen degli ultimi anni, andando a sdoganare molti tabù e parlando finalmente con sincerità e rispetto al target di riferimento.

Nondimeno, la serie non manca di trattare anche diverse problematiche legate al mondo degli adulti: insomma, se vi lascerete trasportare dai drammi e dalle storie di questi fantastici personaggi, ne rimarrete assolutamente travolti.

Otis Sex Education

Otis è il personaggio più completo di Sex Education, in quanto rappresenta più di tutti la maturazione di un ragazzo adolescente.

Il punto di partenza del suo personaggio è il sentirsi fuori posto: mentre tutti i suoi compagni hanno già cominciato ad esplorare la propria sessualità, il nostro protagonista è limitato da un blocco – che poi scopriremo essere più mentale che fisico.

Per questo i timidi tentativi nello scoprire il sesso – prima con Lily, poi con Ola – si rivelano fallimentari, anzi umilianti, definendo ancora più nettamente la distanza fra lui e Maeve, invece famosa per la sua variegata attività sessuale.

Asa Butterfield in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Ma il lato peggiore della sua condizione è l’essere così esperto sulla carta in materia sessuale – tanto da saper efficacemente consigliare i suoi compagni – ma di risultare invece incapace di aiutare sé stesso…

…fino alla fine della stagione.

Lo splendido cliff-hanger del primo ciclo di episodi racconta i primi passi di questo giovane protagonista nello scoprirsi anche dal punto di vista sessuale, prima baciando la nuova fiamma – Ola – poi – finalmente! – riuscendo a procurarsi quel piacere da solo.

Debutto

Asa Butterfield e Mimi Keene in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Una scelta intelligente in questo senso è non legare il debutto sessuale del protagonista alla relazione con Maeve: al contrario, un inaspettato intercorso con Ruby diventa l’occasione per affrontare l’importantissimo tema della contraccezione di emergenza.

Vedere degli adolescenti tanto maturi da sapersi tutelare senza l’aiuto degli adulti è uno dei tanti messaggi fondamentali della serie.

Ed è così importante non aver legato il tema della prima esperienza sessuale all’interesse amoroso in quanto molto spesso lo stesso è appiattito proprio all’ambito relazionale e amoroso, senza considerare molti altri ed importanti elementi…

…come la sicurezza, il consenso, l’esplorazione a piccole tappe.

Esplorazione

Asa Butterfield e Mimi Keene in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Ma l’esplorazione sessuale di Otis, più che nei goffi tentativi di approccio con Ola, passa, a partire dalla terza stagione, ancora attraverso Ruby: nel penultimo ciclo di episodi Otis si riscopre particolarmente attivo e desiderabile dal punto di vista sessuale.

Un momento di passaggio fondamentale, in cui il protagonista riesce finalmente a conoscersi e autodeterminarsi – sfuggendo al controllo di Ruby – e al contempo a fare i conti con le difficoltà relazionali che portano alla fine del loro rapporto.

Purtroppo la relazione con Ruby avrebbe avuto bisogno di molto più tempo – almeno un’altra stagione: nell’ultimo ciclo di episodi i due si riscoprono solo timidamente come amici

…ma Otis non ha abbastanza tempo per capire cosa è veramente meglio per sé stesso.

Lasciarsi

Asa Butterfield e Emma Mackey in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

La relazione con Maeve è uno dei temi più tormentati di Sex Education.

Il loro rapporto sboccia in maniera piuttosto classica fin dalla prima stagione, nel quale i due compongono un’improbabile coppia in affari, con Otis che cerca persino di mettere i bastoni fra le ruote a Jackson alle spalle della stessa amica – e potenziale amante.

Ma la loro relazione è impossibile.

Asa Butterfield e Emma Mackey in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Non tanto perché vengono messi loro continui ostacoli sulla loro strada, ma piuttosto perché loro per primi sono incapaci di dare veramente il via al loro rapporto: Maeve e Otis sono due persone molto timide, chiuse e testarde.

Questo porta al crearsi di un’insormontabile incomunicabilità, così che riescono a confessare i loro sentimenti solamente nel finale della terza stagione, per poi essere nuovamente divisi…

Asa Butterfield e Emma Mackey in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

E quel breve lasso di tempo – ancora una volta, veramente troppo poco – che hanno per esplorare effettivamente la loro relazione è scandito solamente da incomprensioni, appuntamenti andati male e, infine, l’inevitabile separazione.

Un finale indubbiamente importante, dove i due capiscono quanto sia molto più importante per il lavoro futuro lavorare su sé stessi e sulle proprie carriere, piuttosto che inseguire questo amore ancora acerbo...

…ma io spero comunque che, fuori scena, ci sia un lieto fine…

Maeve Sex Education

Maeve può contare solo su sé stessa.

Questa misteriosa ragazza vive di una facciata che gli è stata costruita addosso dai suoi stessi compagni – e bulli – e si lascia infelicemente incasellare nel ruolo di mangiauomini, di giovane donna scorbutica e, di conseguenza, con cui nessuno vuole fare amicizia.

Maeve infatti parte come personaggio che vive dietro le quinte, che sfrutta la sua intelligenza solamente per poter sbarcare il lunario, ma senza permettere agli altri di scoprire il suo vero carattere.

Emma Mackey in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

La sua evoluzione passa sia attraverso ad Otis – una delle poche persone che la aiuta e non la esclude – ma soprattutto attraverso Ms. Sands, che diventa l’ambasciatrice di questa brillante ragazza…

…nonostante la stessa cerchi continuamente di autodistruggersi.

Infatti Maeve, per quanti venga spinta e cerchi effettivamente di spiccare il volo, è tenuta a terra dalla pesante eredità della sua famiglia, composta da individui che hanno da tempo perso la strada – e che sono incapaci di redimersi.

Specchio

Emma Mackey in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Purtroppo Maeve si rispecchia inevitabilmente in queste figure, sicura dell’impossibilità di poter provare un’altra strada, persino quando – all’inizio della seconda stagione – comincia finalmente a diventare sicura di sé stessa.

Il fratello e la madre sono di fatto dei fantasmi che la perseguitano, sia dentro che fuori scena.

Questo provoca un’insicurezza di fondo, che Maeve si trascina fino alla quarta stagione, fino alla nuova scuola e al programma che già di per sé racconta il suo essere una ragazza eccezionale e promettente.

Futuro

Emma Mackey in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Non a caso, è proprio il funerale della madre che la porta a fare un passo indietro, apparentemente definitivo.

La perdita della problematica genitrice si accompagna anche all’ennesimo confronto con il fratello, su cui ancora una volta non può contare, e che, insieme alla delusione del nuovo insegnante, sembra tarparle le ali.

Ma è grazie ad una figura materna secondaria – l’inaspettata Jean Milburn – che viene finalmente riconosciuta per i suoi meriti, e così prende la decisione più dolorosa della sua vita.

Ovvero, mettere per la prima volta al primo posto totalmente sé stessa.

Eric Sex Education

Il percorso di Eric è quello che ho più apprezzato della serie, nonché quello che secondo me è risultato infine più completo.

Il personaggio parte apparentemente come la più classica delle macchiette comiche: l’amico gay del protagonista, che corrisponde alla linea comica della serie.

Ma Eric è molto più di questo.

Paura

Ncuti Gatwa in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Grazie anche alla splendida recitazione di Ncuti Gatwa, il personaggio di Eric si smarca piuttosto velocemente dal ruolo di comic relief, e diventa invece protagonista di una delle tematiche fondamentali di Sex Education:

l’accettazione del sé.

Infatti questo baldanzoso ragazzo aveva portato avanti anche quasi con sfrontatezza il suo modo di vestirsi ed esprimersi, persino davanti al bullismo di Adam. Ma basta un errore di Otis ed una terrificante aggressione per farlo spegnere.

Rinascita

Ncuti Gatwa in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Per la rinascita del suo personaggio, Sex Education sceglie una via non scontata, ma che ho apprezzato fino all’ultima battuta.

Di fatto Eric rinasce riscoprendo la sua comunità e le sue radici, e abbracciandole in un modo nuovo, pur davanti alla disapprovazione del padre, il cui ricongiungimento alla fine della prima stagione è fondamentale per il battesimo di questa nuova forma…

…capace persino di tenere testa ad Adam.

Ncuti Gatwa e Asa Butterfield in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Questo percorso legato alla cristianità è interessante proprio perché inaspettato, ma assolutamente fondamentale per raccontare una realtà molto pressante: il mondo delle persone queer legate al cristianesimo.

Proprio nella quarta stagione Eric mostra tutte le difficoltà ad integrarsi in una comunità che, per molti tratti, è apertamente ostile anche solamente all’idea di qualcosa fuori dall’ordinario – o quello che è considerato tale.

La riscrittura di Gesù e poi di Dio stesso secondo un nuovo immaginario è splendida quanto provocatoria: con queste nuove immagini Sex Education si propone proprio di portare in scena un’idea nuova di religione.

E così la chiusura ideale di Eric è proprio quella di diventare pastore, essendogli stato affidato il compito da Dio stesso di aprire la strada, come un novello Mosè, ad una cristianità nuova ed aperta al cambiamento e all’integrazione.

Crescere

Ncuti Gatwa e Asa Butterfield in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Un elemento portante di Sex Education è l’amicizia fra Otis e Eric.

I due ragazzi sono cresciuti insieme, ma per tutte e quattro le stagioni intraprendono vie e strade diverse, arrivando molto vicino al baratro del growing apartlett. crescere separati – e della conseguente separazione.

La quarta stagione serve proprio a Eric a smarcarsi momentaneamente dalla figura di Otis, e scoprire delle personalità più nelle sue corde, in particolare parte di quell’esplosiva comunità queer con cui non aveva mai avuto veramente un contatto.

Ma, infine, i due riescono ad accettare le reciproche differenze e a trovare uno spazio anche nelle realtà più apparentemente peregrine dell’amico, è così a continuare la loro amicizia, pur nelle loro diverse inclinazioni.

Scegliere

Ncuti Gatwa e Connor Swindells in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

La storia relazionale di Eric è fondamentale per più motivi.

Parte inizialmente con un innamoramento impossibile con il suo persecutore – Adam – da cui però rimane diviso per tutta la seconda stagione, intraprendendo invece una relazione con il magnetico Rahim.

La terza stagione è invece dedicata all’esplorare del rapporto con Adam, dopo la splendida dichiarazione nel finale del precedente ciclo di episodi, ma che si rivela passo a passo sempre più impossibile.

Ncuti Gatwa e Connor Swindells in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Questa dinamica, per quanto triste, è un elemento che differenzia Sex Education da molte altre serie teen analoghe.

Non ci troviamo semplicemente davanti ad un solo modello di omosessualità, banale e stereotipico, ma ad un ventaglio di personaggi tutti diversi fra loro, a rappresentare proprio una sessualità che non si può appiattire ad un solo modello.

Allo stesso modo, è fondamentale anche per rappresentare come l’outing di ogni persona queer corra a velocità diverse: come Eric ha già spiccato il volo e diventa infine rappresentante della sua comunità, Adam deve ancora muovere i primi passi.

Ma Eric non può aspettarlo...

Adam Sex Education

Adam e suo padre percorrono due strade parallele e sostanzialmente analoghe.

Partono entrambi dallo stesso punto: un ruolo che sta loro stretto, sentito quasi come necessario per la definizione della propria identità, ma utile solo a nascondere paure e fragilità

Ruoli

Connor Swindells in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Se infatti Michael è l’aspro preside della scuola, incapace di ascoltare i suoi alunni, così Adam ricopre la figura del bullo, andando a colpire proprio quel personaggio che invidia per la sua capacità di esprimersi liberamente: Eric.

Questo comportamento è dettato dalle loro origini comuni: entrambi sono figli di bulli.

Alistair Petrie in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Se infatti Michael soffre anche da adulto i traumi infantili derivati sia dal comportamento del padre che del fratello – rivelati solo nella terza stagione – allo stesso modo Adam è terrorizzato dal genitore e dal suo giudizio.

Tuttavia, è anche una finezza della serie non raccontarli come dei villain tout-court, ma scegliere invece di lasciar loro un margine per mostrare la loro insicurezza, che a volte, soprattutto nel caso di Michael, è quasi comica.

Scoperta

La scoperta del sé avviene per strade differenti.

Per Adam passa attraverso la travagliata relazione con Eric, che gli permette di comprendere che lunghezze deve ancora percorrere per riuscire ad accettarsi.

Così vi è un importante passo avanti nel finale della seconda stagione, che però non è seguito da altrettanta intraprendenza quando finalmente Adam inizia la sua prima relazione queer.

Connor Swindells in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

E, nonostante la stessa giunga alla fine prima del tempo, è comunque un’occasione per il personaggio di conoscersi meglio, anche nelle sue debolezze, e così trovare anche una passione che possa cominciare a definirlo.

In questo senso il punto di arrivo della quarta stagione è la giusta chiusura del suo personaggio: lasciatosi alle spalle quella scuola in cui non aveva mai eccelso, Adam trova finalmente qualcosa in cui splendere.

Rottura

Anche la scoperta di Michael passa in qualche modo per una rottura.

Dopo aver perso il ruolo che lo definiva, l’uomo si trova impossibilitato a ricoprirlo nuovamente, anzi dovendo sottostare – di nuovo – alle angherie del fratello, riaprendo vecchie ferite d’infanzia.

Ma, all’interno del suo dramma, della sua impossibilità di riconnettersi sia col figlio che con la moglie, anche Michael scopre qualcosa di nuovo: la passione per la cucina.

Anche se è un elemento non abbastanza esplorato all’interno della serie, è la chiave per Michael per cominciare finalmente a definirsi come persona, persino in qualcosa di così stereotipicamente femmineo, che il suo vecchio sé avrebbe ripudiato.

Incontro

Connor Swindells e Alistair Petrie in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Il ricongiungimento fra Adam e il padre è stato uno dei miei momenti preferiti dell’ultima stagione.

Nonostante entrambi abbiano fatto diversi passi avanti nella loro vita – anzi proprio per questo – li divide ancora un amaro contrasto non del tutto risolto, che per Adam si concretizza nella paura della ricomposizione di quel opprimente quadro familiare.

Al punto che il ragazzo si sente una pedina nelle mani del genitore, un mezzo dello stesso per riconquistare la madre e così il suo sicuro ruolo paterno.

Connor Swindells e Alistair Petrie in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Ma questo scontro è anche il momento in cui Adam riesce finalmente ad esprimere apertamente quella rabbia covata per anni, e a ribadire la necessità che il padre diventi effettivamente una figura paterna, e non un patriarca opprimente.

E così la famiglia si può ricongiungere, ma solo dopo che i suoi protagonisti hanno vissuto un periodo di transizione e scoperta.

Ruby Sex Education

Ruby è uno dei miei personaggi preferiti di Sex Education.

Parte con il ruolo della ragazza popolare e bulla – una rivisitazione della figura di Regina George, insomma – ma dalla seconda stagione in poi si riscopre in altre vesti.

Come per Adam, anche per Ruby il suo ruolo da bulletta era derivato da una sofferenza passata, da cui aveva cercato di liberarsi diventando lei stessa la carnefice: da bed-wetter a cock-biter il passo è breve.

Scoperta

Mimi Keene in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

La riscoperta avviene soprattutto tramite la relazione con Otis, con cui si apre in una maniera che non aveva mai fatto prima, mostrando quel lato della sua vita che aveva celato persino ai suoi migliori amici.

Infatti Ruby cova interiormente un profondo dolore, sia per la condizione del padre, che per le sue umili origini, a cui si aggiunge la relazione con Otis, che non va come avrebbe sperato.

Inizio

Mimi Keene in una scena di Sex Education (2019 - 2023), serie tv Netflix

Nella quarta stagione il suo personaggio viene spogliato e così arricchito: ritrovatasi sola e senza amici, Ruby punta subito a far parte del gruppo popolare nella nuova scuola.

Ma in questo tentativo riesce anche a riscoprirsi in altro modo, confrontandosi con il suo passato – O, aka Sarah – e risolvendolo non con la ripicca, ma con il ripensamento.

Anche se un po’ monco, il suo finale racconta una Ruby più sicura, che vuole far parte di un nuovo gruppo in maniera diversa, ovvero nascondendosi molto di meno: non a caso, indossa i pantaloni fatti dalla madre, di cui fino a poco prima si era vergognata…

Eric Sex Education

Lily è uno dei personaggi più rappresentativi di Sex Education, che purtroppo esce definitivamente di scena alla fine della terza stagione.

Sulle prime Lily è alla disperata ricerca di un’esperienza sessuale, che le permetta di raccontare con più sincerità e consapevolezza il lato erotico dei suoi fantasiosi racconti fantascientifici, parte fondamentale della sua stessa personalità.

La scoperta della sua sessualità è forse un po’ meno vincente di altre: se sulle prime poteva essere interessante il kink del role play, il problema del vaginismo è portato in scena con un po’ troppa leggerezza.

Ma anche meno mi è piaciuto il personaggio di Ola, veramente insipido e senza personalità, che ha quel poco di interesse per quanto sia legata al personaggio di Lily stesso, in particolare quando la stessa viene censurata e umiliata nella terza stagione.

Jean Sex Education

Jean è, grazie soprattutto alla splendida interpretazione di Gillian Anderson, uno dei personaggi più esplosivi di Sex Education.

Una donna che è stata più volte messa alla prova dalla vita, in particolare dal turbolento matrimonio, che l’ha portata addirittura ad un breakdown mentale, e che si è costruita la sua piccola quotidianità con il figlio e le relazioni occasionali.

Il cambiamento arriva con l’entrata in scena di Jakob, personaggio con cui intraprende relazione molto altalenante, che si conclude in una sostanziale incompatibilità di vedute e di stili di vita, oltre all’impossibilità di reclamare la paternità di Joy.

Guida

Ma, mentre Jean fatica nelle relazioni, soprattutto in quella con Otis, diventa al contempo una guida importante per molti dei personaggi della serie, a cui trasmette i suoi preziosi insegnamenti per una sessualità più libera e consapevole.

Il suo percorso si conclude in qualche modo con la gravidanza, che le permette di riscoprirsi come madre, ma di vivere anche il dramma della depressione post-partum, un’occasione per la serie di raccontare una maternità definita anche da delle importanti ombre.

Manca purtroppo per il suo personaggio un riallacciare in maniera decisiva il rapporto con Otis, che avrebbe definito anche una maturazione dello stesso, che però si risolve solamente in poche, insufficienti, battute

Aimee Sex Education

Aimee è il personaggio che è più alla ricerca di una sua identità.

Il suo punto di partenza è insipido: fa parte del gruppo popolare della scuola perché lo sente come fondamentale per la sua identità, coltivando così solo segretamente l’amicizia con Maeve, e incastrandosi all’interno di una relazione insoddisfacente…

…in cui non fa altro che fingere di essere qualcun altro.

Personalità

I primi passi nella direzione giusta sono lasciare Adam e scegliere invece un altro ragazzo che le permetta veramente di cominciare ad esplorare la sua sessualità, e abbandonare il gruppetto di Ruby per coltivare invece l’amicizia positiva con Maeve.

Ma i punti di svolta, nel bene e nel male, avvengono dalla seconda stagione.

Nel penultimo ciclo di episodi Aimee comincia a sviluppare una sua personalità, intraprendendo un hobby che all’inizio sembra un disastro, ma che piano piano diventa un tratto distintivo del suo personaggio.

Trauma

Al contempo in questa stagione si sviluppa anche un dramma non indifferente, che è raccontato con un realismo piuttosto amaro, delle donne che non riescono ad accettare neanche con sé stesse di essere state aggredite.

Un trauma irrisolto che la porta ad allontanare sia il fidanzato che l’amica, per poi cominciare a rimettersi in piedi grazie all’aiuto delle sue compagne – vittime anche loro – e, in ultimo, grazie ad Isaac, che la aiuta a affrontare il trauma grazie ad una nuova passione: la fotografia.

Jackson Sex Education

In quattro stagioni, Jackson è forse il personaggio a cui vengono affidate più tematiche – forse anche troppe.

Il suo personaggio parte nel ruolo di star dello sport e beniamino del preside, intraprendendo una relazione non usuale con Maeve, purtroppo destinata al totale fallimento.

Scoperta

Il punto più interessante del suo personaggio è però nella seconda stagione, in cui cerca definitivamente di smarcarsi dal ruolo che ha portato sulle spalle per tutta la vita – la promessa dello sport…

…per provare invece un’altra passione e riscrivere così il rapporto con le sue madri.

Meno incisivo è il suo percorso nella terza e quarta stagione: prima tentando un rapporto con Cal, poi scoprendo altri lati della sua sessualità, e infine venendo finalmente a conoscenza delle sue turbolente origini.

Molti temi, che però avevano bisogno di più tempo per un personaggio indubbiamente interessante.

Viv Sex Education

Intorno al personaggio di Viv ruotano due importanti tematiche: il sexting e le relazioni abusive.

Nella seconda stagione il suo personaggio compie un interessante passo avanti, passando dall’essere il genio della scuola ad aprirsi anche a qualcos’altro grazie a Jackson, che diventa nel tempo anche il suo maggiore punto di riferimento.

Fantasia

Nella terza stagione Viv rischia nuovamente di ricadere in un modello non sano, ma per fortuna è anche capace di salvare sé stessa, e anzi di diventare la miccia che scatena la rivolta degli studenti negli ultimi episodi.

Parallelamente Viv racconta un tema veramente poco affrontato nelle serie teen: il sexting, che, insieme all’autoerotismo, permette di conoscersi meglio come persona e come coppia, esplorando vie meno canoniche, ma altrettanto intriganti.

Ma la parte che mi è piaciuta di più del suo personaggio si svolge nella quarta stagione.

Svolta

Per quanto avrebbe avuto bisogno di più episodi, la tematica della relazione tossica è raccontata in tutta la sua angoscia: un rapporto che nasce con un affetto improvviso ed inarrestabile – il cosiddetto love bombing – ma che svela poi il suo lato più violento.

Ed è fondamentale rappresentare un personaggio che riesce, pur fra mille dubbi e anche grazie al supporto dei suoi amici, a ribellarsi ad una situazione che rischiava di finire in tragedia…

…andando però anche a sottolineare come il suo ragazzo tossico possa affrontare un percorso di terapia e così superare questi problematici comportamenti.

Isaac Sex Education

Anche se non gode di ampissimo spazio nella serie, Isaac è un personaggio fondamentale per ben due motivi.

Anzitutto, offre finalmente la possibilità di rappresentare un personaggio disabile che non sia una figurina sullo sfondo, il classico personaggio di buon cuore che deve essere costantemente compatito dagli altri personaggi.

Anomalo

Al contrario Isaac presenta un carattere piuttosto turbolento, respingendo qualunque tipo di umiliante pietismo nei suoi confronti, e diventando quasi il villain del finale della seconda stagione.

Insomma, prima che un ragazzo disabile, Isaac è un personaggio assolutamente tridimensionale.

Inoltre la sua presenza nella serie permette anche di esplorare un tema veramente poco trattato, ovvero quello del desiderio e della soddisfazione sessuale di persone che apparentemente non posso averla – con Maeve prima, con Aimee dopo.

Invisibile

In ultimo, nella quarta stagione Isaac dà voce a quegli ostacoli invisibili agli altri, ma determinanti per una persona disabile, mostrando come anche cambiare un singolo elemento – l’ascensore rotto e le scale bloccate – può stravolgere la percezione del mondo.

Una scena che apre le porte anche ad un altro tipo di disabilità, ancora meno raccontata: la sordità.

Cal Sex Education

Cal e gli altri personaggi queer della quarta stagione introducono un tema ancora poco esplorato nei prodotti teen: le difficoltà della disforia di genere.

Il suo personaggio attraversa varie fasi in cui cerca di definirsi, prima come persona non-binary, poi ricercando un’identità forse più maschile, o almeno cercando di privarsi uno dei tratti sessuali primari – il seno – che aveva sempre cercato di nascondere.

Transizione

Il suo personaggio passa dall’essere piuttosto ribelle e sfuggente nella terza stagione – in cui si affrontano le difficoltà di una persona non binaria in una realtà definita dal bianco e nero – a diventare il protagonista della non semplice transizione.

In questa fase Cal vive diversi impulsi, che in principio permettono di riscoprire una sessualità esplosiva e incontrollabile, poi di sentirsi addosso il peso di un corpo in cui non si riconosce, e che non permette di integrarsi veramente all’interno della realtà scolastica.

Solitudine

Purtroppo Cal è un altro personaggio che avrebbe avuto bisogno di un’altra stagione intera per concludere il suo percorso, arrivando solo al primo passo: superare degli istinti suicidi purtroppo propri di molte persone transessuali…

…e al contempo aprirsi davvero alla transizione, non solo sessuale, ma anche relazionale.

In una quinta stagione che non vedremo mai, sarebbe stato splendido vedere un Eric che accompagnava Cal nel suo percorso di accettazione…

Hope Sex Education

Anche se la terza stagione non mi ha convinto fino in fondo, Hope non solo è un ottimo villain, ma è anche quello che permette di più ai personaggi di fare gruppo e di riscoprirsi.

Apparenza

Se si fa attenzione, la sua natura è svelata fin dalla sua primissima apparizione, soprattutto se la si confronta con Michael Groff: Hope si racconta – ed inizialmente viene percepita – come un personaggio cool, aperto al confronto con gli studenti.

In realtà è indicativo il modo in cui è vestita: totalmente di nero, con dei vestiti anche molto accollati, quindi con un colore che assorbe tutti gli altri, nello specifico i colori caldi e pieni della scuola – che persino Michael Gross indossava.

E infatti Hope spegnerà – o, meglio, tenterà di spegnere – i colori degli adolescenti, riducendoli ad una grigia neutralità.

Controllo

Come si scopre nel finale di stagione, questo comportamento deriva dal suo confronto ben poco sereno con le aspettative sociali: se anche Hope un tempo era una ragazza piena di sogni, questi le sono stati spenti dalla crudezza del mondo adulto.

Per questo la nuova preside cerca di trasmettere questa necessità di controllo e di rispetto delle regole – anche in picchi decisamente eccessivi come quello della retrograda educazione sessuale – perché i suoi alunni siano già pronti ad un mondo ostile.

In questo modo però Hope non si rende conto della necessità degli adolescenti di esprimersi e così di scoprire sé stessi, anche sbagliando, ma evitando così di diventare degli adulti grigi e senza personalità.

E questo passa anche dalla ribellione contro Hope che inevitabilmente avviene.

Sex Education Mean Girls

Sex Education è pieno di citazioni ad altri cult teen – e non solo.

Seguono spoiler su Mean Girls (2004), High School Musical (2006), Breakfast Club (1985) e Juno (2007).

Mean girls è in assoluto il film più citato, più o meno esplicitamente.

Se già di per sé il gruppetto dei ragazzi popolari è uno specchio aggiornato al nuovo decennio delle plastics, la prima citazione effettiva arriva alla fine della seconda stagione, quando il preside Groff sparge le pagine degli appunti di Jean in giro per la scuola, proprio come Regina George con il Burn Book alla fine del film:

Nella terza stagione, l’entrata in scena di Viv con il fidanzato è un riferimento esplicito alla famosa scena della camminata finita male di Cady con le sue nuove amiche (da 0:21):

Così ci sono altre due citazioni nella quarta stagione.

Anzitutto, nella prima puntata sia Ruby che Michael mangiano seduti in bagno, esattamente come la protagonista di Mean girls:

E nella penultima puntata, quando c’è la rivolta scolastica, uno dei ragazzi disabili interviene e qualcuno fra la folla dice che non viene neanche in questa scuola, come omaggio alla famosissima scena alla fine del film:

Un’altra citazione che ho semplicemente adorato è il ribaltamento della terrificante sequenza di Juno (2007) sull’aborto:

Così, anche se più indirettamente, Sex Education cita anche High School Musical, con l’imbarazzo di Jackson nel far parte del musical scolastico, allo stesso modo di Troy nel film.

Infine come non citare lo splendido riferimento a Breakfast Club nella scena della seconda stagione in cui le ragazze vengono obbligate a scrivere un tema su cosa le accomuni:

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Questo mondo non mi renderà cattivo – La svolta amara

Questo mondo non mi renderà cattivo (2023) è una serie animata di produzione Netflix, scritta e diretta dal fumettista Zerocalcare – la seconda produzione a suo nome dopo Strappare lungo i bordi (2021).

Di cosa parla Questo mondo non mi renderà cattivo?

Un vecchio amico di Zerocalcare torna a Roma dopo una lunga assenza, ma sembra incapace di reinserirsi nel difficile microcosmo del quartiere…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Questo mondo non mi renderà cattivo?

Zerocalcare in una scena di Questo mondo non mi renderà cattivo (2023)

Sì, ma…

Questo mondo non mi renderà cattivo rappresenta un punto di svolta abbastanza importante per la pur breve produzione seriale di Zerocalcare.

Se infatti Strappare lungo i bordi (2021) riprendeva – per toni e soggetto – la sua opera prima, La profezia dell’Armadillo (2012) con questa nuova serie si passa a tematiche ben più mature della sua produzione più recente.

Per questo il prodotto ha un inaspettato tono ben più politico e attuale, andando a trattare con grande franchezza, nonché con una verosimiglianza quasi dolorosa, tematiche molto forti della nostra contemporaneità.

Insomma, arrivateci preparati.

La cornice narrativa

Zerocalcare in una scena di Questo mondo non mi renderà cattivo (2023)

La struttura narrativa di Questo mondo non mi renderà cattivo è abbastanza simile a quella della serie precedente.

Si racconta infatti ancora una volta un progressivo avvicinamento ad un evento determinante della storia, che però rimane oscuro allo spettatore praticamente fino alla fine degli episodi.

Tuttavia, la cornice narrativa in questo caso è ben più solida: l’arresto e l’interrogatorio giustificano effettivamente il perché l’elemento fondamentale della trama rimanga nascosto per la maggior parte del tempo.

E, anche se l’idea che il racconto alla fine sia solo una confessione con l’Armadillo l’ho trovata un po’ debole, il risvolto della scena, dal sapore comico-grottesco, mi ha tutto sommato convinto.

Ricucire i rapporti

Cesare in una scena di Questo mondo non mi renderà cattivo (2023)

Il mondo di Zerocalcare è incredibilmente verosimile.

Quante volte durante la nostra vita ci siamo lasciati alle spalle moltissimi rapporti che si sono improvvisamente spezzati, senza un vero motivo, senza che nessuno sapere quasi il perché, se non che la vita che va avanti

Da qui il pesante imbarazzo nel tentativo di riconciliazione con Cesare, che ha il suo picco drammatico nella scoperta che il vecchio amico sia in realtà dell’altra sponda, quella da lui combattuta e disprezzata ogni giorno…

Ma il perché è anche peggio…

L’esasperato isolamento

Cesare, Secco e Zerocalcare in una scena di Questo mondo non mi renderà cattivo (2023)

Raccontando il dramma di Cesare, Zerocalcare in realtà ci mostra un problema ben più ampio.

In Italia è presente purtroppo una tristissima realtà per cui determinate categorie sociali – nello specifico i tossicodipendenti e i carcerati – diventano irrimediabilmente degli emarginati.

Anche se intraprendono un percorso, che, in teoria, dovrebbe portare ad un loro reinserimento…

E questo si traduce proprio nella storia di Cesare: andare a rifugiarsi nelle frange politiche più estreme e radicali pur di trovare qualcuno con cui fare gruppo, qualcuno che veramente ci accetti senza giudizi…

Oltre la propaganda

Sara in una scena di Questo mondo non mi renderà cattivo (2023)

Il dramma di Sara è anche più disturbante.

L’amica, da sempre considerata come baluardo della giustizia e della correttezza, prende una strada del tutto inaspettata, associandosi alle posizioni di quel gruppo sociale che, almeno all’apparenza, è contrastato da tutti.

E le sue motivazioni sono davvero strazianti.

Rimasta per anni reclusa in una sorta di limbo dell’impossibilità di realizzazione personale e lavorativa – estremamente tipico nel mondo del lavoro italiano odierno – si presenta finalmente per lei la prospettiva di realizzare il suo sogno.

Sara, Secco, Zerocalcare in una scena di Questo mondo non mi renderà cattivo (2023)

Ma subito lo stesso le è strappato via, e per pure questioni ideologiche, che è tanto facile accettare se non vanno a colpirti sul personale, ma che sono ben più difficili da digerire quando mettono un ostacolo a quella piccola vittoria personale tanto agognata…

Tuttavia, Sara si dimostra ancora una volta la più intelligente del gruppo, andando a scoperchiare quella propaganda tossica che allontana l’attenzione dagli effettivi problemi più sotterranei e strutturali.

E, soprattutto, mai risolti.

Questo mondo non mi renderà cattivo finale

A primo impatto, il finale di Questo mondo non mi renderà cattivo potrebbe risultare molto sbrigativo, e non effettivamente conclusivo.

Tuttavia, ripensandoci a posteriori, riesco a capire le motivazioni di questa scelta abbastanza anomala per una narrazione seriale, in particolare mancante di una quasi ovvia riconciliazione fra Zero e Cesare.

Da una parte, penso che Zerocalcare abbia voluto raccontare una storia quanto più vera, tratta dalla propria esperienza personale – che quindi non ha avuto, come comprensibile, un effettivo lieto fine.

Inoltre, questo finale è apprezzabile per la sua onestà: nonostante il gruppo di Zero non sia veramente dalla parte di Cesare per tutta una serie di motivi, sceglie comunque di difenderlo, di fare la cosa giusta.

Questo mondo non mi renderà cattivo fumetto

Se avete apprezzato la serie e volete scoprire l’opera cartacea di Zerocalcare, ecco qualche consiglio.

Se non avete mai letto nulla di suo, vi consiglio in linea generale di andare in ordine cronologico, nello specifico di cominciare proprio dall’opera prima, La profezia dell’armadillo (2012).

Tuttavia, se dopo questo volete esplorare i riferimenti interni alla serie, vi consiglio di leggere – nel seguente ordine – Un polpo alla gola (2012), Macerie Prime (2017) e Scheletri (2020).

Buona lettura!

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Ted Lasso – Come si cambia…

Ted Lasso (2020 – 2023) è una delle migliori serie comedy degli ultimi anni, nonché uno dei titoli di punta di AppleTV+

Di cosa parla Ted Lasso?

Ted Lasso, mediocre coach di football americano, viene inaspettatamente assunto da un club di calcio britannico come allenatore…

Vi lascio il trailer per la prima stagione per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Ted Lasso?

Jason Sudeikis, Brett Goldstein e Brendan Hunt in Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Assolutamente sì.

Nonostante Ted Lasso si presenti come una comedy a tema sportivo, in realtà è molto, ma molto più di questo.

Più che parlare delle vittorie e sconfitte dell’AFC Richmond, questa meravigliosa serie segue l’evoluzione dei caratteri e delle vite dei suoi protagonisti.

E lo fa con una classe inarrivabile, scegliendo di evitare il più possibile il drama – anche quando ci sarebbero stati tutti i motivi per farlo.

Insomma, non ve lo potete perdere.

Non solo calcio

Proprio perché Ted Lasso non è propriamente una serie di calcio, parla di molti altri temi fondamentali.

Infatti, durante le tre stagioni si affrontano diverse tematiche al di fuori dell’ambito sportivo: l’importanza di curare la propria salute mentale, il revenge porn, la difficoltà del coming-out (soprattutto nel contesto calcistico) …

E, ovviamente, le affronta in maniera perfetta.

Il pagliaccio triste

Jason Sudeikis n Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Ted Lasso inizialmente si presenta con la sua energia inarrestabile, che Rebecca cerca inutilmente di castigare e, in parte, di comprendere. Ma la maschera che il protagonista si è costruito è ben difficile da penetrare…

Infatti, Ted vive costantemente con un complesso interiore, le cui radici vengono da lontano.

Come ci racconta l’incontro-scontro con la madre, il protagonista aveva tenuto profondamente nascosto dentro di sé il trauma della morte del padre, mascherandolo proprio come vedeva fare alla madre. E senza che nessuno dei due sembrasse in grado di affrontarlo.

Jason Sudeikis n Ted Lasso, serie tv Apple TV+

E il trauma si è prolungato con l’inevitabile conclusione del suo matrimonio, nonostante l’affetto che lega Ted alla sua famiglia.

Ed è anche in questo che si ritrova con Rebecca.

La donna, inizialmente antagonista, diventa invece un’alleata del protagonista, ed entrambi riescono a trovare nell’altro una spalla su cui reggersi per affrontare i propri demoni.

Ma il vero momento di svolta è quando Ted accetta finalmente non solo di aiutare gli altri, ma anche sé stesso, affidandosi alle impegnative quanto necessarie cure della Dottoressa Sharon.

E così riesce a tornare finalmente e felicemente a casa.

La bellezza di Ted Lasso sta proprio nella complessità del suo personaggio: da una parte fortemente comico, ma nel profondo anche profondamente emotivo e fragile – caratteristica non comune negli eroi maschili.

L’ex-moglie trofeo

Hannah Waddingham in Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Il percorso di Rebecca è forse quello più interessante.

Inizia come un’ex-moglie trofeo, che è stata scartata perché ormai troppo vecchia, sbeffeggiata da ogni tabloid, rimanendo inevitabilmente nell’ombra di Rupert.

Ma anche grazie a Ted riesce a capire di essere molto più di questo, di poter ricercare, anzi pretendere dei partner migliori di quelli avuti finora, riscoprendosi come una donna interessante, intrigante e che ha ancora molto da dire.

Hannah Waddingham e Toheeb Jimoh in Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Ma la sua più grande vittoria non è tanto quella di riuscire a vivere molto più felicemente la sua vita sentimentale e sessuale, ma di superare il suo odio per Rupert.

Infatti, in una delle ultime puntate, quando l’ex marito cerca di riavvicinarla, lei lo scaccia immediatamente, senza neanche pensarci: la sua considerazione per Rupert è ormai l’indifferenza.

E la sua realizzazione finale è proprio che non ha più motivo di provare a distruggere l’ex-marito, perché lo stesso è capace di farlo tranquillamente da solo.

E, anche per questo, smette infine di usare Richmond come mezzo di vendetta, preferendo invece di trarne il meglio per tutti.

Il wonderkid

Nick Mohammed in una scena di Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Nathan è il personaggio con la storia più turbolenta.

Prende le mosse da una situazione sociale molto bassa: umile tuttofare, e pure bullizzato.

E, anche se riesce, grazie alle sue capacità, a risalire la scala sociale, non riesce a lasciarsi alle spalle il rancore covato per anni. Infatti, Nate solo all’apparenza è innocuo e timido, nella realtà nasconde dentro di sé non poca cattiveria, anche fortemente gratuita, che sfoga soprattutto verso Will.

L’apice di questa situazione è lo strappo – in tutti i sensi – della relazione con Richmond e Ted, per entrare al servizio di Rupert. La nuova posizione sembra potergli garantire tutto quello che aveva sempre desiderato: successo, ricchezza, donne bellissime.

Nick Mohammed in una scena di Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Ovvero, diventare Rupert.

Infatti, l’ex marito di Rebecca riesce a catturare Nathan proprio nel momento suo momento più basso, quando, dopo la sua prima vittoria, è diventato sempre più ossessionato dall’idea del successo, e sempre più arrogante e incattivito.

Ma proprio quando Nathan sta per diventare definitivamente un gradasso e un serpente al pari di Rupert, arrivando quasi a tradire la sua nuova fidanzata, decide di abbandonare tutto e tornare su suoi passi.

E finalmente ha la possibilità di redimersi, proprio grazie alle importanti quanto strazianti parole di Coach Beard.

Per tornare ad essere come era all’inizio, ma in situazione totalmente diversa.

Il triangolo

Juno Temple in una scena di Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Ted Lasso ci regala un triangolo amoroso particolarmente bislacco.

Parte tutto da Keeley, inizialmente una ragazza molto superficiale e con una bassa considerazione di sé – proprio come Rebecca: si accontenta di un uomo piccolo e pieno di sé stesso come Jamie – o, almeno, il Jamie dell’inizio.

Per questo, da quando si lasciano, i due cominciano a prendere due strade di crescita diverse.

Keeley riesce a darsi maggiore importanza, intraprendendo una piccola, ma significativa carriera nell’ambito PR, pur con qualche inciampo e passo indietro, arrivando comunque ad una bellissima conclusione insieme a Rebecca.

Phil Dunster e Brett Goldstein in una scena di Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Parallelamente Jamie compie un’importante evoluzione caratteriale, che si definisce nell’antagonismo con Roy. Inizialmente Jamie è infatti un ragazzo estremamente immaturo e troppo sicuro di sé stesso. E, soprattutto, è incapace di giocare in squadra, di essere un team player.

La sua evoluzione si articola non del tutto nel mettere da parte il suo essere un gradasso sul campo, ma nel saper bilanciare questo aspetto nella vita privata, tirandolo fuori solo al momento giusto per far vincere la sua squadra.

E soprattutto riesce a superare il suo antagonismo con Roy, anzitutto desiderando, anzi pretendendo di farsi allenare proprio dal tanto odiato idolo dell’infanzia.

Roy Ted Lasso

Brett Goldstein in una scena di Ted Lasso, serie tv Apple TV+

Al contempo Roy arriva alla fine della serie non sentendosi tanto diverso.

E invece ha compiuto un’evoluzione fondamentale.

È stato capace anzitutto di lasciarsi alle spalle quello che sembrava definirlo come persona: una star del calcio. E invece torna in panchina, sceglie di mettere in pratica le sue conoscenze per aiutare la nuova generazione.

E, in particolare per aiutare Jamie, a portare a termine la sua evoluzione.

Al contempo aiuta anche sé stesso, migliorando la sua importante relazione con la nipote, accettando tutte quelle caratteristiche che lo rendono meno virile e costruendo un’importante relazione con Keeley – pur non riuscendo (per ora) a ricostruirla.

Ted Lasso finale

Il finale di Ted Lasso è illuminante.

La serie dialoga con lo spettatore, che è rimasto col fiato sospeso fino all’ultimo momento, che ha tifato per quella che è diventata alla fine la sua squadra.

Eppure, alla fine scopriamo che il tanto agognato titolo non è stato vinto da Richmond.

Ma alla fine è veramente importante?

Jason Sudeikis in una scena di Ted Lasso, serie tv Apple TV+

È più importante che ogni storia abbia la sua prevedibile e auspicata conclusione, che ogni personaggio abbia raggiunto il massimo del successo, o che i protagonisti siano arrivati alla fine del loro percorso in maniera soddisfacente?

Un po’ questo quello che ci vuole dire Ted Lasso, guardandoci direttamente negli occhi.

È solo l’inizio.

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Neon Genesis Evangelion – Uno, nessuno, l’umanità tutta

Neon Genesis Evangelion (1995 – 1996) di Hideaki Anno è una delle serie tv anime più di culto della storia della serialità giapponese (e non solo). Un prodotto con una gestazione molto complessa, con diversi prodotti successivi e derivativi.

In Italia ebbe diverse versioni di doppiaggio, la prima nel 1997.

Articolo scritto con il prezioso contributo – diretto e indiretto – di Carmelo.

Di cosa parla Neon Genesis Evangelion?

2015, Giappone. Il quattordicenne Shinji Ikari, dopo aver perso i contatti col padre per anni, viene scelto come pilota dell’EVA-01, uno dei mecha dall’origine misteriosa, col solo obbiettivo di combattere gli Angeli…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Neon Genesis Evangelion?

EVA-01 in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Assolutamente sì.

Ma arrivateci preparati.

Non è un caso che Evangelion sia diventata una serie così tanto di culto: rappresenta un incontro veramente peculiare fra una trama fantascientifica e con diversi momenti d’azione, con una riflessione profonda sulla natura umana.

Infatti, si alternano momenti intensamente riflessivi, non poche volte assai sibillini, a sequenze puramente comiche e di passaggio, che riescono però a rendere la narrazione meno pesante e complessivamente molto godibile.

Cos’è per me Evangelion

A cura di Carmelo

È un esperimento televisivo, una lezione di filosofia e psicologia fatta ad animazione, che a detta del suo creatore tende a trasformare lo spettatore medio passivo, che guarda un determinato programma accettando quello che vede e sente passivamente seguendo l’arco narrativo fatto di causa ed effetto, azione e reazione.

In Evangelion lo spettatore diventa attivo cerca delle sue spiegazioni ed interpretazioni a quello che vede, creando un proprio mondo all’interno dell’anime stesso, oltre a riflettere sulle tematiche profonde che vengono proposte.

Evangelion è una sorta di puzzle.

Qualsiasi persona può vederlo e darne una propria interpretazione. In altre parole, stiamo offrendo agli spettatori [la possibilità] di pensare da soli, in modo che ogni persona possa immaginare il proprio mondo.

Hideaki Anno

Se avrete – come prevedibile – dubbi alla fine della visione, potrete tornare qui.

Troverete tutte le risposte.

Ma ce ne sono un paio a cui posso già rispondere…

Come guardare Evangelion

La visione di Neon Genesis Evangelion non può che – ovviamente – partire dalla serie tv originale, che trovate completa su Netflix (se avete dubbi sul doppiaggio, da qui potete passare alla parte dedicata).

Si compone di 26 episodi della durata di circa 20 minuti, i cui due finali sono stati riscritti in parte dal primo dei film successivi, The End of Evangelion (1997).

The End of Evangelion (1997)

EVA-01 in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Dal momento che gli ultimi due episodi della serie tv originale vennero prodotti a seguito di un importante taglio di budget, si nota subito l’evidente differenza rispetto al resto della serie.

Si tratta infatti di una coppia di episodi più che altro verbale, con una struttura narrativa per così dire nulla, che racconta principalmente a parole il concetto conclusivo che Anno, il creatore, voleva comunicare.

Quindi è meglio vedere The End of Evangelion?

Una scena di The End of Evangelion di Hideaki Anno

In generale, sì.

Ma solamente perché è interessante vedere la conclusione vera – o, almeno, come era stata concepita originariamente dal suo creatore. Tuttavia, io personalmente preferisco la chiusura della serie: più immediata e francamente anche più chiara.

Al contrario, questo film (che in realtà sono due episodi più lunghi e uniti in un lungometraggio) è quasi saturo di elementi, volendo mostrare con immagini quello che di fatto il finale di serie racconta a parole, ma con anche diverse aggiunte.

E gli altri film successivi?

A dieci anni di distanza (2007-2021), uscì un quartetto di film chiamato Rebuild of Evangelion.

Gli stessi propongono una narrazione alternativa della storia (per i primi tre) e una conclusione diversa sia dalla serie che da End of Evangelion. Non avendoli visti non so cosa consigliarvi, anche perché le opinioni in merito sono molto miste.

Tuttavia, se questo tipo di progetto vi ispira e volete ancora altro di Evangelion, provate a dargli una chance.

Il doppiaggio di Evangelion

La questione del doppiaggio di Evangelion è tutt’oggi un tema molto caldo.

Quindi cerchiamo di fare il punto.

Il primo doppiaggio (1997)

EVA-01 in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Il primo doppiaggio italiano di Evangelion venne fatto sotto la doppia direzione di Fabrizio Mazzotta e Paolo Cortese nel 1997, con anche il coinvolgimento di Cannarsi.

Un doppiaggio molto fedele all’originale, che non manca di qualche linea di dialogo che appare un po’ arcaica e forzata, ma nel complesso è molto godibile e rende bene tutti i concetti della serie.

Il caso Cannarsi (2018)

Misato in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Nel 2018 Netflix acquisì i diritti di tutti i prodotti del brand, e per questo portò un doppiaggio nuovo di zecca, sotto ancora la direzione di Fabrizio Mazzotta e, soprattutto, di Gualtiero Cannarsi.

Ed è qui che il Cannarsiometro impazzisce.

Con questa nuova edizione infatti scoppiò Il caso Cannarsi, per cui fu spernacchiato a destra e a manca da tutti, persino da chi non sapeva neanche cosa fosse Evangelion – in quanto, oltretutto il problema era presente da anni.

E Netflix corse ai ripari.

Il nuovissimo doppiaggio (2020)

Shinji, Misato e  in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Proprio per via di queste polemiche, Netflix lo stesso anno dello scandalo annunciò un nuovo doppiaggio, che venne pubblicato due anni dopo.

Personalmente considero questo doppiaggio per certi versi più godibile, perché evidentemente più semplice rispetto ad entrambe le precedenti edizioni, ma che rischia anche di andare troppo a semplificare l’opera stessa…

Quale doppiaggio scegliere?

Ikari in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Dopo aver visto la serie sia col doppiaggio originale, sia con il doppiaggio del 1997, per un primo impatto all’opera io vi consiglio il primo doppiaggio – se riuscite a recuperarlo, per esempio un’edizione home video.

Tuttavia, anche il doppiaggio che trovate su Netflix è accettabile.

Ecco un video per avere un colpo d’occhio sulla situazione:

La depressione

Shinji in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Shinji è un protagonista imperfetto.

Viene improvvisamente trascinato in una vita nuova, una missione per cui non si sente pronto, ma che accetta per pena verso Rei, che nel loro primo incontro è ancora in un evidente recupero fisico dopo l’incidente che ha dovuto affrontare.

E infatti il primo contatto è già un trauma.

Ma la bellezza di Shinji sta proprio nel suo essere tremendamente fallibile: è un eroe incredibilmente quotidiano, realistico, in cui Anno è riuscito a raccontare la profonda depressione che aveva vissuto.

Ed infatti il suo percorso racconta l’uscita da questo stato di angoscia.

Shinji in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Lo stato mentale di Shinji può essere meglio spiegato considerando le tesi de La malattia mortale, opera fondamentale della filosofia di Kierkegaard.

Non a caso l’Episodio 16 porta il titolo della suddetta opera -「死に至る病、そして」, ovvero la malattia mortale, e…

In questo caso l’Angelo da sconfiggere è Leliel, la cui realtà fisica è la sua ombra, identificata come Mare di Dirac, che si rifà ad una teoria effettivamente esistente del fisico omonimo: il vuoto fisico è un mare infinito di particelle di energia negativa.

E proprio al suo interno Shinji viene assorbito.

Shinji Evangelion

Shinji in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Le persone che odiano sé stesse non sono in grado di amare né di credere nel loro prossimo.

All’interno di questa realtà parallela, che rappresenta fondamentalmente il Nulla, il protagonista viene costretto a rivivere una serie di eventi che lo porteranno alla disperazione, la malattia mortale, che uccide lo spirito.

E questa disperazione nel suo caso si articola nella sua seconda declinazione secondo Kierkegaard: il disperatamente non voler essere sé stessi.

E infatti Shinji racconta in più momenti nel corso della serie il suo odiare sé stesso, arrivando al punto – soprattutto in The End of Evangelion – di voler fuggire da tutto quello che gli sta attorno – e facendolo effettivamente per ben due volte.

Il suo sopravvivere alla malattia mortale avviene in due momenti: la prima volta appunto nell’Episodio 16, quando viene salvato dalla madre stessa – che poi corrisponde all’EVA-01. La seconda, nel finale – sia della serie, sia del film.

Infatti, in conclusione l’unico modo in cui Shinji può salvarsi è non solo accettare il suo essere, ma anche l’idea che lo stesso è definito dal suo rapporto con gli altri. Un relazionarsi che può avere effetti sia negativi che positivi, entrambi essenziali per la definizione del suo Io.

E infine il nostro eroe grida felice:

Per me è possibile esistere!

Il complesso del riccio Evangelion

Il complesso del riccio è esplicato all’interno della serie stessa nell’Episodio 4, ed è il collegamento fondamentale fra Shinji e il concetto generale della serie.

Secondo questa teoria, formulata dal filosofo Schopenhauer, che due esseri umani si avvicinano tra loro, molto più probabilmente si feriranno l’uno con l’altro. Proprio all’interno dell’episodio, Shinji scappa perché, avendo ferito la sorella di Suzuhara, e si sente ferito a sua volta.

E infatti Misato dice:

 Lo stesso capita ad alcune persone: Shinji in fondo al suo cuore è spaventato dal dolore che potrebbe provare e questo lo rende freddo e riservato.

Misato in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Per questo vaga per la città, e riesce solo parzialmente a ritornare in sé stesso grazie all’incontro con Kensuke, che gli permette di ritrovare il calore umano che gli mancava.

Ma, nonostante tutto, decide comunque di abbandonare la Nerv.

Solo alla fine dell’episodio ci ripensa, facendo un piccolo passo avanti nella sua maturazione, ovvero quello che aveva predetto Ritsuko:

Presto si renderà conto anche lui che crescere in fondo è un continuo provare ad avvicinarsi e allontanarsi l’un l’altro, finché non si trova la distanza giusta per non ferirsi a vicenda. 

Schopenhauer Evangelion

Shinji in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Infatti, la risoluzione di questo dilemma in Evangelion è diversa da quella proposta da Schopenhauer: il filosofo tedesco conclude che l’unica salvezza da questa solitudine è ricercare quel calore umano tanto desiderato dentro sé stessi.

Quindi non l’Uomo non bisogno niente di più che di sé stesso.

Invece, secondo la risoluzione di Evangelion, il progetto del Perfezionamento dell’uomo prevede la distruzione dell’individualità e l’unione di tutte le anime per riuscire a colmare quei vuoti causati da questo senso di solitudine insolvibile che condanna l’umanità al dolore.

Shinji e Asuka in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Ma in entrambi i finali Shinji – e quindi Anno – si oppone a questa visione.

La scelta finale è quella di accettare il dolore che la propria individualità provoca, soprattutto nello scontrarsi con altre individualità diverse: un incontro che può provocare sia gioia che dolore, ma che anche definisce l’Uomo stesso.

E lo spiega bene lo stesso creatore:

È la storia della risoluzione, della volontà di stare insieme agli altri anche se si è bloccati dalla paura di toccare il prossimo, al costo di sopportare una vaga solitudine.

Hideaki Anno

La vendetta?

Misato in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Come ogni personaggio di Evangelion, anche Misato ha un trauma importante alle spalle.

Sulle prime viene presentato come una donna allegra, quasi comica – e infatti su di lei grava molta parte dell’elemento umoristico dell’intera serie. Tuttavia, i suoi comportamenti così rozzi e disordinati vengono meglio spiegati quando scopriamo il suo passato.

La giovane Misato è infatti l’unica sopravvissuta al Second Impact, salvata proprio dal padre che aveva odiato per gran parte della sua vita. A questo trauma era seguito un periodo di stallo di ben due anni, di totale mutismo.

Ma anche di rinascita.

Infatti, come racconta la stessa Ritsuko:

Pare che per qualche tempo abbia sofferto di afasia, e adesso non fa che chiacchierare, come a voler colmare il vuoto di parole nel suo passato.

Misato e Ryoji in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Ma, per come Misato si impegna a lasciarsi alle palle il passato, lo stesso è sempre in agguato.

Anzitutto, con il suo rapporto con Ryōji.

La donna intraprende una relazione importante con quest’uomo piuttosto affascinante e carismatico, arrivando quasi ad annullare la sua stessa vita – mancando per un’intera settimana da scuola per stare insieme a lui.

Tuttavia, sceglie di troncare la relazione, perché si rende conto di essersi intrappolata nel complesso di Elettra. Infatti, Misato sente di star ricercando il suo stesso padre perduto in Ryōji, sentendosi anche in colpa per essersi approfittata di lui – sempre seguendo il medesimo complesso, che porta anche alla volontà di distruzione del genitore.

Misato Neon Genesis Evangelion

Misato in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

La Misato sul lavoro è un personaggio totalmente diverso.

Forte, autoritaria, in continuo conflitto con Ritsuko, determinata a portare a termine la sua missione: ottenere la sua vendetta contro gli Angeli che gli hanno portato via quel padre tanto amato ed odiato.

Ma riesce anche ad essere la madre di Shinji, una guida ma anche – sempre secondo lo stesso complesso di Edipo – un oggetto del desiderio sessuale del ragazzo.

Il dramma personale

Asuka in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Asuka presenta una caratterizzazione non tanto diversa da quella di Misato.

Anche il Second Children mostra all’esterno una facciata che serve a nascondere ciò che si cela nel suo animo. E, di nuovo, un trauma ha definito la sua personalità: la madre, ormai impazzita, che non la riconosceva, che non la guardava più…

Da cui l’ossessione di Asuka non solo di crescere in fretta, senza mostrare alcuna fragilità, ma di voler continuamente essere vista, riconosciuta come la migliore.

E da questo si sviluppa il conflitto con Shinji.

Asuka e Shinji in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

È solo da me stessa che voglio essere apprezzata.

Per molti versi Shinji neanche capisce il motivo dell’odio di Asuka nei suoi confronti, ma i suoi rimproveri gli rimbombano continuamente nelle orecchie…

Asuka è banalmente gelosa di Shinji, gelosa del suo riuscire così facilmente ad avere tutte le attenzioni, senza di fatto impegnarsi allo stesso modo in cui fa lei – perché gli viene tutto troppo naturale, dal momento che l’EVA è stato costruito su misura per lui.

Infatti, la ragazza rappresenta la terza declinazione della malattia mortale secondo Kierkegaard: la volontà di voler essere sé stessi, ma senza riuscirci. E la sua disperazione aumenta con il diminuire del tasso di sincronizzazione con l’Eva, e, di conseguenza, della sua importanza per la missione della NERV.

Una seconda vita

Rei in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Rei è il personaggio più enigmatico della serie.

Solo sul finale scopriamo che sostanzialmente si tratta di un essere creato artificialmente, con misto fra la coscienza di Yui e Lilith – con cui alla fine si ricongiunge, andando a creare una versione della madre di Shinji potenziata, che lo accompagna nel suo ripensamento fondamentale.

Ma il dramma di Rei è un altro.

Il First Children vive la prima declinazione della malattia mortale di Kierkegaard: il non essere disperatamente consapevoli di avere un Io. E infatti la ragazza è costantemente alla ricerca di un’identità, che trova continuamente frammentata in più personalità diverse – che in effetti la compongono.

Il mio visibile, che però non percepisco come il mio io.

Rei in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Voglio tornare al nulla.

Infatti, Rei è fondamentalmente un mezzo per portare a termine la missione della NERV, un contenitore, un oggetto prodotto in serie, senza una propria identità. E anche per questo desidera la morte, davanti alla prospettiva dell’inevitabile abbandono, una volta che il progetto sarà concluso.

Anche per questo sceglie di legarsi così profondamente ad Ikari: non solo il suo creatore, ma anche l’unico che gli ha dimostrato veramente affetto – come gli occhiali le dimostrano. E, per soddisfarlo, si sottopone del tutto ai suoi ordini, anche deumanizzandosi.

Ma non fino alla fine.

Rei Evangelion

Rei in una scena di The End of Evangelion (1997)

Io sono me stessa.

Per questo Shinji e Rei si riescono a salvare vicendevolmente.

Tramite Shinji, il First Children riesce a capire il valore di un legame diverso da quello che lo lega artificiosamente all’EVA, e proprio secondo ancora il paradosso del riccio e la morale complessiva dell’opera: definire il proprio Io tramite il contatto con gli altri.

E infatti nel finale di The End of Evangelion si rifiuta di essere per l’ennesima volta il mezzo di Ikari per ritrovare la moglie perduta, ma sceglie invece di legarsi a Lilith – e quindi e liberare una parte del suo essere originario – per salvare Shinji.

Asuka e Shinji Evangelion

Asuka è il personaggio che più respinge Shinji, ma quello anche da cui il protagonista è più attratto.

Da questo punto di vista, a parte alcuni scivoloni soprattutto in The End of Evangelion, sono rimasta piuttosto soddisfatta dalla rappresentazione di questo lato della personalità del protagonista – quasi inevitabile trattandosi di un adolescente.

Come testimoniato da inquadrature dal sapore fortemente voyeuristico, Shinji scopre la sua sessualità proprio tramite Asuka, in particolare quando vorrebbe baciarla mentre è addormentata.

Ma Asuka è anche il personaggio da cui non riesce bene a prendere le distanze, ferendosi continuamente…

Rei in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Al contrario il rapporto con Rei non ha alcuna componente sessuale, ma rappresenta invece il desiderio di riavvicinarsi ai genitori.

Prima Ikari – per via dell’importante rapporto che la ragazza sembra avere con l’uomo – e poi alla madre stessa, che ritrova inconsapevolmente proprio nel First Children. Ma alla fine con Rei si crea un rapporto importante, che va oltre a tutto questo.

Anche solo per il gesto di umanità – uno dei pochi – che Shinji riesce a strappare alla ragazza: il sorriso alla fine del sesto episodio.

Il percorso tracciato

Ritsuko in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Ritsuko è un altro personaggio di difficile lettura.

Apparentemente una donna fredda e distaccata, concentrata unicamente sul suo lavoro, in realtà si rivela a poco a poco come un personaggio che vive nell’ombra dell’eredità materna.

Ritsuko infatti ha un rapporto molto conflittuale con la madre: se da una parte l’ammira come scienziata per le sue incredibili scoperte, dall’altra la biasima come madre e donna.

Ma, altrettanto inevitabilmente, segue il suo stesso percorso, ricalca i suoi stessi errori.

Ritsuko in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Infatti, diventa lei stessa quella donna distaccata e dedita solamente al lavoro, e allo stesso modo si lascia totalmente rapire dalle ambizioni di Ikari, divenendone il principale agente.

Allo stesso modo vive dell’invidia della posizione di Rei: come la madre aveva strangolato la bambina, così Ritsuko distrugge tutte le copie del First Children.

Ma le due si differenziano sul finale.

Se infatti Naoko sceglie di arrendersi davanti all’abbandono di Ikari, togliendosi la vita, al contrario Ritsuko sceglie di andarsene col botto, portando con sé tutto quello che ha creato.

Ma alla fine della sua vita deve anche accettare il tradimento della madre: il Magi Casper si rifiuta di seguire i suoi ordini, e dà ancora la vittoria a Ikari.

Mamma, hai scelto il tuo uomo invece che tua figlia?

Il volto rivelatorio

Ikari in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Ikari è un personaggio pieno di contraddizioni.

Inizialmente appare come il totale antagonista, in particolare del figlio, che ha allontanato per anni, e che per la maggior parte del tempo tratta sgarbatamente e con grande freddezza.

Durante la serie viene dipinto sempre di più come il cospiratore nell’ombra, un serpente che ha sempre agito unicamente per il proprio profitto.

Ma la sua umanità sta proprio in Shinji e Yui.

Ikari in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Ikari evidentemente aveva avvicinato la futura moglie per approfittarsi della sua posizione, ma col tempo, inevitabilmente, si era legato indissolubilmente a lei.

Al punto di fare qualsiasi cosa per riaverla al suo fianco.

Il trauma della perdita del suo unico amore è infatti stato rivelatore del significato e del peso che hanno le relazioni con gli altri, soprattutto quelle importanti.

E per questo ha allontanato Shinji: è consapevole che la sua vicinanza col figlio riporta alla luce domande sulla moglie a cui non vuole rispondere, è così del fatto che un rapporto così importante come quello col figlio gli porterebbe gioia, ma anche tanto dolore.

Ikari in una scena di Neon Genesis Evangelion (1995 - 1996) di Hideaki Anno

Tale padre, tale figlio insomma.

Da notare anche il suo cambiamento fisico: se nel passato era un uomo che stava sempre a volto scoperto, con dei lineamenti che già di per sé raccontavano la sua natura insidiosa, nel presente è invece una figura nell’ombra i cui occhi, specchio dell’anima, sono spesso celati…

E l’unico affetto che davvero si concede è quello verso Rei, ma solo perché la vede come il mezzo per riuscire, finalmente, a ricongiungersi con Yui.

L’eredità di Evangelion

A cura di Carmelo

Il 4 ottobre 1995 viene trasmesso su Tokyo Channel 12 alle 18:30 il primo episodio di Neon Genesis Evangelion, una serie che si rivelerà rivoluzionaria e innovatrici per il genere.

Fra le innovazioni più importanti, vanno citati i numerosi riferimenti religiosi, filosofici e psicologici, una profonda introspezione psicologica dei personaggi, portata avanti tramite diversi monologhi interiori dei protagonisti e i momenti di calma e silenzio.

Gli stessi sono molto importanti, come ricorda Makoto Shinkai, autore nipponico ancora in rampa di lancio per Your Name (2016):

Gli anime non devono avere per forza un sacco d’azione e di movimento. A volte si può parlare di parole, o, addirittura della mancanza di parole. E di queste cose solitamente non si parla mai.

Ma l’ innovazione più importante di Evangelion è stata di inaugurare un nuovo e duraturo periodo fertile per l’animazione televisiva indicato con il termine di nuova animazione seriale giapponese.

In particolare, ha portato ad una maggiore autorità dei produttori, una concentrazione delle risorse in un minor numero di episodi, un’impostazione registica più vicina alla cinematografia dal vero.

E infine ha portato anche ad un drastico ridimensionamento del rapporto di dipendenza dai soggetti manga e ad una maggior libertà dai vincoli del merchandising (inteso come fonte d’ ispirazione obbligatoria).

Tuttavia, nonostante l’incredibile successo della sua opera – anzi, forse proprio per quello, Anno nel 2006 affermò:

L’opera innanzitutto visiva nota come Evangelion è stata realizzata assecondando desideri diversi. Il desiderio di ricollegare l’animazione giapponese, in rovina, alle sue origini. Il desiderio di abbattere il dilagare della chiusura d’animo.

Ho riflettuto sulla ragione di rivolgersi, oggi, ad un titolo del passato, di oltre 10 anni fa. Sento che Eva ormai è vecchio.

Ma negli ultimi 12 anni non ci sono stati anime più nuovi di Eva.

E con queste parole presento la Rebuild of Evangelion.

In realtà, ad oggi possiamo modestamente affermare quanto si sbagliasse: basta guardarsi indietro per vedere quanti prodotti televisivi anime di altissimo livello siano nati sotto l’influenza di Evangelion, che ha contribuito alla maturazione del genere.

Fra questi, Serial Experiments Lain (1998), Cowboy bebop (1998-1999), Samurai Champloo (2004-2005), Ergo Proxy (2006), Time of Eve (2010), Steins;Gate (2011), Psycho Pass (2012-2013).

Evangelion finale spiegazione

Tutte le risposte alle domande più frequenti sul Neon Genesis Evangelion.

Cos’è successo durante il First Impact?

Il First Impact avvenne in un momento indefinito del passato, quando la Luna Nera si schiantò sulla Terra, precisamente nell’odierno Giappone. La stessa era stata inviata dalla Prima Razza Ancestrale, entità extraterrestri, avanzatissime tecnologicamente, e creatrici di vita.

La Luna Nera conteneva Lilith, uno dei Semi della Vita, entità extraterrestri inviate appunto dalla Prima Razza Ancestrale per portare la vita su diversi pianeti nell’Universo.

Ma l’arrivo di Lilith non è stato altro che un errore, perché sulla Terra era già presente un altro Seme della Vita, Adam.

Quest’ultimo venne neutralizzato tramite la Lancia di Longino, non potendo così procreare una progenie, cosa che fece invece Lilith: la sua progenie sono i Lilin, le creature della Terra, fra cui gli umani.

Chi sono gli angeli?

Generalmente parlando, gli Angeli di Evangelion sono i figli di Adam, che tornano sulla Terra e la attaccano per riottenere il possesso della stessa.

A questo fine vogliono rientrare in contatto con Lilith.

Per questo l’obbiettivo degli Evangelion è quello di distruggere gli Angeli ed impedire loro di compiere la loro missione – ovvero causare il Third Impact.

Cos’è successo durante il Second Impact?

Il Second Impact avvenne il 13 Settembre 2000 in Antartide, e fu il risultato di un esperimento guidato dal Dr. Katsuragi, il padre di Misato, finalizzato al risveglio di Adam – il gigante di luce – e al suo contatto di quest’ultimo con DNA umano.

Di fronte all’imminente catastrofe, gli scienziati riuscirono a neutralizzare nuovamente Adam tramite la Lancia di Longino, riducendolo allo stato embrionale.

Ma era troppo tardi.

Le conseguenze furono terribili: scioglimento della calotta polare, un improvviso spostamento dell’asse terrestre, innalzamento del livello dei mari e conseguente cambiamento delle stagioni – in Giappone, un’estate eterna.

Tutti i partecipanti alla missione morirono, si salvò solo Misato Katsuragi salvata dal padre, mentre Gendō Ikari riuscì a scappare per tempo portando con sé tutti i materiali dell’esperimento.

Cosa sono gli Eva?

Gli EVA sono dei giganteschi automi da combattimento antropomorfi, creati grazie agli studi della Dr.ssa Yui Ikari, sotto la guida della SEELE, al fine di combattere gli Angeli e portare a termine il Progetto di Perfezionamento dell’Uomo.

Con l’eccezione dell’EVA-01, che è creata da Lilith, tutti gli EVA sono creati a partire da Adam. Anche se apparentemente sembrano dei robot giganti senz’anima, nel corso della serie si scopre che in realtà sono delle creature organiche, la cui armatura che li ricopre soffoca la loro volontà.

La stessa si libera quando l’EVA entra nella Modalità Berserk, e prende il sopravvento sul pilota, agendo autonomamente.

Chi è Rei Ayanami?

Rei Ayanami è il First Children e pilota dell’EVA-00.

Anche se viene presentata come la figlia di una conoscente, in realtà si sa poco sul suo passato: è sicuramente un essere artificiale, creato da quello che rimaneva dopo l’assorbimento di Yui Ikari dall’EVA-01 e da Lilith, con cui si ricongiunge in The End of Evangelion.

Il personaggio ha tre incarnazioni: Rei I, la bambina che si vede nel flashback, uccisa da Naoko Akagi nel 2010; Rei II, il personaggio che si vede nella maggior parte della serie; Rei III, dalla seconda parte dell’Episodio 23 fino al finale.

Cos’è la NERV?

La NERV è un’organizzazione creata dopo il Second Impact per combattere gli Angeli, essendo quindi responsabile della creazione degli Evangelion.

Per quanto sia sulla carta sotto il controllo delle Nazioni Unite, in realtà agisce in maniera abbastanza indipendente, in parte controllata dalla SEELE, col fine di portare a termine il Progetto di Perfezionamento dell’Uomo.

La NERV deriva anche da un assorbimento della Gehirn, organizzazione sempre nata dopo il Second Impact e responsabile della creazione dei Magi.

Cos’è la SEELE?

La SEELE è un’organizzazione segreta che lavora alle spalle della NERV, in parte controllandola e finanziandola.

La teoria alla base dell’organizzazione è che l’Umanità la stirpe sbagliata, in quanto nata da Lilith, mentre la vera stirpe che dovrebbe dominare la terra è quella dei figli di Adam, quindi gli Angeli.

Per questo lavorano ad un unico obbiettivo: il Perfezionamento dell’Uomo.

Cos’è il Progetto di Perfezionamento dell’Uomo?

Il Progetto di Perfezionamento dell’Uomo è l’obbiettivo segreto portato avanti dalla SEELE con l’aiuto della NERV.

Il fine ultimo di questo progetto è riuscire ad unire tutti i figli di Lilith, i Lilin – quindi l’umanità – nell’uovo di Lilith come un unico essere, così da portare ad un perfezionamento appunto dell’uomo, per colmare i vuoti del suo animo derivanti dall’individualità.

Cosa succede nel finale?

Esistono due finali di Evangelion: quello della serie e quello di The End of Evangelion – anche se per molti tratti sono simili.

Nel finale della serie tv i due episodi sono un momento di riflessione per tutti i personaggi, in particolare per Shinji: distrutto dopo aver ucciso Kaworu Nagisa, sente di odiarsi e voler scomparire.

Tuttavia, riesce in ultimo ad accettare di vivere in un mondo popolato da altre persone, le cui relazioni potrebbero anche ferirlo, ma che sono essenziali per definire la sua identità.

The End of Evangelion spiegazione

The End of Evangelion è più complesso.

La NERV ha sconfitto tutti gli Angeli, ma la SEELE scopre il tradimento di Ikari – che non vuole portare a termine il Progetto di Perfezionamento dell’Uomo come da loro richiesto – e quindi manda l’esercito per sterminare la base, in particolare i piloti degli EVA, e prenderne possesso.

Asuka combatte i nuovi EVA, riuscendo inizialmente a vincere, ma poi venendo sopraffatta. Shinji, distrutto dalla morte di Kaworu Nagisa, viene trascinato e messo in salvo da Misato – che muore nel tentativo – e sale sull’EVA-01.

Mentre gli EVA riescono a sconfiggere l’EVA-01, Rei si rifiuta di seguire il piano di Ikari – quello di fondersi con lui – e invece si fonde con Lilith, che diventa un essere gigantesco con le sembianze di Rei, che assorbe Shinji al suo interno.

A questo punto, contro i piani della SEELE, Shinji può decidere l’andamento del Piano di Perfezionamento.

Shinji desidera a questo punto che tutti muoiano, compreso sé stesso, ma viene aiutato nel suo processo di consapevolezza dall’anima di Yui contenuta dentro l’EVA-01, mentre le anime di tutta l’umanità si sono fuse in un’unica entità.

Quando Shinji accetta infine di vivere in un mondo popolato da individualità diverse – quindi rifiutando il Perfezionamento – gli EVA diventano di pietra precipitano sulla terra, mentre l’EVA-01 si smembra e si dirige verso lo spazio con l’anima di Yui.

Infine, Shinji si risveglia sulla spiaggia insieme ad Asuka, tenta di strozzarla, ma la mano della ragazza sulla sua guancia – primo gesto di vero affetto – lo fa scoppiare a piangere ed allentare la presa.

Il film si chiude con Asuka che dice Che schifo.

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The White Lotus – La società al vetriolo

The White Lotus (2021 – …) di Mike White è una serie tv di genere drammatico e satirico, dal taglio semi-antologico. Un prodotto che è stato ampiamente premiato agli Emmy, ma che ha avuto un riscontro abbastanza tiepido in Italia.

È distribuita da HBO e in Italia è disponibile su NOW.

Di cosa parla The White Lotus?

Ogni stagione la serie racconta le intricate vicende di un gruppo piuttosto vario e colorito di personaggi, accomunati dall’essere ricchi e dall’alloggiare presso uno dei resort del White Lotus, appunto.

Vi lascio il trailer della prima stagione per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere The White Lotus?

Meghann Fahy in una scena della seconda stagione di The White Lotus

Assolutamente sì.

Ho cominciato questa serie con poco interesse, attirata principalmente dal passaparola positivo intorno al prodotto – e dal fatto che è stato paragonato al mio adorato Triangle of Sadness (2022). E ne sono rimasta assolutamente rapita: è difficile anche spiegare perché questa serie sia così tanto coinvolgente.

Sarò perché la scrittura dei personaggi e delle loro relazioni è sublime, mai banale, nonostante i temi trattati potrebbero facilmente appartenere a qualsiasi drama di terza categoria. Senza contare dell’interessantissima e sempre attuale riflessione sulla società odierna.

Insomma, non ve la potete proprio perdere.

Ogni sezione parla solamente della stagione di riferimento.

The White Lotus 1

La prima stagione è ambientata nel resort White Lotus alle Hawaii.

La moglie trofeo

Alexandra Daddario in una scena della prima stagione di The White Lotus

La storia forse più drammatica è quella di Rachel.

Si percepisce fin da subito il disagio della sua relazione: la ragazza è intrappolata con un uomo che è in realtà solo un bambino viziato, che pretende di mettere i piedi in testa a tutti e di avere sempre l’ultima parola.

Ma Shane ha pescato la donna sbagliata.

Rachel non è la classica donna immagine e arrampicatrice sociale da mettere in mostra all’occorrenza: è una donna che ha cercato faticosamente di farsi strada in una realtà piena di insidie, continuando imperterrita nel suo lavoro.

Alexandra Daddario in una scena della prima stagione di The White Lotus

Ma, al contempo, è anche vittima della sua grande insicurezza: accetta le pressioni del marito e i suoi capricci senza una parola, se non qualche timida protesta, che però viene sotterrata dalle continue urla lagnose di Shane.

E vive con molto disagio la sua condizione – evidente ed esplicitata anche dalla madre del marito – di moglie trofeo, cercando di crearsi un proprio spazio di autonomia, non riducendosi a portare avanti lavori senza significato solo per riempire il tempo e acquisire uno status.

Ma il tentativo di emancipazione fallisce: Rachel, troppo spaventata di questo ulteriore grande passo che sta compiendo, torna con la coda dalle gambe dal marito, promettendogli con voce spezzata che sarà felice.

Le paladine di carta

Sydney Sweeney e Brittany O'Grady in una scena della prima stagione di The White Lotus

Olivia e Paula sono apparentemente due ragazze viziate di buona famiglia, superficiali e vuote.

Tuttavia, più la narrazione prosegue, più vengono svelati i loro conflitti sepolti, con al centro la possessività e la gelosia di Olivia, motivo per cui Paula le nasconde la sua relazione con Kai.

Ed entrambe raccontano un conflitto generazionale profondo, ben rappresentato dai vari discorsi fra loro e i genitori: gli adulti vivono ancora delle vergogne e dei principi della vecchia generazione, in particolare di quello dell’omosessualità come demascolinizzante.

Sydney Sweeney e Brittany O'Grady in una scena della prima stagione di The White Lotus

Anche più interessante è il racconto del colonialismo 2.0, ben rappresentato dal resort stesso.

Tuttavia, entrambe le parti sbagliano: se i genitori se ne lavano le mani e negano tutte le loro colpe, chiosando che non possono farci nulla, d’altra parte le due ragazze prendono strade più estreme – e comunque non risolutive.

Infatti, oltre alla condanna aggressiva nei confronti della generazione precedente, non è affatto risolutiva l’idea di Paula, che sceglie di aiutare Kai e la sua famiglia a riconquistare quanto gli è stato tolto improvvisandosi come un’improbabile Robin Hood.

Un atto che porta paradossalmente vantaggio ai conquistatori e che distrugge definitivamente la vita a quelle che erano le vittime in primo luogo.

Il capriccio del momento

Jennifer Coolidge in una scena della prima stagione di The White Lotus

Il personaggio di Tanya racconta forse una figura più stereotipata, ma la cui storia ha dei significati molto interessanti.

Infatti la donna è il classico personaggio ricco e pieno di stranezze, che può permettersi di inseguire ogni capriccio, per quanto temporaneo. E in questo gioco perverso ci finisce di mezzo Belinda, che per un breve periodo diventa la sua favorita, illudendosi di promesse presto smentite.

Natasha Rothwell in una scena della prima stagione di The White Lotus

Inizialmente la donna ha evidentemente la sensazione di starsene approfittando, ma mette presto da parte questi suoi scrupoli per andare fino in fondo, e guadagnarci qualcosa. Ma la sua finestra temporale è brevissima, e in un attimo Tanya è passata al capriccio successivo.

Ed è estremamente interessante come il cambio di idea di questa ricca ereditiera, che la stessa vive con così tanta leggerezza ed egoismo, determina così profondamente il destino di Belinda…

Le belle apparenze

 Murray Bartlett in una scena della prima stagione di The White Lotus

Armond, il manager del White lotus, è forse il personaggio che meglio rappresenta il tema di fondo della serie.

Apparentemente il resort è un luogo idilliaco e paradisiaco, ma è solo un’apparenza, appunto: un’apparenza che nasconde in realtà tutto il marcio, tutti i capricci impossibili degli ospiti, i loro segreti, e i loro peccati.

E Armond, assolutamente stufo di questa situazione, comincia sempre di più a dirigersi verso la sua autodistruzione, utilizzando contemporaneamente le droghe rubate alle due ragazze e inimicandosi Shane, che sempre più insistentemente vuole punirlo.

E, come per Kai e Belinda, è l’unico che veramente ci perde, addirittura con la sua vita.

La vera liberazione

Fred Hechinger in una scena della prima stagione di The White Lotus

Il vero vincitore della serie è Quinn.

Inizialmente ci viene raccontato come un adolescente dissociato, del tutto dipendente dalla tecnologia e dalla pornografia – in maniera quasi stereotipica. Sarà un’onda fortunata a privarlo di tutto, con una funzione quasi catartica.

Anche in questo caso è una costruzione passo passo: prima viene esiliato sulla spiaggia e vede per la prima volta una balena, poi comincia ad unirsi agli atleti ogni mattina, fino a rendersi conto della fumosità e l’inutilità della vita che aveva condotto fino a quel momento.

Ed è l’unico che davvero sceglie di abbandonare quel mondo, e remare felice verso l’orizzonte.

The White Lotus 2

La seconda stagione è ambientata nel resort White Lotus in Sicilia.

Il gioco delle coppie

Meghann Fahy,  Aubrey Plaza, Theo James e Will Sharpe in una scena della seconda stagione di The White Lotus

Uno degli elementi centrali della stagione è il gioco delle relazioni, che si articola in ben quattro coppie e un triangolo amoroso.

Sulle prime, sembra che Harper e Ethan siano una coppia infelice, sopratutto per via della freddezza e dell’ossessione del controllo della donna, in totale contrasto con l’apparente felicità di Cameron e Daphne.

Tuttavia la stessa viene presto svelata come tutta apparenza: Cameron si intrattiene con diverse donne alle spalle della moglie, che ne è tuttavia consapevole, ma che decide comunque di mantenere in piedi la facciata.

Meghann Fahy e Will Sharpe in una scena della seconda stagione di The White Lotus

Al contrario, la coppia più solida si rivela infine quella di Ethan e Harper, basata sulla totale fiducia e sincerità. E questo, nonostante la stessa fiducia venga meno sul finale, quando il marito è convinto che la donna l’abbia tradito con Cameron – come viene anche suggerito nel primo episodio.

Entrambe le storie – anzi proprio il loro contrasto – offrono diversi spunti di riflessione riguardo alla fragilità delle relazioni e di come spesso si decida di continuare a mantenere il quieto vivere delle stesse, pur avendo consapevolezza di tutte le bugie che vi stanno dietro…

Dove sta la morale?

 Beatrice Grannò e Simona Tabasco in una scena della seconda stagione di The White Lotus

Altrettanto interessante sono le vicende di Lucia e Mia.

Per quanto riguarda Lucia, non è ben chiaro fino alla fine quanto e se la ragazza stia mentendo riguardo ad Alessio e quanto si sia effettivamente approfittato di Albie, con cui si intrattiene diverse volte e con cui sembra costruire un’effettiva relazione.

Eppure alla fine decide comunque di costruirsi una vita alle spalle del ragazzo, con un tradimento che neanche sembra toccarlo più di tanto, in quanto è subito pronto a tornare da Portia. È forse la realizzazione felice del disastroso piano di Kia e Paula nella prima stagione, derubando i ricchi per dare ai poveri?

E noi, da che parte stiamo?

Beatrice Grannò in una scena della seconda stagione di The White Lotus

Molto più netta è la situazione di Mia.

La ragazza capisce che l’unico modo in cui – purtroppo – può fare carriera come cantante è concedendosi all’uomo di potere di turno. Tuttavia, appare chiaro fin dal principio che Giuseppe si voglia solamente approfittare di Mia.

E per questo viene punito.

Alla fine la ragazza riesce ad ottenere il tanto ambito posto è perché convince con tante belle parole Valentina e dimostra effettivamente di essere capace e di ottenere il favore del pubblico, a differenza appunto di Giuseppe.

E molto delicata è anche la relazione con Valentina.

Un sottile equilibrio

Sabrina Impacciatore in una scena della seconda stagione di The White Lotus

La storia di Valentina è quella con lo svolgimento più interessante.

La donna si invaghisce di Isabella e confonde la sua gentilezza con delle avance, andandole anche contro, togliendo un possibile spasimante dalla sua vita – ovvero Rocco. Tuttavia, nel momento della rivelazione del loro prossimo matrimonio, Valentina decide di non cedere alla cattiveria e all’abuso di potere.

Infatti, forse anche ammorbidita dalla relazione con Mia che le permette di esprimere finalmente i suoi desideri sessuali, la donna accetta la relazione di Isabella e Rocco, e sceglie consapevolmente di non punirla per averla rifiutata romanticamente.

Fra il thriller e il grottesco

Jennifer Coolidge e Jon Gries in una scena della seconda stagione di The White Lotus

Tanya è l’unico personaggio che appare in entrambe le stagioni e che regala al secondo ciclo di episodi quel taglio thriller che lo rende per certi versi anche più interessante.

Tanya e Greg sembrano avere una relazione piuttosto infelice, da ogni punto di vista: sessualmente non sembrano riuscire a ritrovarsi, e così sentimentalmente Greg non ha più interesse per la donna, con cui si è unito probabilmente solo perché pensava di essere in fin di vita.

Jennifer Coolidge in una scena della seconda stagione di The White Lotus

Infatti, anche se non viene esplicitamente confermato, Greg avrebbe instaurato un intrigato piano per eliminare la moglie e guadagnarci il più possibile. Così entra in scena questo gruppetto di personaggi quasi macchiettistici, che sembrano regalare a Tanya la più bella vacanza possibile.

In realtà, mettendo a poco a poco insieme i pezzi, la donna si dimostra molto meno ingenua di quanto sembri e capisce di essere in pericolo. E il suo personaggio è talmente goffo e grottesco che ci regala un gustosissimo finale fra il thriller e il comico, in cui Tanya fa disordinatamente strage dei suoi potenziali assassini, ma perde lei stessa la vita.